Arte Povera e oltre nella mostra alla Triennale Milano
Fotografia, film e video sono le bussole che orientano la mostra: un incontro fra gli esponenti dell’Arte Povera e i colleghi che vissero insieme a loro una delle epoche più intense dell’arte italiana
Reversing the Eye. Fotografia, film e video negli anni dell’arte povera è il titolo della mostra da poco inaugurata alla Triennale Milano, in collaborazione con Jeu de Paume e Le BAL. Sono gli anni dell’Arte Povera, ma sarebbe sviante pensare che si tratti di una mostra dedicata a quel movimento. Ci troviamo piuttosto di fronte a un ricco spaccato che racconta l’arte in Italia nel decennio lungo compreso fra gli Anni Sessanta e la fine dei Settanta. Quella curata da Quentin Bajac, Diane Dufour, Giuliano Sergio e Lorenza Bravetta è una rassegna di grandi dimensioni con oltre 250 opere, quasi sempre vintage, di 49 artisti.
LA MOSTRA ALLA TRIENNALE MILANO
Si è accolti da una delle opere più rappresentative di un certo pensiero dell’arte, Socle du monde di Piero Manzoni. Dedicati all’artista sono anche due filmati che ce ne fanno comprendere l’atteggiamento innovativo e completamente antiaccademico. Si accede quindi a una piccola zona interamente dedicata a Fabio Mauri, con la proiezione dei film di Pasolini sulla sua stessa camicia. Un saluto malinconico che riporta ad ambiti non solo artistici, ma anche alla politica, alla società, alla tragedia di quegli anni così intensi.
La mostra presenta opere realizzate su supporti e con linguaggi diversi, dal film alla fotografia, dalla documentazione di performance ai libri, che possiamo a pieno titolo definire opere.
Certo, i protagonisti dell’Arte Povera sono tutti presenti, ma è interessante, per comprendere il senso dei fenomeni, anche tutto quello che ha girato intorno a quella situazione: opere di altri artisti e preziose documentazioni che restituiscono l’atmosfera. Così per Franco Vaccari, Laura Grisi, Claudio Parmiggiani, Ugo Mulas – sono esposte le sue foto documentarie, da quelle su Fontana allo straordinario lavoro su Campo urbano del 1969, ma anche Le Verifiche, che avrebbero offerto una svolta linguistica a tutti gli artisti impegnati nell’ambito della fotografia.
DA CARLO ALFANO A MIMMO JODICE
Uno spazio particolare è dedicato a Carlo Alfano, la cui grandezza, evidenziata anche dalle opere in mostra, è ancora da cogliere in tutta la sua portata.
La mostra è divisa in quattro filoni tematici, Corpo, Esperienza, Immagine e Teatro, che tuttavia non rappresentano delle gabbie, anzi. Lo spettatore può vedere la mostra in molti modi diversi e passare da una zona all’altra con un atteggiamento di libertà spaziale e concettuale.
Fa piacere imbattersi anche nelle opere di fotografi quali Mario Cresci, Luigi Ghirri, Mimmo Jodice, i cui lavori non sono finalizzati a documentare, ma hanno una autonomia specifica strettamente legata a uno sguardo che avrebbe cambiato la storia dell’immagine in Italia.
Angela Madesani
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