Intervista a Tami Izko, poetessa della ceramica

Una costellazione di piccoli oggetti in porcellana si svela nella grotta artificiale della tenuta La Raia, tra i vigneti piemontesi. Una magica porta di accesso al mondo dell’artista boliviana Tami Izko. Che qui ci racconta

Sulle colline del Gavi, area piemontese a poca distanza dalla Liguria e famosa per la produzione dell’omonimo vino, La Raia è non solo un’azienda agricola biodinamica (con locanda) che vanta 180 ettari tra vigneti, pascoli, coltivazioni e boschi, ma anche una fondazione impegnata nella promozione dell’arte contemporanea e del paesaggio.

Tami Izko, Inventory, installation view at La Raia, Novi Ligure, 2023. Courtesy Fondazione La Raia

Tami Izko, Inventory, installation view at La Raia, Novi Ligure, 2023. Courtesy Fondazione La Raia

LA FONDAZIONE LA RAIA E L’ARTE

Nata nel 2013 dalle menti di Giorgio Rossi Cairo e Irene Crocco, e con la direzione artistica di Ilaria Bonacossa, la Fondazione La Raia negli anni si è arricchita di opere d’arte in stretto dialogo con il territorio in cui sono inserite. Fu un’opera di Remo Salvadori a inaugurare il programma artistico, che proseguì con le opere di artisti italiani e internazionali, come Koo Jeong A., Michael Beutler, Cosimo Veneziano, Francesco Jodice e Adrien Missika. Per festeggiare il decimo compleanno della fondazione, l’artista boliviana Tami Izko (Cochabamba, 1984) è stata invitata a realizzare un intervento che, a occhi poco attenti, potrebbe passare inosservato. Eppure, proprio in questa caratteristica risiede la sua capacità di catturare lo spettatore, portandolo alla scoperta del dettaglio e del nascosto. Inventory, nella grotta artificiale decorativa posta sul viale di ingresso alla tenuta, è una costellazione di piccoli oggetti in porcellana smaltata a grès. All’artista la parola sul suo lavoro e sulla genesi di Inventory.

Tami Izko in her studio. Courtesy Fondazione La Raia. Photo T. Kleinhempel

Tami Izko in her studio. Courtesy Fondazione La Raia. Photo T. Kleinhempel

INTERVISTA A TAMI IZKO

Raccontaci un po’ di te: qual è la tua storia e quando l’arte è entrata a far parte della tua vita?
Sono nata in Bolivia da padre spagnolo e madre boliviana. Quando avevo solo quattro anni ci siamo stabiliti in Ecuador, il Paese in cui sono cresciuta. A diciotto anni mi sono trasferita a Buenos Aires per studiare cinema e pochi anni dopo mi sono trovata a Madrid, cercando di fare della scrittura il mio lavoro. L’incontro con la ceramica risale al 2018, durante la mia permanenza a Lisbona: lì ho scoperto la scultura. Ho avuto paura che le mie parole si sarebbero perse, ora credo che abbiano solo trovato una nuova dimensione.

Nelle tue mani la ceramica assume forme organiche. Cosa ti affascina di questo materiale, che negli ultimi anni sta godendo di una felice riscoperta?
Sono stata immediatamente attratta dalla natura epidermica dell’argilla e da quanto funzioni come la pelle. Tuttavia, nel caso della ceramica, il materiale si comporta come una superficie che racchiude un vuoto: è come se creassi una forma intorno all’aria. In alcuni casi sono particolarmente interessata nel mostrare quel vuoto, e realizzo aperture e tagli sulle sculture, aprendole allo sguardo dello spettatore.
Ad affascinarmi, poi, sono le trasformazioni all’interno del forno: la dimostrazione che non è possibile un pieno controllo del processo.

