Gli enigmi e i misteri del Castello di Galliate
Col suo profondo fossato e le sue possenti mura angolari, è facile intuire la grandezza del passato di questo edificio. Oltre alle mille leggende che popolano le sue mura, sono alcuni elementi architettonici a indurre qualche riflessione sull'origine e sullo sviluppo di un fortilizio a neanche 40km dal Duomo di Milano
Il Ticino, sia nella sponda Lombarda che in quella piemontese, è un trionfo di arte e di tesori storici. Qui ci concentreremo su una parte molto piccola di questo territorio, ma che è in grado di produrre grandi emozioni: a ovest di Milano, in un triangolo ideale i cui estremi sono Novara, Magenta e Castano Primo, troviamo notevoli testimonianze di grande antichità e di notevole importanza.
Ed è proprio in quel territorio ricco di opere d’arte che troviamo un gioiello di epoca remotissima: è la piccola chiesetta (o meglio, oratorio) di Santa Maria in Binda, che nel suo involucro esterno e più antico risale all’VIII secolo.
Siamo alla fine della dominazione longobarda, quando, in seguito alla predicazione del santo irlandese Colombano, i Longobardi si convertirono al cattolicesimo. Presso questo oratorio sono state trovate delle tombe longobarde oggi esposte al Castello Sforzesco (si tratta di una coppia di speroni e una serie di placche da cintura in ferro placcato in argento, ma anche cinque scramasax, una spatha, due umboni da scudo, due punte di lancia e molto altro). Sempre all’interno di Santa Maria in Binda, inoltre, va menzionata la presenza di un rarissimo ciclo quasi intatto di Danza Macabra risalente al 1512, una tipologia di decorazione piuttosto rara che riporta alla mente l’esempio dell’Oratorio dei Disciplini a Clusone, nella Bergamasca. Nel registro superiore si trovano una serie di sette madonne in trono con bambino disposte in posizioni simili ma mai uguali l’una all’altra: una scelta decorativa piuttosto curiosa.
Altro gioiello della zona è il cosiddetto “Santuario del Varallino”: San Pietro in Vulpiate, una sorta di “Sacro Monte di pianura”, con le sue cappelle radiali attorno alla cupola ovale che conservano delle strepitose sculture.
LA STORIA DEL CASTELLO DI GALLIATE
Ma il monumento simbolo di quest’area, parte della Riserva della Biosfera UNESCO sin dal 2002, è senza dubbio il Castello Visconteo-Sforzesco di Galliate. Proprio così: uno dei più bei castelli degli Sforza non si trova in territorio milanese, ma sulla sponda piemontese del Ticino, a Galliate, a due passi da Novara, all’altezza di Magenta.
Le sue misure sono clamorose: il castello occupa un quadrilatero i cui lati misurano rispettivamente 116, 82, 112 e 91 metri circa, circondato da un ampio fossato privo di acqua (pare che non sia mai stato allagato). La superficie sfiora dunque i diecimila metri quadrati semplicemente considerando l’area coperta, a cui vanno aggiunti i vari livelli superiori.
Un primo castrum è attestato a Galeatum Novum nel 1057, ma solo un secolo dopo, nel 1154, il castello è distrutto dal Barbarossa. Riedificato, il fortilizio è nuovamente distrutto dai novaresi. Il XIII secolo vede una rinascita del castello, che viene ricostruito. Al Trecento invece risalgono gli interventi di Galeazzo II Visconti, che lo trasforma in una possente roccaforte. Terminata l’epoca dei Visconti e la parentesi dell’Aurea Repubblica Ambrosiana, a Milano giungono al potere gli Sforza: il duca Galeazzo Maria elegge Galliate come sua seconda residenza: gli architetti Ambrogio Ferrari e Danese Mainerio lo trasformano in una sontuosa residenza ducale tra il 1475 e il 1476, ma i lavori vengono interrotti bruscamente dopo la morte di Galeazzo Maria in circostanze mai del tutto chiarite. Ludovico il Moro, a partire dal 1496, utilizzerà Galliate come dimora durante le stagioni di caccia nella valle del Ticino. A partire dal 1532 l’edificio, assieme al borgo di Galliate, diventa feudo del ramo Caravaggio della casata Sforza, ma per il grandioso complesso inizia una fase di lento declino. A fine Settecento risulta in stato di degrado, mentre in ambito napoleonico, all’epoca della Repubblica Cisalpina, ospita la sede della municipalità. Nel 1878 venne frazionato e venduto a più proprietari: questo frazionamento perdura ancora oggi, con il segmento centrale ancora in mano ai privati. Durante il Novecento, per novant’anni circa, una porzione dell’edificio (l’ala est) venne utilizzato come asilo infantile, mentre oggi la parte ovest ospita la biblioteca cittadina.
