Il decreto del Ministero per far pagare le immagini culturali limiterà ricerca e divulgazione?
Il decreto 161 dello scorso 11 aprile potrebbe mettere in discussione l’articolo 9 della Costituzione e la libertà di espressione e iniziativa economica in campo culturale. Gli addetti ai lavori denunciano la situazione
“Un recente decreto del Ministro della Cultura (DM 11 Aprile 2023, n. 161) attenta all’art. 9 della Costituzione e alla libertà di ricerca, espressione e iniziativa economica in campo culturale sottoponendo a tariffa le pubblicazioni editoriali scientifiche“. Così danno l’allarme la Giunta della Federazione delle Consulte Universitarie di Archeologia, la CUNSTA – Consulta Universitaria Nazionale per la Storia dell’Arte e la SISCA – Società Italiana di Storia della Critica d’Arte contro il decreto che ha definito un tariffario generale con gli importi minimi di pagamento per l’uso e la riproduzione dei beni culturali statali. La decisione del Ministero di Gennaro Sangiuliano, passata sotto silenzio durante il parapiglia della Venere botticelliana nella campagna per il Ministero del Turismo, rischia di compromettere le conquiste ottenute negli anni anni che prevedono che la circolazione delle immagini di beni culturali come libera se attuata per ricerca, studio, valorizzazione e divulgazione.
La critica della federazione e delle consulte firmatarie è feroce: “Il documento, redatto evidentemente in modo frettoloso, appare piuttosto confuso e di cattiva leggibilità: il complesso e astruso sistema di calcolo per la tariffazione (reperibile a questo link, ndg) rischia infatti di mettere a dura prova qualsiasi utente che dovrà osservarlo o funzionario ministeriale che dovrà applicarlo, senza peraltro chiarire se il sistema di tariffazione proposto si applichi anche alle riproduzioni già disponibili per l’utente, ad esempio a seguito di download dal sito web o di ripresa con mezzo proprio“.
LE CONSEGUENZE DEL NUOVO DECRETO SANGIULIANO
“Il decreto colpisce direttamente la ricerca perché generalizza l’applicazione di tariffe sulla pubblicazione di immagini di beni culturali in qualsiasi prodotto editoriale“, continua l’appello-denuncia. “Con un salto indietro di oltre trent’anni, in un sol colpo viene calpestato il DM 8 aprile 1994, che aveva stabilito la gratuità per la pubblicazione in tutti i periodici e nelle monografie entro i 70 euro e 2000 copie di tiratura, e vengono azzerate le Linee guida per l’acquisizione, la circolazione e il riuso delle riproduzioni dei beni culturali in ambiente digitale, pubblicate la scorsa estate dalla Digital Library del Ministero della Cultura. Il documento della Digital Library, a differenza del decreto unilaterale in esame, era stato il frutto di oltre un anno di lavoro interno al ministero e di consultazioni pubbliche, proprio in occasione delle quali la Federazione delle consulte universitarie di archeologia aveva avuto modo di apprezzare la principale novità del documento, vale a dire la previsione di gratuità per la pubblicazione di immagini di beni culturali statali in qualunque prodotto editoriale, indipendentemente dalla tipologia, dalla tiratura o dal relativo prezzo di copertina. Al danno che questo decreto rappresenta per i ricercatori, si aggiunge pertanto la beffa nei confronti di tutti coloro ai quali era stata annunciata, qualche mese prima, la gratuità per qualsiasi utilizzo editoriale“. Questo accade peraltro a margine di una lunga serie di appelli in cui le associazioni dei professionisti dei beni culturali e molti studiosi avevano tentato di riportare la politica ai principi della Convenzione di Faro per favorire le condizioni di una ampia riutilizzabilità di dati e immagini del patrimonio culturale, in una logica di Open Access che individua nel libero riuso uno strumento fondamentale per incentivare ricerca ed editoria, ma anche imprenditoria culturale e creativa. Alla faccia della promozione del Made in Italy.
Un concetto più di altri è al centro della critica della federazione e delle consulte, sulla scia delle denunce già fatte da ICOM Italia: l’ossessiva ricerca di redditività del patrimonio culturale. “Questa politica miope, che vede nel patrimonio culturale solo un limone da spremere nell’intenzione di ridurre il disavanzo pubblico finisce per ripercuotersi contro chi studia e valorizza il patrimonio culturale e contro lo stesso ministero il quale, moltiplicando controlli, balzelli e autorizzazioni, si trova – e si troverà sempre di più – a sopportare oneri ben maggiori degli introiti derivanti dai canoni di concessione. È questo, ci chiediamo, ciò che auspica il Ministro della Cultura?”
LA CONCLUSIONE DELLA DENUNCIA AL DECRETO SUL TARIFFARIO DELLE IMMAGINI CULTURALI
“Tassare ricerca e innovazione significa, inevitabilmente, introdurre inutili barriere e mortificare una moltitudine di iniziative che il ministero dovrebbe incoraggiare attivamente mettendo chiunque nelle condizioni di poter riutilizzare le immagini di beni culturali che gli appartengono“, chiosa la lettera. Con una precisazione allarmante: “L’autorizzazione all’uso commerciale – cui viene assimilata l’editoria scientifica – viene inoltre giustificata in base a presunte esigenze di “tutela del decoro”, avallando così vere e proprie forme di “censura preventiva” proprie di uno Stato etico più che di uno Stato laico e democratico quale dovrebbe essere oggi l’Italia. Non senza incorrere, tra l’altro, in clamorosi paradossi: accade infatti che il governo si trovi oggi a spendere milioni di euro per progettare una campagna di promozione turistica del nostro Paese che ripropone l’immagine della Venere di Botticelli in pastiche di dubbio gusto, permettendo così al Ministero del Turismo di divulgare ciò che vieterebbe a qualunque altro cittadino in base al Decreto Ministeriale in esame. Le consulte firmatarie chiedono, pertanto, al Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano il ritiro immediato del decreto e la riformulazione del tariffario in coerenza con i contenuti già espressi nel Piano Nazionale Digitalizzazione e con la più volte richiesta adozione generalizzata di licenze Open Access da parte di musei, archivi e biblioteche. Chiedono inoltre un urgente incontro per discutere di questa e varie altre questioni relative alla libertà della ricerca sul patrimonio culturale e alla auspicabile maggiore collaborazione tra MIUR e MiC“.
Giulia Giaume
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