Il Tribunale di Firenze riconosce il diritto all’immagine dei beni culturali
La Galleria dell’Accademia di Firenze aveva fatto causa per l'uso "insidioso e malizioso" del David di Michelangelo. Con la sentenza, l'Italia riconosce i beni culturali come costitutivi dell'identità di un popolo ponendosi all'avanguardia nella tutela del patrimonio culturale
Sentenza storica a Firenze. Per la prima volta si dichiara l’esistenza del diritto all’immagine dei beni culturali come espressione del diritto all’identità collettiva dei cittadini garantito dalla Costituzione. L’Italia riconosce così i beni culturali come parte integrante dell’identità di un popolo, e quindi non si potrà più fare un uso indiscriminato dell’immagine delle opere d’arte, tanto più per fare pubblicità. A prendere la lungimirante decisione è il Tribunale di Firenze, chiamato in causa dalla Galleria dell’Accademia per l’utilizzo illecito dell’immagine del David di Michelangelo.
LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA CHE PROTEGGE IL DIRITTO ALL’IMMAGINE DEI BENI CULTURALI
Una “famosa casa editrice”, senza permesso e senza aver pagato il canone di utilizzo, aveva infatti pubblicato il capolavoro michelangiolesco sulla copertina di una propria rivista in chiave pubblicitaria. Non solo: l’immagine della scultura era stata anche modificata e sovrapposta tramite cartotecnica lenticolare all’immagine di un modello, finendo completamente alterata. Un’azione che aveva stimolato la Galleria dell’Accademia a passare per vie legali, come già nel 2017, quando il David era stato usato per fini commerciali su dei volantini e il Tribunale aveva emesso la famosa ordinanza “antibagarini”, che prevedeva il pagamento e l’autorizzazione per l’utilizzo dell’immagine del David.
Ora però non si parla più solo di David, né di casi singoli. Secondo il Tribunale di Firenze la riproduzione non autorizzata dell’immagine del David di Michelangelo ha sì determinato un danno di carattere patrimoniale, legato al mancato pagamento del canone per l’uso del bene (che da tariffario ammonta a 20mila euro), ma ha soprattutto arrecato un danno di natura non patrimoniale, quantificato a 30mila euro, dato che la società editoriale “ha insidiosamente e maliziosamente accostato l’immagine del David di Michelangelo a quella di un modello, così svilendo, offuscando, mortificando, umiliando l’alto valore simbolico ed identitario dell’opera d’arte ed asservendo la stessa a finalità pubblicitarie e di promozione editoriale”. Altro che Venere.
LA STORICA SENTENZA DEL TRIBUNALE DI FIRENZE
Secondo il Tribunale di Firenze, così come viene garantito il diritto all'”identità personale”, cioè a non veder alterato e travisato il proprio patrimonio intellettuale, politico, sociale, religioso, ideologico e professionale (come riportato dall’articolo 2 della Costituzione), così deve essere garantito quello all’identità collettiva dei cittadini che si riconoscono come appartenenti allo stesso Stato anche in virtù del patrimonio artistico e culturale che è parte della memoria della comunità nazionale. Questo è dopotutto protetto dall’articolo 9 della Costituzione: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. Con questa sentenza il nostro ordinamento si pone ora all’avanguardia nel campo della tutela dei beni culturali. “Ormai è stato affermato un principio che esula dal singolo caso” ha chiosato con grande soddisfazione Cecilie Hollberg, direttrice della Galleria dell’Accademia.
LA RISPOSTA DI SANGIULIANO ALLA SENTENZA
“Apprezzo la sentenza del Tribunale di Firenze sul David di Michelangelo, che riconosce il principio di un diritto all’immagine per i beni culturali“, ha commentato il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, che però non si è concentrato tanto sulla questione della dignità dell’utilizzo delle immagini commerciali – cosa che potrebbe metterlo in imbarazzo con il Ministero del Turismo per via della campagna Open to Meraviglia – quanto sull’utilizzo pagato e autorizzato, tuttavia già in atto da anni. “In generale, senza entrare nei dettagli del dispositivo che non conosco, si deve affermare che l’utilizzo a fini commerciali per i beni culturali va pagato mentre deve essere gratuito per le immagini a fini didattici e di studio. Conforta che i giudici la pensino come il Ministero della cultura”, ha aggiunto Sangiuliano. Un commento che sembra cozzare, almeno in apparenza, con il decreto 161 dello scorso 11 aprile che stabilisce un tariffario per l’utilizzo delle immagini dei beni culturali statali da parte delle pubblicazioni scientifiche, che per molti professionisti rientrano proprio nei criteri “didattici e di studio”. In questo contesto attraversato da costanti evoluzioni, non resta che sperare in una maggiore chiarezza comunicativa da parte del Ministero.
Giulia Giaume
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