Da Vivarini a Tiepolo. A Venezia in mostra le nuove acquisizioni delle Gallerie dell’Accademia
Dieci opere acquistate per oltre un milione di euro sono protagoniste nella loggia palladiana appena restaurata del polo museale veneziano. Un viaggio in quattro secoli di storia dell’arte
Il patrimonio culturale delle Gallerie dell’Accademia a Venezia può vantare l’acquisizione di nuovi lavori. Le opere sono state comprate dallo Stato per oltre un milione di euro grazie ai fondi in dotazione alla Direzione Generale Archeologia Belle Arti e Paesaggio e alla Direzione Generale Musei 2021-23. E ora sono esposte in mostra nella loggia palladiana appena restaurata, prima di entrare a far parte del percorso permanente che comprende creazioni della pittura veneziana e veneta dalle sue origini all’Ottocento.
LE NUOVE ACQUISIZIONI DELLE GALLERIE DELL’ACCADEMIA
Tra i lavori acquistati, si segnalano tre tavole di Bartolomeo Vivarini (Venezia, 1430 circa – dopo il 1491), il Sansone e Dalila della pittrice veneziana Giulia Lama (Venezia, 1681 – 1747), il bellissimo foglio recto/verso di Giambattista Tiepolo (Venezia, 1696 – Madrid, 1770), che va a incrementare la collezione del Gabinetto Disegni e Stampe del Museo.
Inoltre, il museo è diventato proprietario della Coppia di amanti (La dichiarazione) di Bonifacio de’ Pitati (Verona, 1487 – Venezia, 1553), della tela di notevoli dimensioni con Cristo davanti a Caifa di Pietro Ricchi (Lucca, 1606 – Udine, 1675), di una Scena della vita di San Pietro Martire di Antonio Vivarini (Murano, 1418 circa – Venezia, tra il 1476 e il 1484), insieme alla tavola raffigurante San Benedetto (1440-1445 circa) di ardua valutazione – anche se l’intensità del volto del santo è di buona fattura – e di un’inedita e piccola tela di Francesco Fontebasso (Venezia, 1709 – 1769
GALLERIE DELL’ACCADEMIA. LE OPERE IN MOSTRA, DA VIVARINI A GIULIA LAMA
Significativo l’arrivo delle tre tavole di Bartolomeo Vivarini che configurano i Santi Giovanni Battista, Caterina d’Alessandria, Niccolò da Tolentino. In base a una recente ipotesi ricostruttiva, farebbero parte del registro superiore del Polittico di Sant’Ambrogio (1477) della scuola dei Tagliapietra, già nelle collezioni del museo, insieme ad altre due sezioni oggi negli Stati Uniti nei musei di Seattle e di Boston: grazie alla recente acquisizione oggi si possono osservare otto tavole su dieci. La mostra offre una prima e stimolante occasione di ricostruzione del polittico, con le nuove tavole affiancate dalle riproduzioni a grandezza naturale delle due americane; nella famiglia Vivarini, Bartolomeo si distinse per la sottolineatura degli elementi fisiognomici, e per i tratti continui e avvolgenti di barbe e capelli che sembrano rifarsi al primo Dürer.
Si passa poi al Settecento di Giulia Lama: in un secolo in cui prevale la pittura degli uomini, la pittrice veneziana, già presente nella collezione delle Gallerie dell’Accademia con il dipinto Giuditta e Oloferne, seppe distinguersi. Con l’acquisizione di Sansone e Dalila, tela datata 1725-1730 circa, l’osservatore può avere conferma del procedere creativo dell’artista che predilige la plasticità dei personaggi, i conflitti tra i protagonisti, i contrasti chiaroscurali, appropriandosi di stilemi seicenteschi già riproposti da Giambattista Piazzetta.
Lo sezione di Antonio Vivarini, ritraente una scena della vita di San Pietro Martire (1450 circa), faceva parte probabilmente di un polittico diviso, già confermato nella Basilica dei Santi Giovanni e Paolo. Il santo è raffigurato nella sua cella conversa con tre vergini e l’opera si fa apprezzare per la dinamica caratterizzazione del gruppo di figure, per la rigorosità dei personaggi, per il controllo dei gesti. E per la smaltata qualità cromatica della stesura pittorica.
GIAMBATTISTA TIEPOLO E LE TESTE DI FANTASIA
Bonifacio de’ Pitati detto Bonifacio Veronese conduce alle atmosfere del XVI secolo: la sua Coppia di amanti (La dichiarazione), risalente al 1527-1528 circa, rielabora il tema delle coppie amorose molto diffuso nel Rinascimento veneto. Si tratta tuttavia di un ambito meno conosciuto della sua vasta produzione, in cui l’artista si esprime mediante una diversa tonalità, suggerita dalle scene amorose di provenienza giorgionesca.
Nella tela Cristo davanti a Caifa di Pietro Ricchi, invece, sembrano evidenti i richiami a remote impostazioni caravaggesche, con il Salvatore rassegnato in un ambiente spoglio e buio.
Francesco Fontebasso è presente con il Matrimonio mistico di santa Caterina d’Alessandria e Estasi di santa Teresa d’Avila, databile tra il 1730 e il 1733: l’accostamento dei due soggetti potrebbe risalire alle precise richieste della committenza, affascinata dal comune misticismo dei due episodi.
Il percorso si chiude con lo studio (recto e verso) di Giambattista Tiepolo, datato 1750 circa. Sono le cosiddette “teste di fantasia”, un genere molto apprezzato nella Venezia del Settecento.
Fausto Politino
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