Queerpandemia
Fotografie e installazioni per raccontare il fermento artistico e intellettuale delle soggettività LGBTQIA+: il progetto Queer Pandemia va in scena da Base Milano. In cover un’opera di Benedetta Filippo Chilelli, Evoica 7.
Comunicato stampa
Filippo Chilelli porta in scena a Queerpandemia – la mostra e serie di eventi che indagano la dimensione della queerness attraverso i linguaggi artistici e creativi della contemporaneità – i suoi corpi mutanti, in divenire, promesse di un’ibridazione “aliena”, e le alleanze inattese che essi generano. Corpi, creature vulnerabili che si legano volontariamente in un rapporto di cura. In pratica, esprime e porta in scena la famiglia queer.
Queerpandemia, che si tiene a BASE, il centro culturale poli-funzionale che produce innovazione sociale e contaminazione culturale tra arti, imprese e tecnologia (Via Bergognone 34), dal 22 giugno al 2 luglio prossimi, propone infatti pratiche all’apparenza estranee e mostruose, attraverso le quali le soggettività LGBTQIA+ conquistano uno spazio di rappresentazione nella società. I lavori in mostra sono una riappropriazione di tutte quelle narrative e pratiche artistiche contemporanee ed emergenti che mostrano come le estensioni del corpo, delle identità e della sessualità svelino nuovi “modi di fare mondo” e uno scorcio di futuro altro. L’installazione del* giovane roman* (classe ’97) – diplomat* all’Accademia di Brera e che vive e lavora a Milano – prende il nome di Kin Omnia ed è costituita da sculture che si chiamano Evoica. Il titolo dell’opera è l’unione del termine Kin a Omnia: dal latino “tutto”, “di ogni genere”. Il Kin è invece un legame profondo che si instaura tra due o più soggetti oltre la componente biologica (o di specie), per questo oggi viene spesso associato alle famiglie queer. Per Chilelli “fare kin” (making kin”) è una pratica profonda e salvifica.
“Evoico”, invece, in entomologia, si riferisce alla crisalide protetta da un involucro durante la sua metamorfosi. I sette Evoica sono costituiti da sette crisalidi di plastica e argilla, inglobate successivamente in uova di resina epossidica lucidata. Le uova sono sorrette da piedistalli in ferro saldato di diverse dimensioni ispirate al regno vegetale e alle zampe di ragno. Sono corpi in divenire, in perenne trasformazione. «Non a caso gli stadi di evoluzione e rinascita, quali la crisalide e l’uovo, la loro unione e l’incontro con supporti di ferro – sottolinea l’artista – alludono alla poetica di cyborg e corpo potenziato di Donna Haraway. Una poetica che evoca la fusione di umano, animale e macchina».
L’incontro degli Evoica genera Kin Omnia: le sculture disposte nell’ambiente sono connesse le une alle altre da ramificazioni di terra, alludendo quindi ad una dimensione “reticolare”, al paesaggio come orizzonte che si espande in ogni direzione. Un paesaggio orizzontale, plurale e composito. Quando le creature mostre si incontrano e si autorganizzano, la loro alleanza può chiamarsi transfemminismo: un microcosmo di futuro possibile fatto di “connessioni inventive” che superano la componente biologica e quella genetica. Così «una famiglia queer è prima di ogni cosa un luogo sicuro» conclude Chilelli «È formata da tutte quelle individualità che, aggregandosi volontariamente, svolgono reciprocamente azioni di confronto, di insegnamento e sostegno, pur slegate da un effettivo legame biologico…Ci si rispecchia nell’esperienza altrui offrendo la propria. Si costruisce e si percorre la propria strada insieme».