L’ARCHITETTURA DEL CASTELLO DI GALLIATE
Il castello, con le sue possenti quattro torri angolari ancora ben conservate, è stato soggetto a una serie di rifacimenti e di ripristini che ne hanno irrimediabilmente compromesso la sua coerenza stilistica, ma oggi ‒ in un’epoca caratterizzata dalla rivalutazione degli stili eclettici ottocenteschi quali il Neogotico ‒ il Castello di Galliate può essere finalmente apprezzato in tutta la sua stratificata ricchezza e complessità. Non mancano peraltro le porzioni antiche particolarmente ben conservate, come ad esempio i torrioni angolari. È proprio il torrione a sud est quello che attira particolarmente l’attenzione di chi ha la fortuna di visitarlo: è questa infatti la torre più vicina alle rive del fiume Ticino, il cui punto più vicino scorre a soli 4 chilometri di distanza, pienamente osservabili dunque dalla cima della bastionatura. Ma è nel sottotetto che il torrione sud est riserva una sorpresa inaspettata: una curiosa struttura tubolare in laterizi, con un’apertura ad arco, che si appoggia sulla sommità della volta che copre l’ambiente al piano terra ed emerge dalla copertura con travi di legno della volta. Il senso di una struttura così impegnativa da realizzare, così pesante e così alta è al momento ignoto, ma dev’essere senza dubbio stata frutto di un attento calcolo, dato che poggia sulla copertura di una stanza monumentale in cui si svolgeva la vita della corte.
Mancano al momento indagini adeguate a proposito dell’enigmatica struttura sul torrione angolare del Castello di Galliate, ma qualora si partisse da un assunto (ancora peraltro tutto da dimostrare) come la sua pertinenza con i lavori realizzati dal Moro nel 1496, allora non sarebbe così peregrina un’ipotesi relativa alle personalità che all’epoca componevano il Parnaso di artisti, dotti, ingegneri e architetti della corte sforzesca. Ad esempio una struttura tubulare di tale aspetto potrebbe ricordare taluni disegni risalenti al 1480 di Leonardo da Vinci, ad esempio il folio 21 recto del Codice Atlantico conservato alla Biblioteca Ambrosiana di Milano: in quest’opera, che riscosse una grande fortuna a livello popolare in epoca moderna, Leonardo progetta nientemeno che un girarrosto che utilizza la colonna d’aria calda ascendente proveniente dal fuoco sottostante per alimentare una ventola che, con una serie di ingranaggi, trasferisce il moto a uno spiedo, facendo girare pertanto le pietanze e cuocendole in maniera omogenea. Leonardo, che da parecchi studiosi era visto come un vegetariano ante litteram, spese parecchie energie sull’arte di cucinare la carne e su quello che sul folio definì “il vero modo di cuocere gli arrosti”. Il disegno risale al 1480, ma Leonardo si portò con sé a Milano tutto il corpus di disegni nel 1482 e non è detto che la curiosa struttura di Galliate non possa essere la realizzazione di questo suo bizzarro progetto: ulteriori analisi potranno confutare o confermare questa che al momento è una semplice congettura basata su una discreta similitudine formale. Un ulteriore elemento su cui riflettere è lo spessore dei muri dell’elemento: i muri sono infatti spessi una trentina di centimetri, e questo farebbe pensare quasi a una sorta di guardiola, oppure a una struttura per non far disperdere il calore all’esterno.
LEONARDO E IL CASTELLO DI GALLIATE
Negli stessi anni in cui il Moro utilizzò il Castello di Galliate come residenza per la caccia Leonardo realizzava appunti poi confluiti nelle raccolte che saranno riscoperte nel 1965 in Spagna e prenderanno il nome di Codici di Madrid. In effetti proprio il Codice di Madrid I, risalente al 1490-99 (Zollner) o, secondo altre fonti, al 1495-99 (Cremante, Pedretti, 2005), presenta alcuni disegni piuttosto interessanti per il Castello di Galliate, come ad esempio il folio 9 recto, in cui possiamo osservare una sorta di “ascensore”, azionabile da un operatore posto su una staffa, che muovendo in senso circolare una manovella aziona una serie di ruote dentate che si muovono in senso verticale lungo una corda. La forma ovale della struttura lascia pensare che il vano di alloggiamento di un tale “ascensore a manovella” possa essere effettivamente di struttura tubulare. L’elemento architettonico di Galliate potrebbe aver alloggiato una tale struttura?
