The italian game. Mentre trionfa la grande mostra dedicata ad Alighiero Boetti, il MoMA dedica un simposio al catalogo ragionato a all’Italia anni Settanta. Ecco le immagini…
Giornata da ricordare per l’arte italiana. A New York, mentre nelle sale del MoMA continua l’esibizione Alighiero Boetti: Game Plan, i curatori Christian Rattemeyer e Mark Godfrey hanno organizzato – venerdì 28 settembre – un panel d’autore sui viaggi di Boetti in Afghanistan e sugli anni Settanta in Italia. Ospiti italiani chiamati a rievocare gli […]
Giornata da ricordare per l’arte italiana. A New York, mentre nelle sale del MoMA continua l’esibizione Alighiero Boetti: Game Plan, i curatori Christian Rattemeyer e Mark Godfrey hanno organizzato – venerdì 28 settembre – un panel d’autore sui viaggi di Boetti in Afghanistan e sugli anni Settanta in Italia. Ospiti italiani chiamati a rievocare gli aspetti salienti di quel periodo nel nostra Paese erano il direttore de La Stampa, Mario Calabresi e l’artista Elisabetta Benassi. Sullo sfondo della giornata, la presentazione del secondo tomo del catalogo ufficiale delle opere di Alighiero Boetti. A farlo conoscere, Arianna Mercanti dell’Archivio Alighiero Boetti. Edito da Electa, il tomo contiene le opere realizzate dall’artista tra il 1972 e il 1979.
L’incontro è cominciato con la presentazione di quegli anni dal parte del duo Calabresi/Benassi. La strage di piazza Fontana, il rapimento di Aldo Moro, l’omicidio di Pier Paolo Pasolini. C’erano una volta la strategia della tensione, gli anni di piombo. Intanto che il mondo continuava la sua Guerra fredda, la Repubblica italiana viveva i propri anni più sanguinari. Attraverso i vari interventi, il simposio ha ricordato come in un clima di costante scontro politico e sociale, Boetti insieme al rifiuto di tutte le identità, al fare resistenza contro ogni forma di normalizzazione, abbia raggiunto la propria maturità artistica; si sia distaccato dal movimento dell’arte povera per un cammino solitario verso un non luogo chiamato pensiero globale. Quindi, il dibattito è continuato attraverso riflessioni sui viaggi di Boetti di quel periodo.
“Essere creativi significa anche aprire un albergo a Kabul”. L’artista torinese fra il 1971 e il 1979 comincia a frequentare assiduamente l’Afghanistan. Scoprendo l’Asia, Alighiero conosce Boetti, il principio della delega, la scissione tra ideatore e esecutore dell’opera. Durante l’incontro si è ricordato come A&B abbiano abitato quel crinale di separazione fra Oriente e Occidente, assistendo al collasso di questo spartiacque, all’inizio della fusione di questi due mondi.
Ricordare gli anni Settanta significa rivedere un periodo dove la politica si faceva in strada prima che in parlamento o attraverso i medium di massa; dove il giornalismo riportava informazione con cadenza quotidiana, piuttosto che ora dopo ora, minuto dopo minuto come ai nostri giorni. Oggi, da un presente comunicativo completamente nuovo, il ricordo della pesantezza di quegli anni, magnifica leggerezza e spleen del talento creativo e della vita di Alighiero Boetti; ripercorrere i suoi luoghi e scelte produttive, afferma l’introduzione del concetto di orizzontalità dell’arte; cristallizza rappresentazioni mentali antiche e sfuggenti quali il puro esserci, l’estro nomadico e il concetto tanto amato da Boetti di mettere al mondo il mondo.
– Alessandro Berni
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