Lettera postluterana
Nelle postume “Lettere luterane”, Pasolini intitolava un articolo: “Siamo belli, dunque deturpiamoci”. L’articolo prendeva spunto da una constatazione: coloro i quali sono destinati a morire per cause di malformazioni genetiche svolgono involontariamente una funzione pedagogica.
Cosa ci insegnano quelli che sono predestinati a morire e la cui vita si svolge come una corsa destinata a finire in breve tempo? “È il sentimento inconscio di coloro che il loro essere venuti al mondo sia stato particolarmente indesiderato”, osservava Pasolini. Dal momento che non c’è più “tempo da perdere” e spesso si è a “carico” di altri o indesiderati, questi esseri, diceva Pasolini, ci insegnano che l’ansia di normalità è una rarità in un mondo dove tutti vogliono essere eccezionali, vale a dire anormali come simulacri di film di fantascienza, anormali come fuoriclasse, anormali come originali, anormali in quanto esseri extra, o in quanto sterili repliche di immagini pubblicitarie, anormali in quanto artisti-shock, eccetera.
Per certi aspetti, questi esseri superdotati sono in stretta continuità con i romanzi d’appendice che dal XIX secolo si sono riversati sull’immaginario collettivo e in particolar modo sull’immaginario piccolo-borghese. Il quale, notava Barthes, nella società capitalistica svolge un ruolo decisivo, che è quello di stabilire uguaglianze fra cose incommensurabili. Il piccolo-borghese non è quello che si avvale dell’esperienza, ma quello per il quale tutto va commisurato al proprio piccolo mondo. Il centro di gravità è stabilito dal proprio ego.
Gramsci assimilava questa figura così dirompente alla letteratura da “sottoscala”. Athos dei Tre moschettieri, Montecristo, Achab, Cagliostro, avanti fino a Gunther von Hagens o alle tragicomiche figure realistiche di Cetto Laqualunque (giustiziere implacabile). Tutte figure eccedenti che sono l’ossatura della ragion pratica del piccolo “superuomo di massa”, a cui non sfuggono anche certi artisti d’oggi. Figure di Superman a cui tutto è concesso. Una concessione, beninteso, stabilita a priori dalla società di massa.
Infatti, cosa prediligono molti artisti oggi? La bruttezza, il grottesco, il deturpamento del corpo, la violenza gratuita, il ghigno al posto dell’espressione… Insomma, tutto un melodramma del peggio che è il corrispettivo di una retorica del repellente. Una forma di profilassi di massa alle bruttezze e allo squallore del capitalismo d’oggi. Siamo belli, geniali e dotati, dunque deturpiamoci.
Marcello Faletra
saggista e redattore di cyberzone
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #9
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