Norma e devianza nella mostra di Christian Fogarolli a Trento
Chi decide cosa è normale, lecito, conforme? A interrogarsi su questi temi è l’artista trentino nella mostra ospite presso la Galleria Civica della sua città
La mostra Decade di Christian Fogarolli (Trento, 1983) alla Galleria Civica di Trento può essere definita per molti motivi esemplare.
Innanzitutto per la perfetta fusione tra contenuti impegnati e forma efficace, suggestiva e polisemica, distante dalla didascalicità del politicamente corretto. E poi per la costruzione della mostra stessa, che sfrutta al meglio spazi stimolanti ma non facili. Infine, perché si valorizza “l’arte del territorio” senza scadere nel localismo: Fogarolli è sì un artista trentino, ma è anche e soprattutto un nome affermato che vanta pure una partecipazione a Documenta.
Ne risulta non una retrospettiva metodica e onnicomprensiva, ma una mostra-installazione diffusa nelle diverse sale che coinvolge in maniera intelligente e fornisce un’idea attendibile del lavoro dell’artista.
L’ARTE DI CHRISTIAN FOGAROLLI
Il tema di tutta l’opera di Fogarolli è il sottile confine tra “normalità” e devianza: l’incessante costruzione normativa e discorsiva dei criteri che decidono cosa vada incluso e cosa invece escluso dalla quotidianità del consesso sociale.
In apertura, il ready made composto dai successivi aggiornamenti del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali si affianca a elaborazioni di fotografie d’archivio e a un’installazione dove i soggetti si trovano appesi a un gancio come carne da macello. La cura è il rimedio, oppure l’individuazione del rimedio crea la patologia? L’ambito della psichiatria (non la disciplina in sé, ovviamente, ma il suo utilizzo politico, sociale ed economico) viene dunque utilizzato come simbolo del processo di formazione delle biografie individuali influenzato dalle sovrastrutture.
LA MOSTRA DI FOGAROLLI A TRENTO
Nelle sale successive, scultura, fotografia, pittura e video si fondono e si ibridano. La generale atmosfera “chirurgica” fa trapelare come escrescenze spunti di apertura espressiva, momenti di anomalia e autonomia rispetto alla “gabbia” delle sovrastrutture (forma concreta dell’opera e metafora sociale sono in questo senso perfettamente intonate).
Pillole di medicinali vengono incastonate in sculture e foto-sculture, il retro di busti storici diventa luogo numinoso e perturbante proprio perché solitamente celato allo sguardo, le cure botaniche destinate alla corretta crescita delle piante diventano metafora scultorea delle sovrastrutture sociali, ancora una volta.
E nel progetto che rintraccia i 48 cittadini trentini trasferiti nel manicomio di Praga in occasione della Grande guerra, la ricerca di una memoria rigorosa e inalterata suona come un benefico antidoto.
Come numi tutelari che vegliano sulla mostra, personalità quali Artaud e Foucault compaiono infine in una serie di acquerelli. Sulla loro fisionomia si innestano i tratti delle loro indagini intellettuali, senza sfociare nella caricatura, anzi potenziando l’effigie.
Stefano Castelli
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