Anche questa resta una semplice congettura, in attesa di più approfondite analisi. Di sicuro la torre sud est è quella più vicina allo scorrere del Ticino, e potrebbe aver avuto senza dubbio una valenza strategica: quella di poter issare un soldato alla maggior altezza possibile per poter valutare la situazione delle forze nemiche in caso di battaglia campale oppure in quello di assedio. Risale al 1494 infatti la dolorosa rinuncia da parte di Leonardo al bronzo da utilizzare per il suo Cavallo (circa 70 tonnellate!), che venne dato all’alleato Ercole d’Este per fabbricare cannoni in occasione della calata del re di Francia Carlo VIII in Italia, segno di una situazione non tra le più serene a livello geopolitico, che poteva giustificare spese militari destinate alla realizzazione di elementi di architettura bellica fuori dal consueto, come delle torri di vigilanza estremamente alte (vedasi a questo punto il Manoscritto B, folio 23 verso all’Institut de France) con una culminazione sommitale completa di una sorta di guardiola di vigilanza. È legittimo ipotizzare, vista l’esiguità del diametro di tali slanciate torri, che per raggiungere la vetta non fossero disposte ingombranti scale a chiocciola, quanto una serie di ingranaggi disposti a formare una sorta di “ascensore a manovella”. Le torri di vigilanza cilindriche ed estremamente alte sono in effetti un classico che nei disegni di Leonardo torna più e più volte (vedasi ad esempio il Codice Vallardi al Louvre, folio 2282 verso). Che sia stata ipotizzata una struttura simile anche da appoggiarsi al torrione sud est del Castello di Galliate, quello più vicino alle anse del Ticino? Chissà.
Questa seconda ipotesi trova forse qualche difficoltà di applicazione per via dell’esiguità degli spazi utili al soldato. D’altra parte Leonardo nelle sue invenzioni (pensiamo ad esempio al celeberrimo “carro armato”) pareva non prestare una attenzione eccessiva alla sicurezza del personale durante il collaudo.
IPOTESI E STUDI SUL CASTELLO DI GALLIATE
Tutte queste considerazioni ‒ sia ben chiaro ‒ sono al momento solo ipotesi di lavoro e come tali devono essere considerate fino a che non arriveranno risultati chiari dalle analisi sull’edificio e d’archivio sui documenti a disposizione. Soprattutto non è chiaro se e quando Leonardo potrebbe essere stato mai effettivamente a Galliate.
Facendo un salto di quattrocento anni e giungendo d’un balzo all’epoca moderna, un’altra sorpresa il Castello di Galliate la riserva nel cosiddetto Salone Neogotico, nella parte ovest, parte di un corpo di fabbrica edificato in forme neogotiche all’inizio del Novecento. Qui entriamo in un grande salone a capriate immerso nella luce delle ampie vetrate. Alle nostre spalle, di colpo, veniamo catapultati in un’atmosfera deliziosamente Liberty, con cerchi concentrici colorati, triangoli iridati incastonati come mosaici ravennati l’uno dentro l’altro. Sembra di trovarci in un dipinto di Klimt. Anzi, di un altro grande esponente dell’arte che in Germania e Austria era nota come Jugendstil, lo stile dei giovani, in Francia e Belgio Art Nouveau, in Spagna Modernismo e in Italia veniva chiamato Stile Floreale o Stile Liberty. Per la curiosa forma del tappeto cromatico, e per lo stile delle figure rappresentate, il nome che balza subito in mente è quello di Galileo Chini, attivo proprio a inizio Novecento (nel corso dell’Expo del 1906 a Milano, dedicato all’apertura del Traforo del Sempione, collaborò ad alcune decorazioni milanesi). Le due decorazioni paiono essere caratterizzate da uno stile che pare essere proprio quello del toscano Galileo Chini. Interpellata da noi in proposito, la Fondazione Galileo Chini però smentisce la paternità dell’opera, pertanto anche in questo caso urgono analisi più approfondite. Queste opere erano totalmente sconosciute fino a poco tempo fa, e sono riemerse nel corso dei restauri nell’ultimo triennio circa.
Il Castello di Galliate, avrete notato, non è semplicemente una spenta testimonianza di un’epoca lontana, ma è anche un palinsesto incredibilmente stratificato in cui ogni epoca, ogni tipo di amministrazione succedutasi al governo della città ha lasciato testimonianze fondamentali. Oggi il Castello di Galliate, con i suoi segreti ancora da scoprire, rappresenta un grandioso rompicapo per esperti, appassionati e storici dell’arte. E questo, oltre alla straordinaria bellezza del luogo che parla da sola, rende imprescindibile una visita approfondita al castello e al borgo.
Thomas Villa
https://www.comune.galliate.no.it/vivere-galliate/cosa-vedere/il-castello
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