I dimenticati dell’arte. Betto Tesei, il Proust della pittura
È un mondo sospeso tra passato e presente quello che emerge dai dipinti dell’artista di Jesi, immerso nella vita intellettuale del suo tempo
Una vita vissuta all’interno del palazzo di famiglia, il più ricco e sfarzoso della città di Jesi, coltivando la passione per l’arte e la pittura. Questo è stato il destino di Benedetto Tesei, detto Betto (Jesi, 1898-1953), protagonista di Novecento quotidiano, la mostra allestita presso Palazzo Pianetti Tesei di Jesi nel 2018, curata da Roberto Cresti e Simona Cardinali, che ne ha restituito il talento.
LA STORIA DI BETTO TESEI
Figlio di Aristide Tesei, ricco borghese che nel 1901 acquista Palazzo Pianetti, la più maestosa residenza della città marchigiana, Betto dimostra fin da giovane la passione per la pittura: grazie all’incoraggiamento del padre, si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Urbino, dove segue le lezioni di artisti come il pugliese Luigi Scorrano, allievo di Domenico Morelli.
Da Urbino sogna di trasferirsi a Roma, dove giunge intorno al 1918. Nel 1926 Tesei, ormai inserito nell’ambiente romano legato a una figurazione di matrice novecentesca, partecipa alla 93esima Esposizione di Giovane Arte Picena. Il suo studio è in Via Forlì, poi si sposta in Via Vecchiarelli: in quel periodo, oltre alla pittura, approfondisce la tecnica xilografica insieme all’amico Adolfo De Carolis. Nel 1932 la morte del padre lo costringe a tornare a Jesi, dove due anni dopo sposa Gianna Pagliarani: i suoi dipinti, definiti da Roberto Cresti “finestre interiori”, raccontano un mondo sospeso tra passato e presente, intriso di memorie avite, destinate a scomparire nell’arco di pochi anni. Così, tra salotti e terrazze, logge e giardini segreti, Betto assorbe atmosfere privilegiate e frequentazioni con artisti come il pittore Mariano Agostinelli, lo scultore Pietro Novelli e l’amico artista Corrado Corradi junior, tra pranzi intimi e dotte conversazioni con intellettuali e storici dell’arte nella sontuosa cornice del palazzo di famiglia.
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LA PITTURA SECONDO TESEI
Come una sorta di “Proust del pennello”, Betto Tesei fissa sulla tela il bagliore di un raggio di sole su un gruppo di pesche, l’impressione di un porto attraversato da barche da pesca in piena estate, o l’espressione altezzosa della moglie vestita a festa. Rare ma prestigiose le occasioni espositive, come la partecipazione alla Quadriennale nel 1935 e alla Biennale di Venezia cinque anni dopo: come ha scritto Cresti, “Betto camminava per le stanze di Palazzo Pianetti e forse le immaginava come i muri delle gallerie e dei musei che aveva visitato a Roma, Venezia, Firenze o all’estero, ma il suo passo era anche per le strade di Jesi e dintorni”.
Coglie frammenti di campagne, orizzonti di colline alberate, che negli ultimi anni si trasformano in scorci di chiese e piazze romane restituite con pennellate larghe, veloci e sintetiche, senza mai abbandonare, puntualizza Simona Cardinali, “una inclinazione sentimentale nei confronti delle cose e delle persone ritratte”, che è la forza, intima e silenziosa, dell’arte di Betto Tesei.
Ludovico Pratesi
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Ludovico Pratesi
Curatore e critico d'arte. Dal 2001 al 2017 è stato Direttore artistico del Centro Arti Visive Pescheria di Pesaro Direttore della Fondazione Guastalla per l'arte contemporanea. Direttore artistico dell’associazione Giovani Collezionisti. Professore di Didattica dell’arte all’Università IULM di Milano Direttore…