Poche e ipersessualizzate. Un libro analizza le statue italiane dedicate alle donne

Il volume, che scaturisce da un'indagine dell'associazione Mi Riconosci, ha registrato stereotipi sessisti perduranti e istituzionalizzati nei monumenti femminili sul territorio. E suggerisce delle soluzioni

Poche, sexy e privatizzate: è triste il destino delle statue delle donne sul territorio italiano, una rappresentazione che sembra echeggiare un più ampio quadro patriarcale mediatico imperversante. A registrarlo è il nuovo volume Comunque nude. La rappresentazione femminile nei monumenti pubblici italiani (Mimesis 2023), in libreria dallo scorso 7 giugno. La collezione di 11 saggi scaturisce da un’indagine svolta dall’associazione Mi Riconosci tra il 2021 e il 2022, che ha censito 245 statue pubbliche italiane dedicate alle donne e riportato un quadro piuttosto deludente e purtroppo noto agli addetti ai lavori: la presenza di donne nella statuaria pubblica è molto ridotta, e perpetua con costanza stereotipi sessisti che portano alla rappresentazione di corpi ipersessualizzati, generici e spersonalizzati. Il libro – organizzato in tre sezioni con contributi esclusivamente femminili e firmati da studiose, studentesse e professioniste del settore facenti parte dell’associazione – non si limita però a raccogliere il desolante dato, ma analizza le radici della questione e propone delle riflessioni che portino a soluzioni alternative. Ne abbiamo parlato con una delle autrici e attiviste, Rosanna Carrieri.

La scultura di Margherita Hack in via Richini Sguardo Fisico, Sissi, 2022

La scultura di Margherita Hack in via Richini Sguardo Fisico, Sissi, 2022

“COMUNQUE NUDE” IL LIBRO SULLA RAPPRESENTAZIONE FEMMINILE NEI MONUMENTI PUBBLICI

Già prima dell’indagine, tra 2019 e 2020, avevamo cominciato a guardare alla questione monumenti. Quando poi si è aperto il dibattito sui monumenti coloniali e il difficile patrimonio del passato, vi abbiamo posto la nostra attenzione come archeologhe, storiche dell’arte, bibliotecarie e archiviste”, racconta Carrieri. Le attiviste hanno trovato da subito che “in Italia ci sono perlopiù statue di figure allegoriche e madonne. Quando abbiamo lanciato l’indagine nel 2021, l’idea era quella di problematizzare la questione, che si è rivelata un tema acceso soprattutto dopo l’inaugurazione della famigerata Spigolatrice di Sapri. Così hanno iniziato a raccogliere i dati, che aprono il volume in un chiaro saggio di Ludovica Piazzi, da cui si dipanano le analisi della sessualizzazione del corpo femminile nella storia dell’arte – sempre di Piazzi, co-curatrice della raccolta con Ester Lunardon –; della violenza di genere, come la terribile “opera sexy” Violata ad Ancona e l’inopportuna Maestà sofferente di Gaetano Pesce, su testo di Alexandra Forcella; e della rappresentazione di coppia, incentrata sul problematico Abbraccio tra Dino Campana e, forse, Sibilla Aleramo fuori Scandicci, a cura di EsterLunardon. Il volume affronta quindi la rappresentazione libidinosa e bucolica del lavoro femminile, tra lavandaie taglia 40 e ricamatrici scollate (con poche eccezioni, tra cui la Zigherana di Rovereto), a cura di Celeste Massarotto; e ancora la completa spersonalizzazione applicata ai monumenti delle sante (con uno stuolo di “Santa Barbara” usate come feticci militari), con testo di Cristina Chiesura;  fino all’analisi di Maria Baruffetti sulla messa in opera della statuaria, con pratiche volte a un costante ribasso economico e qualitativo che danneggia ambiente e lavoratori. “E dire che è un fenomeno moderno. La maggior parte dei monumenti di figure femminili realmente esistite, escludendo personalità leggendarie, le anonime, le collettive, le allegoriche e le madonne (che sono la maggior parte), sono perlopiù realizzate dopo il 2000”, continua Carrieri.

