Adriano Pedrosa è il curatore della Biennale Arte 2024 di Venezia. Dedicata agli stranieri
Con il curatore brasiliano, la sessantesima edizione della Biennale Arte di Venezia si concentrerà sugli stranieri, dando spazio a ciò che è altro, lontano, emarginato. Ma anche allo straniero che è in ciascuno di noi
Foreigners Everywhere, stranieri ovunque. Prende in prestito uno slogan reso celebre nel mondo dell’arte dal collettivo Claire Fontaine (con la serie di scritte al neon create nel 2004), a sua volta debitore al nome dell’omonimo collettivo torinese in lotta contro il razzismo e l’omofobia, il titolo della 60. edizione della Biennale Arte di Venezia, in programma dal 20 aprile al 24 novembre 2024. La conferenza di presentazione, officiata dal Presidente della Biennale Roberto Cicutto, introduce il curatore designato Adriano Pedrosa, brasiliano alla direzione del MASP di San Paolo, “che si è distinto in questi anni per originalità e innovazione, anticipando temi e linee curatoriali poi seguite in tutto il mondo”, sottolinea Cicutto. L’obiettivo, in continuità con quanto fatto per la Biennale Architettura in corso, curata da Lesley Lokko, ma anche nel 2022 con il focus sull’arte femminile di Cecilia Alemani, è quello di aprirsi a un numero molteplice di possibilità e voci, dando spazio a prospettive finora trascurate o poco trattate, “per cambiare il punto di vista del racconto dell’arte contemporanea, non solo sotto il profilo estetico, ma anche geografico. Per la Biennale Arte non avevamo mai avuto un curatore proveniente dall’America Latina”.
LA BIENNALE ARTE 2024 DI ADRIANO PEDROSA
E Pedrosa accoglie il compito, ambizioso, di dare rappresentanza a tutti gli “stranieri”, nel senso più ampio del termine, contemplando tutti quegli artisti che si trovano a vivere situazioni di disparità condizionate da razza, sessualità, genere, ricchezza, ceto sociale. Lo straniero è dunque anche il queer, l’outsider o l’autodidatta, l’artista folk, l’artista indigeno discriminato nella propria terra d’origine. Ma, sdoppiando il punto di vista, “come incontriamo stranieri ovunque andiamo, così tutti noi siamo stranieri nel profondo, a prescindere da dove ci troviamo”. Il significato di straniero, nella mostra di Pedrosa, assumerà quindi anche lo status di una condizione mentale. Ma certo, innanzitutto, c’è la volontà di beneficiare della visibilità offerta dalla più importante piattaforma internazionale dedicata all’arte contemporanea per promuovere l’operato di artisti emigrati, espatriati, diasporici, specialmente di chi si è spostato dal Sud al Nord del mondo: presenze finora trascurate, rimaste ai margini, non conosciute. La connotazione politica del progetto è indubbia, pur assorbita naturalmente nell’impegno a rappresentare la contemporaneità, con le crisi che affliggono il movimento e l’esistenza delle persone.
GLI ARTISTI E I TEMI IN MOSTRA ALLA BIENNALE 2024
La produzione di questi artisti – circa un centinaio rappresentati da più opere, ma la mostra è ancora in via di definizione – costituirà il nucleo contemporaneo dell’esposizione internazionale, approfondendo anche questioni formali (dall’Astrattismo al Modernismo del Sud del mondo, “i cui accenti e confini restano ancora in gran parte sconosciuti”). L’allestimento non si articolerà in sezioni specifiche, perché i “motivi” di interesse saranno disseminati lungo tutto il percorso espositivo. Tre sale saranno invece destinate a ospitare un focus storico, un nucleo di opere del XX secolo da America Latina, Africa, mondo arabo e Asia, comprendendo anche una sezione dedicata alla diaspora degli artisti italiani nel mondo nel corso del Novecento (molti attivi proprio nei Paesi dell’America Latina, Brasile e Argentina in testa). Anche il nucleo storico riunirà un centinaio di artisti (anche viventi), ma solo con un’opera ciascuno. L’elenco dei nomi e il programma completo saranno rivelati a febbraio 2024. “È fantastico seguire la traiettoria tracciata da Alemani e Lokko, e costruire su quanto fatto sin qui”, evidenzia Pedrosa, motivato a portare la sua personale visione curatoriale come contributo all’evoluzione di una manifestazione che ha sempre cercato di porsi dentro la storia per raccontare la contemporaneità.
Livia Montagnoli
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