La mostra di Milano dove il design da collezione inganna i sensi

Pietra, ceramica e biomateriali. Le opere di 39 artisti e designer, create con tecniche ibride, innescano una riflessione sui concetti di forza e fragilità in un nuovo spazio espositivo

In MAKERS 2, secondo capitolo di una serie di mostre dedicate ai materiali allestite negli spazi della giovane galleria di design Caselli 11-12, non tutto è quello che sembra. I tavolini dell’artista di origini ucraine Illya Goldman Gubin, per esempio, sembrano fragili come le scatole di cartone a partire dalle quali sono stati creati, ma l’aggiunta di resina e fiberglass li rende insospettabilmente solidi. Le Gummies Special di Heloïse Colrat, sculture alte tre centimetri che riproducono gomme masticate e palloncini sgonfi, così come le “sculture da un minuto” realizzate dalla designer danese Maria Bang Espersen tirando e ripiegando su se stesso il vetro, nella brevissima finestra di tempo in cui è malleabile, ingannano i sensi mimando il comportamento di altri materiali. Le panche traforate di Tejo Remy, ex di Droog Design, e René Veenhuizen, parte di una ricerca che i due designer portano avanti da oltre un decennio, hanno l’aspetto morbido dei gonfiabili pur essendo fatte di cemento, rinforzato con l’aggiunta di fibre metalliche e colato in stampi flessibili in pvc.

I DESIGNER IN MOSTRA A MAKERS 2

La mostra interessa entrambi gli ex caselli daziari di Porta Nuova adattandosi alle loro estetiche così diverse: il Casello 11, sul lato sinistro della porta, ha le pareti imbiancate e un aspetto moderno, mentre il 12, che negli anni non ha subito grossi interventi di ristrutturazione, conserva i muri grezzi e i pavimenti segnati dal tempo. L’esposizione si muove nel perimetro del design da collezione, al confine tra scultura e oggetto funzionale e tra alto artigianato e pratica artistica. Al centro ci sono i lavori di 39 artisti e designer internazionali con due punti in comune: il “fare da sé”, anche e soprattutto con le mani, e l’uso di materiali tradizionali come il vetro, la ceramica, la pietra o il metallo, trattati però con tecniche sperimentali che li portano in direzioni nuove. Questo tipo di approccio, basato sull’autoproduzione, gode di un grande favore negli ultimi anni, in particolare presso i più giovani per cui le definizioni di “designer” e di “maker” tendono sempre più a sovrapporsi. A volte le soluzioni nascono proprio dalla ricerca empirica, per una sorta di serendipity, come nel caso delle lampade presentate da Gianmarco Guarascio: manipolando il rame con uno strumento di lavoro insolito, il fuoco, il progettista romano classe 1992 si è accorto delle sfumature colorate impresse dal calore sulla superficie del metallo e ha usato questa tecnica per creare dei riflettori in grado di proiettare scenografici giochi di luce sulle pareti.

@piercarloquecchia dsl studio

@piercarloquecchia dsl studio

SPERIMENTARE CON VECCHI E NUOVI MATERIALI

Ai materiali più tradizionali si affiancano alcuni biomateriali, senza i quali probabilmente nessun tentativo di descrivere lo stato dell’arte del collectible design potrebbe dirsi completo. L’artista britannica di origini brasiliane Tessa Silva ha scelto di rivolgere il suo sguardo verso un alimento tanto comune quanto carico di significati simbolici, il latte, e di utilizzare le sue proteine per produrre vasi e piccoli oggetti raffinati. Il mix di caseina e gesso su cui si basano le sue creazioni ha radici antiche: un procedimento simile veniva utilizzato nell’Inghilterra medievale per realizzare pavimenti, alcuni dei quali possono essere ammirati ancora oggi.  Lo studio WKND Lab, fondato a Seoul da Halin Lee e Eunji Jun, ha invece messo a punto un materiale sostenibile a partire dai gusci delle uova.

Giulia Marani

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Giulia Marani

Giulia Marani

Giornalista pubblicista, vive a Milano. Scrive per riviste italiane e straniere e si occupa della promozione di progetti editoriali e culturali. Dopo la laurea in Comunicazione alla Statale di Milano si specializza in editoria a Paris X-Nanterre. La passione per…

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