L’immagine perfetta e il glitch
L’immagine digitale è troppo “perfetta”? Senza sbavature o incertezze, fissata su supporti sempre più solidi come il blue-ray e oltre, ha superato il suo status iniziale d’immagine immateriale. Il salto di qualità è evidente nel campo video e fotografico…
Le immagini fotografiche sono sempre più algide, mai toccate da mani umane; i video, anche di formati amatoriali, hanno ormai l’immagine senza difetti dei video d’astronomia della Nasa. Un video-fotografo francese, Alex Roman, ha prodotto un’opera che combina in modo affascinante foto, video e immagine virtuale. Significativamente le immagini sono quelle delle nuove architetture, nate da progetti e rendering in 3D, architetture che mimano i processi informatici e aspirano a somigliare più a oggetti di design futuribile che non all’architettura. La macchina video-fotografica dell’autore indaga ed esalta la qualità fredda dell’immagine e, attraverso l’uso di Photoshop e altri software, costruisce trappole visive che sottolineano il carattere sottilmente ingannevole dell’immagine informatica e l’aprirsi di nuove problematiche della visione digitale.
In questa dimensione, che rinvia alla realtà duplicata (e invisibilmente duplicata) di film come Matrix o Inception, s’inserisce un gusto nuovo dell’immagine digitale come del suono legata alla disfunzione della comunicazione. Si tratta di un noise, di un rumore. I messaggi informatici sono spediti come segnali da un trasmettitore a un ricevitore, se il canale è disturbato questo produce “rumore”, come il telefono analogico o la radio o i vecchi vinili o la tv. Ma anche la corruzione che qualche volta le immagini digitali o l’audio hanno nello streaming o attraverso la comunicazione Skype.
Il noise digitale può svolgere il ruolo dello scratching del dj hip hop, la distorsione d’immagine creata da molti autori nel furore iconoclasta contro la troppo perbene televisione. Il noise glitch può diventare un elemento di trasgressione dei codici oppure un elemento di stile. Ci si può chiedere quale sia la valenza del glitch rispetto al lavoro di destabilizzazione della tv e del video analogici condotti negli anni Sessanta da Nam June Paik e dal gruppo di The Kitchen. Una valenza diversa, meno eclatante perché il sistema di codici dell’arte contemporanea fa sì che ogni gesto di fondazione riduca il peso dei gesti simili che lo seguono. Ma sicuramente un peso di ricerca. Il gesto di Paik a suo tempo ha portato alla scoperta d’effetti speciali come dato estetico. Vedremo a cosa porterà il glitch.
Lorenzo Taiuti
critico di arte e media
docente di architettura – università la sapienza di roma
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #9
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