Lo spettro dello sgombero torna a minacciare uno degli esperimenti abitativi e artistici più interessanti d’Italia, il Metropoliz. Metà comune occupata e metà museo a cielo aperto, il Metropoliz ha rappresentato nel corso degli ultimi 14 anni un’alternativa alle carenze abitative del comune di Roma e un microcosmo comunitario sulla Prenestina dentro una vecchia fabbrica abbandonata. Comprato nei primi 2000 dalla società CA.SA del gruppo Salini Impregilo (oggi Webuild) per essere riconvertito in appartamenti, il complesso è rimasto a lungo nel limbo, e con lui i suoi duecento abitanti.
Una evoluzione è arrivata a metà marzo 2023: il tribunale civile di Roma, riporta il Manifesto, ha condannato lo Stato a versare al gruppo specializzato nelle costruzioni un nuovo risarcimento (dopo quello record di 28 milioni nel 2018) di oltre sei milioni di euro per il mancato sgombero. In risposta, il Ministero dell’Interno ha dato 60 giorni al Comune per trovare una soluzione: la data limite per un accordo dovrebbe essere l’11 maggio, poi potrebbe essere ordinato un intervento delle forze dell’ordine.
PICCOLA STORIA DEL METROPOLIZ
L’esperimento del Metropoliz nasce con l’occupazione e la trasformazione in “casa collettiva” e museo autogestito del vecchio salumificio Fiorucci, abbandonato nel ’78 in via Prenestina 913, nel quartiere di Tor Sapienza. La sua occupazione risale al 2009, già molti anni dopo il suo infruttuoso acquisto e la mancata conversione dello stabile abbandonato: l’organizzazione dei Blocchi Precari Metropolitani e la Popica Onlus avevano guidato all’interno dell’edificio un corposo gruppo di studenti e lavoratori, disoccupati e sfrattati per rispondere all’emergenza abitativa che da tempo interessava la capitale, trovando casa a 40 famiglie. Come raccontato nel documentario Space Metropoliz, ideato e diretto da Fabrizio Boni e Giorgio De Finis, questo spazio è diventato un esempio di convivenza urbana, connotato da una dimensione di vera multiculturalità, incontro e racconto per duecento persone. Posta al centro di progetti in collaborazione con l’università di Roma Tre e diverse associazioni di quartiere, il Metropoliz è riuscito a dare vita a un peculiare concetto di integrazione e recupero in completa autonomia e nella negazione della proprietà privata.
Sempre a rischio sfratto, il Metropoliz è stato però oggetto di dimostrazioni di affetto e partecipazione nel corso degli anni, vedendosi riconoscere titoli come quello di “Città etica” e libri come quello del 2020 Senza Metropoliz non è la mia città (Bordeaux Edizioni), una raccolta di interventi e testimonianze di autrici e autori che hanno attraversato questo spazio (con tanto di copertina di ZeroCalcare), curata da de Finis e Irene di Noto.
IL MUSEO MAAM AL METROPOLIZ A ROMA
Dal 2011, su volontà del direttore e curatore del Museo delle Periferie Giorgio de Finis (già direttore del MACRO di Roma), il Metropoliz è diventato la casa del Museo dell’Altro e dell’Altrove di Metropoliz Città Meticcia, in breve MAAM. Il museo, che ospita oltre seicento opere di arte contemporanea di cinquecento artisti locali e internazionali (incoraggiati a creare qui in residenza), ha fatto della periferia il proprio oggetto di studio e riflessione, diventando anche un centro studi in materia. Rivolgendosi a tutta la città, pur essendo il primo museo di Roma Capitale al di fuori del Grande Raccordo Anulare, il MAAM affida ai dispositivi artistici il compito di ricucire pezzi di città che a tutti gli effetti non dialogano, mettendosi a disposizione della comunità con lectio magistralis e una (auto)mappatura degli spazi e dei progetti più interessanti nei territori anulari di Roma.
I residenti, ancorché non regolari, ora lottano per mantenere le abitazioni di 50 famiglie e il museo – anche con manifestazioni come quella dello scorso 4 maggio all’Esquilino al motto di “Metropoliz not for sale. La città è di chi la abita” –, ma anche perché il loro valore sia veramente riconosciuto dalle istituzioni (a cui già proposero, senza successo, di rendere l’esperimento un bene Unesco). Il palazzo è stato intanto inserito in una delibera che nei prossimi giorni dovrebbe arrivare alla giunta: l’intenzione dell’amministrazione Gualtieri, riporta il Manifesto, sarebbe quella di “valutare l’opportunità” di acquistare il bene investendo soldi della collettività.
Giulia Giaume
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