Tami Izko, Inventory, installation view at La Raia, Novi Ligure, 2023. Courtesy Fondazione La Raia

Tami Izko, Inventory, installation view at La Raia, Novi Ligure, 2023. Courtesy Fondazione La Raia

INVENTORY, L’OPERA DI TAMI IZKO PER FONDAZIONE LA RAIA

Inventory nasce da un processo di raccolta e di interazione con il territorio. Qual è la genesi?
L’opera nasce da un gesto molto semplice: sono solita collezionare (fisicamente o solo visivamente) elementi dell’ambiente circostante. Mi piace molto camminare e durante le mie passeggiate trovo spesso ciò che poi informa le opere che realizzo. Alla Fondazione La Raia mi sono imbattuta in una serie di oggetti umani e naturali (pigne, grappoli d’uva, sassi, conchiglie…) diventati la piccola costellazione di elementi che ho poi chiamato Inventory. Cerco di invitare lo spettatore a osservare i dettagli che coesistono in un delicato equilibrio, come tutte le cose nei differenti ecosistemi.

Quello della grotta è un elemento decorativo dalla stratificata storia culturale. Nel realizzare Inventory, ti sei anche idealmente confrontata con la tradizione dei giardini rinascimentali?
Le grotte sono costruzioni artificiali che replicano spazi naturali e ogni singolo pezzo che ho realizzato per l’opera replica qualcos’altro e lo trasforma: in questo senso, tanto la grotta quanto le sculture sono qualcosa di metonimico. Invito gli spettatori ad approcciare l’opera in modo ludico. In quanto posti di intrattenimento e contemplazione, le grotte sono sempre esistite all’incrocio tra mondo naturale e antropico: ho cercato di ritrarre questa tensione in ogni scultura che dà vita a Inventory.

In Inventory intervengono anche una produzione acustica e fotografica.
L’opera ha avuto origine in prospettiva fotografica: le immagini degli elementi che ho raccolto mi hanno aiutato a orchestrare l’opera nella mia mente. La realizzazione dei calchi è simile alla fotografia, lo stampo è come il negativo di un’immagine, la scultura finale è assimilabile al positivo. Per quanto riguarda l’elemento musicale, suoni naturali registrati e rielaborati hanno aggiunto un ulteriore grado di complessità a Inventory, invitando il pubblico a fermarsi per ascoltare e guardare ciò che viene presentato. Fotografia e registrazione sonora sono creazioni di due artisti, Federico Clavarino e Davide Cairo.

Tami Izko, Inventory, installation view at La Raia, Novi Ligure, 2023. Courtesy Fondazione La Raia

Tami Izko, Inventory, installation view at La Raia, Novi Ligure, 2023. Courtesy Fondazione La Raia

IL RAPPORTO TRA ARTISTA E AMBIENTE NEL LAVORO DI TAMI IZKO

Il tuo intervento è esposto agli agenti atmosferici e ai processi naturali del territorio in cui è inserito: il paesaggio avrà un ruolo sulla trasformazione progressiva dell’opera che hai creato.
Le ceramiche galleggianti che ho incluso in questo lavoro sono stati i primi pezzi a essere coinvolti da una trasformazione direttamente influenzata dagli elementi naturali all’interno della grotta, ovvero l’acqua e le alghe. Adoro tutto ciò. Non c’è alcun motivo per rifiutare questo cambiamento progressivo, credo anzi sia ciò che rende lo spazio interessante: è un promemoria della sua vitalità.

Ti identifichi in un’idea di produzione artistica collaborativa con l’ambiente circostante?
Gran parte del mio lavoro è realizzato in uno studio. Tuttavia, la pratica di realizzare stampi e calchi è diventata un modo, per me, di trattenere impressioni dello spazio esterno. Sto cercando di produrre opere dotate di radici, di cui si possa rintracciare il contesto iniziale e al tempo stesso apprezzare tutte le trasformazioni. Credo ci sia una ricerca inconscia: essendo le mie radici poco stabili, cerco di creare un processo tutto mio, privo di una specifica identità, attraverso cui conciliare sia l’incredibile varietà di elementi che lo hanno influenzato, sia le alterazioni soggettive a cui essi sono stati sottoposti.

Alberto Villa
 
https://tamiizko.com/
https://la-raia.it/it
 

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Alberto Villa

Alberto Villa

Nato in provincia di Milano sul finire del 2000, si occupa di critica e curatela d'arte contemporanea. Si laurea in Economia e Management per l'Arte all'Università Bocconi con una tesi sulle produzioni in vetro di Josef Albers e attualmente frequenta…

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