Francesco Guardi al Museo Correr. A curare l’allestimento c’è lo studio Caruso Torricella. Venezia si racconta: corrispondenze visive tra città, pittura, architettura
Un centinaio di opere, tra dipinti e disegni, giunti dai più grandi musei del mondo. Il Museo Correr di Venezia celebra la pittura di Francesco Guardi, l’ultimo, grande vedutista del XVIII secolo. Un corpus di opere che abbraccia tutto l’iter dell’artista, dalle opere giovanili meno note, incentrate sulla figura umana, passando per l’intimità degli interni nobiliari, […]
Un centinaio di opere, tra dipinti e disegni, giunti dai più grandi musei del mondo. Il Museo Correr di Venezia celebra la pittura di Francesco Guardi, l’ultimo, grande vedutista del XVIII secolo. Un corpus di opere che abbraccia tutto l’iter dell’artista, dalle opere giovanili meno note, incentrate sulla figura umana, passando per l’intimità degli interni nobiliari, sullo stile di Pietro Longhi, e arrivando alle splendide vedute di Venezia e ai Capricci, che nella maturità e nella vecchiaia suggellarono il suo genio. Prodotta dai Musei Civici di Venezia, la mostra è un viaggio straordinario nella ricerca di un pittore che scelse la via di una narrazione minuziosa, analitica, inclusiva: ogni piccolo dettaglio precipita in una super-visione, capace di tramutare il racconto in un lampo, una folgorazione. Pittura, però, che non è mai illustrativa. Emotiva e vivissima: paesaggio che trascolora, che continua a sfumare, con una prospettiva che nel tempo si fa elastica, mentre le figure diventavano chiazze veloci e i contorni si dissolvono, delicatamente.
Una grande mostra, valorizzata anche dall’intervento dello studio d’architettura milanese Caruso Torricella: vent’anni di esperienza e una partecipazione al Padiglione italiano dell’ultima Biennale di Architettura, insieme alle fabbriche Dalmine.
Quello per il Guardi e per il Correr è un progetto d’allestimento delicato, che si è definito innanzitutto come operazione “archeologica di ritrovamento di una essenza”: tutto ruota intorno all’identità dello spazio, un tipico palazzo storico veneziano, che qui si fa luogo di contatto tra la città e i dipinti stessi.
Al Correr, allora, vengono restituiti i pavimenti originali in seminato, luminosissimi, per troppi anni affogati sotto le moquette; e le finestre, di nuovo spalancate su S. Marco, riportano l’incredibile luce della laguna tra le sale, dove a essere valorizzati sono quei colori acidi che rappresentano il timbro del ‘700 veneziano. Il dialogo tra l’esterno e l’interno, tra la piazza reale e quella reinventata dal Guardi, tra le luci e i colori della Venezia immaginata e di quella attraversata, diventa il vero filo conduttore. Una liaison incarnata dal volume dell’architettura museale.
Un modo, tra l’altro, per ottimizzare le risorse: simili progetti puntano tutto su allestimenti filologici, che riportano all’antica bellezza elementi architettonici originari. Niente sprechi, né sovrastrutture invasive. Che non è male, in tempi di magra. Le finanze, ma anche l’occhio, ringraziano all’unisono.
– Helga Marsala
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