Antonio Pizzolante – Haiku o la forma del vuoto
Ritorna l’Arte Contemporanea all’Università degli Studi dell’Insubria in occasione del venticinquennale.
Comunicato stampa
Si inaugura il 15 maggio, alle ore 10.00, presso la sede del Rettorato dell’Università
degli Studi dell’Insubria, via Ravasi 2 Varese, la mostra Antonio Pizzolante. Haiku o
la forma del vuoto.
La rassegna, ideata da Andrea Spiriti e Massimiliano Ferrario, avvia, dopo la
pausa forzata dovuta all’emergenza pandemica, una nuova stagione dell’attività
espositiva dedicata all’arte contemporanea del territorio insubre, curata dal Centro
di Ricerca per la Storia dell’Arte Contemporanea (CRiSAC) del Dipartimento di
Scienze Umane e dell’Innovazione per il Territorio (DiSUIT), e si inserisce
nell’ambito degli eventi organizzati per celebrare i 25 anni dell’Università degli Studi
dell’Insubria, fondata, a Varese, il 14 luglio 1998.
Dopo le fortunate mostre del 2019-2020, che hanno ripercorso l’attività di Gianluigi
Bennati e di Antonio Pozzi, la nuova esposizione è la prima dedicata a un artista
vivente,Antonio Pizzolante, già presente alle due collettive, organizzate in Rettorato,
del 1999 e del 2018-2019 (Ventennale).“L’evento - spiega Andrea Spiriti- inaugura
il filone espositivo rivolto alle ricerche non figurative, componente imprescindibile
della stagione artistica contemporanea".
Le installazioni, collocate negli spazi storici della sede centrale di Ateneo, dialogano
con le testimonianze architettoniche e figurative dell’ex Collegio Sant’Ambrogio e
riflettono gli esiti dell’ultima fase della ricerca di Pizzolante, artista salentino, ma da
decenni residente sulle sponde del Lago Maggiore. Centrale è il rapporto che la forma
insatura con lo spazio (reale e illusorio, tangibile ed evocato), a creare o a enfatizzare
pieni e vuoti, concavità e convessità, orizzontalità e verticalità, che veicolano una
riflessione su presenza e assenza, realtà e metafora, identità e storia.
“Il rimando, costante, alle culture dell’antico Mediterraneo, già baricentro della
produzione degli anni Ottanta e ribadito nei cicli delle Porte, dei Portali e delle
Dimore (come in Dimora bianca, 2018, parte della collezione permanente di Ateneo),
trova ulteriore sviluppo con il tramite di un’attenta indagine sull’antropologia dei
materiali (legno, ferro, metallo, pietra, carta)”, come rileva Massimiliano Ferrario,
curatore della mostra. E aggiunge “Nella sua propensione all
’evoluzione, la maturità
artistica di Pizzolante coincide con la volontà di estendere, da un lato, la rotta del
suo percorso artistico,per esplorareculture lontane, come quella nipponica;
dall
’altro, con la capacità di rifuggire dalla statica adesione a singoli schemi
stilistici, in virtù di contaminazioni che non mancano di orientarsi verso un più nitido
afflato post-informale, di natura minimalista e concettuale, che molto deve proprio
allo sguardo verso Oriente, ma che si sostanzia e legittima anche in virtù delle
intuizioni italiane degli anni Cinquanta e Sessanta”.
Il percorso espositivo si sviluppa secondo la logica di riconfigurare gli spazi
attraverso il posizionamento delle opere e sfruttando le loro peculiarità di concezione.
“La magniloquenza architettonica del Rettorato, espressione sincretica delle diverse
anime costruttive degli anni Venti-Quaranta del Novecento, si presta con particolare
efficacia al dialogo con i manufatti di Pizzolante”, come osserva Laura Facchin,
precisando,“Infatti, gli alti soffitti degli ambienti, il suggestivo impatto dello scalone,
con i suoi marmi venati, e, soprattutto, le aperture parietali creano un’efficace
dialettica fra pieni e vuoti che trova un corrispettivo formale nelle composizioni
dell’artista”.
L’esposizione è illustrata da un catalogo scientifico, a cura del CRiSAC e pubblicato
da Editris, con i contributi di Andrea Spiriti, Massimiliano Ferrario e Laura
Facchin.