L’ANALISI SOCIALE E LAVORATIVA DELLA STATUARIA NELL’ULTIMO LIBRO DELL’ASSOCIAZIONE MI RICONOSCI

Il volume non analizza solo la situazione da un punto di vista prettamente artistico, ma fa della prospettiva sociale il proprio cuore più autentico. Da un lato si ha infatti la tragica sottomissione dei soggetti femminili e dall’altra il mancato coinvolgimento delle donne nella progettazione di statue che, solo nell’ultimo anno, erano 4 volte su 5 delle donazioni di privati. “Perché non vengono assunte delle figure apposite nei Comuni e nelle Soprintendenze che si occupino di spazio pubblico in un’ottica di genere? Come sempre, è anche un tema di lavoro. In tutto il volume emerge il problema di una forte privatizzazione dello spazio pubblico, che porta alla volontà di realizzare le statue “in un certo modo” con finanziamenti privati. È l’esempio della scultura per Margherita Hack, un perfetto ‘monumental washing‘, sottolineano più autrici, fenomeno che a sua volta porta alle banali “statue da selfie”.

La Lavandaia di Via della Grada a Bologna, realizzata da Saura Sermenghi

La Lavandaia di Via della Grada a Bologna, realizzata da Saura Sermenghi

I monumenti hanno una forte valenza educativa: come educhiamo se nel nostro spazio pubblico mettiamo la lavandaia accovacciata e nuda di Bologna?”. Ecco che nella terza parte del libro ci si chiede proprio a chi facciano del male questi monumenti femminili che riflettono un “sessismo istituzionalizzato” oltre che un generico male gaze, prima in un testo fresco e consapevole a cura di Lunardon e poi nei saggi di Rosanna Carrieri e Federica Pasini. In questi scritti si tenta di superare il modello attuale studiando le esperienze storiche italiane e non di riappropriazione femminile singola e collettiva dello spazio pubblico (da Mirella Bentivoglio a Carla Lonzi fino alle Guerrilla Girls di New York e al bolognese CHEAP), chiedendosi quali siano le buone pratiche per la relativa statuaria. Fondamentale, si legge, è incrementare i soggetti femminili nei monumenti, ma con una spinta dal basso, come per i murales di Orgosolo o l’Artivismo di Vicenza, lavorando parallelamente per rendere la città più inclusiva. “Il libro è frutto di un’esperienza diretta e di un confronto costante: è un lavoro corale. Abbiamo provato a prenderci cura del libro a livello intergenerazionale e intersettoriale, come per la nostra comunità”, continua Carrieri. Cosa che continueranno a fare, aggiornando la mappa dei monumenti sul sito e ampliando lo spettro di indagine anche a targhe e intitolazioni per capire l’utilizzo del suolo pubblico e monitorare la costante minaccia della privatizzazione. “Questo ha un profondo legame con la situazione della cultura in Italia: i musei, gli archivi, le biblioteche, ma anche le università e le scuole nascono con un’idea pubblica, e devono mantenerla”.

La Maestà sofferente di Gaetano Pesce

La Maestà sofferente di Gaetano Pesce

OSSERVAZIONI E POSSIBILI SOLUZIONI NEL VOLUME DELLE ATTIVISTE DI MI RICONOSCI

Fondamentale passaggio, per ottenere risultati migliori, è “provare a reimmaginarsi, guardando le esperienze di donne in Italia e non solo che hanno problematizzato la rappresentazione partendo da sé. L’immaginario di tante di noi è plasmato da questi modelli, le statue si affiancano alla pubblicità e i media. Poi è imprescindibile capire anche quali possano essere delle buone pratiche nell’idea di professionalità coinvolte e adottare uno sguardo educante”. Un fattore chiave come sbocco ideale del libro: “Abbiamo realizzato un testo denso ma semplice, con un linguaggio divulgativo, pensato per uscire dalle accademie: è bello parlarne, ma bisogna concretamente guardare al problema e farlo tutti”. Anche per questo le attiviste, oltre a presentare il libro in tutta Italia, caricheranno sul sito dell’associazione delle schede didattiche pensate come appendice per le scuole, dove convogliare tutte le professionalità di Mi riconosci, “facendo capire che c’è un problema e provando a ripensarci partendo da noi e dalle nuove generazioni”.

Giulia Giaume

https://www.miriconosci.it/

https://www.miriconosci.it/libro-comunque-nude/

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Giulia Giaume

Giulia Giaume

Amante della cultura in ogni sua forma, è divoratrice di libri, spettacoli, mostre e balletti. Laureata in Lettere Moderne, con una tesi sul Furioso, e in Scienze Storiche, indirizzo di Storia Contemporanea, ha frequentato l'VIII edizione del master di giornalismo…

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