Intervista al collezionista Roberto Spada, nuovo membro della Fondazione CRT
Andare oltre le dinamiche di mercato, instaurando un dialogo aperto e condiviso con artisti, galleristi e curatori. Questo è il collezionismo per Roberto Spada, nuovo membro del board di Fondazione CRT
Nel nuovo board della Fondazione CRT – presieduto da Patrizia Sandretto Re Rebaudengo – siederanno anche Giuseppe Iannaccone e il collezionista di arte contemporanea Roberto Spada. Con base a Milano, è socio fondatore di Spada Partners, un’associazione professionale indipendente che opera nell’ambito della consulenza finanziaria, fiscale e societaria e si distingue, per una collezione di arte contemporanea integrata in modo organico in tutti gli ambienti e fruibile dalle persone dello studio e dai clienti.
L’approccio di Spada mostra il legame con una tradizione consolidata di collezionismo, fatta di passione e condivisione di percorsi con gli artisti, oltre che con gli operatori del sistema e del mercato dell’arte. Senza grandi accenti sul ritorno economico di un acquisto, quello di opere d’arte, che resta profondamente radicato in una disposizione naturale, personale, privata, che però guarda anche alla dimensione pubblica della condivisione. Lo abbiamo intervistato per farci raccontare di più.
L’intervista al collezionista Roberto Spada
Quando e come crede sia nata la sua passione per il collezionare?
Colleziono da circa vent’anni. Credo di dovere l’inizio della mia esperienza come collezionista a due cari amici: Claudia Gian Ferrari e Giuseppe Iannaccone. Grazie ai viaggi che abbiamo intrapreso insieme in India, Iran e Israele ho iniziato a sviluppare la mia passione per le culture extraeuropee. Mentre io partivo con la curiosità di immergermi nelle tradizioni e nelle peculiarità di questi luoghi, Giuseppe e Claudia erano alla ricerca di giovani artisti emergenti e nuove gallerie da scoprire. È stata una sinergia perfetta, che ha contribuito ad arricchire il mio interesse per l’arte e a spingermi ad ampliare la mia collezione.
Quante opere possiede attualmente?
All’incirca duecento.
La prima e l’ultima opera acquisita?
La prima opera che ho acquistato è stata Hombre Candela di Cristina Garcia Rodero, che ho avuto l’opportunità di vedere durante la Biennale di Venezia nel 2001, mentre l’ultima opera acquistata è di Johanna Maria Fritz. Otto fotografie della serie Taliban dell’ottobre 2021, dove i volti in primo piano, catturati a Kabul, raccontano l’uomo che si nasconde dietro il combattente.
Come scopre gli artisti che le piacciono?
Prima di tutto, non uso social, da cui mi sono disconnesso, fatta eccezione per Linkedin che continuo a usare per motivi professionali. Preferisco di gran lunga parlare con gli artisti, i galleristi, i molti amici curatori; osservare le opere dal vivo; visitare mostre, fiere, gallerie, biennali, viaggiare.
La collezione di Roberto Spada
C’è una linea predominante che accomuna le opere della sua collezione, un tema o una tecnica che le interessa particolarmente?
Sono profondamente interessato al corpo e alle diverse culture e il leitmotiv della mia collezione può essere riassunto nel concetto di Caos. Osservando poi la collezione mi sono reso conto che un altro aspetto che caratterizza la mia raccolta è la serialità. Ho un’opera di Davide Monaldi formata da 365 autoritratti che invadono una intera libreria a specchio. Uno di fianco all’altro, senza mai guardarsi, raccontano un anno di vita. O ancora Acqua/Melma di Maria Morganti costituita da 280 fotografie di Venezia che si trovano di fronte al suo studio. Lei ha fotografato nel 2013, tutti i giorni in cui è andata in studio, lo stesso tratto di fondamenta. Ora queste immagini sono allestite nel corridoio del mio ufficio. Mi piace, di Maria, il suo pensiero, la sua ripetitività anche maniacale. O ancora Index (2004-2011) di Domingo Milella: 30 immagini che raccontano la vita dell’artista dai 20 ai 30 anni.
Ci sono degli artisti che le paiono particolarmente rappresentativi della sua collezione?
Cerco sempre di acquistare opere che siano prima di tutto rappresentative dell’artista. Ci sono casi in cui, soprattutto se si tratta di artisti emergenti, posso permettermi più opere, come nel caso di Charles Avery, di cui ho otto lavori tutti molto rappresentativi, mentre nel caso di Shirin Neshat mi sono dovuto fermare ad un paio di opere. Ho un lavoro di Ibrahim Mahama, comprato quando ancora era uno sconosciuto; di recente ho acquistato un’opera di Jacopo Benassi, di Yael Bartana e Silvia Rosi, ma l’elenco potrebbe continuare a lungo.
Le relazioni e la condivisione tra collezionista e sistema dell’arte
Ha un budget prestabilito per le acquisizioni o decide in base a un innamoramento estemporaneo?
Non ho un budget prestabilito: acquisto quello che mi piace, dedicandomi in particolare alla giovane arte emergente italiana e internazionale.
Ha delle gallerie di riferimento, italiane e internazionali, che la aiutano nel suo collezionare?
No, non ho una galleria di riferimento in particolare. Posso dire che frequento volentieri Lia Rumma, Raffaella Cortese, Chiara Rusconi di A Palazzo, Francesca Guerrizio di Otto Zoo.
Compro dove trovo opere che mi appassionano. E che le gallerie siano italiane o internazionali per me non fa differenza.
E rispetto alle fiere? Quali sente più vicine al suo gusto?
Sì, compro anche alle fiere. E in particolare ad Artissima a Torino, Mia Photo Fair a Milano e poi, impegni professionali permettendo, anche all’estero, a Londra, Madrid o Basilea. Il prossimo anno mi piacerebbe andare a Marrakech per la fiera 1:54.
Ci sono persone di fiducia cui si rivolge per le acquisizioni?
Io compro per passione e istinto, amo essere circondato dalle opere che piacciono a me e scelgo sempre in modo indipendente. Ci sono poi però delle persone che mi sono vicine e che mi suggeriscono di guardare ad artisti o opere interessanti.
Collezionismo. L’opinione di Roberto Spada
Quale è la sua idea di collezionismo?
Amo la figura classica del collezionista che compra per passione, per sistemare alle pareti le opere e raccontare ciò che accade nel momento storico che si sta vivendo. Non sono interessato a fare l’affare o ad acquistare opere di artisti dai nomi altisonanti. Ovvio che se poi l’artista che ho acquistato, nel tempo, diventa famoso, ne sono felice.
Spada Partners è stato tra i sostenitori del Padiglione Italia alla 59. Biennale di Venezia, così come, con l’ufficio di Bologna, è stato parte del VIP program di Artefiera, per citare solo due dei suoi progetti più recenti. Cosa pensa del ruolo del collezionista nel sistema dell’arte?
Mi piacerebbe che il ruolo del collezionista nel sistema italiano fosse più simile a quello americano, dove i grandi collezionisti si impegnano per costruire una visibilità pubblica alle proprie collezioni e arricchiscono le istituzioni museali. In Italia la dimensione è diversa e questo forse è anche dovuto ad uno Stato che non incentiva i privati verso una forma di defiscalizzazione.
Ha mai collaborato con istituzioni e musei come collezionista?
Se le opere della collezione mi vengono chieste le presto volentieri, come nel caso del lavoro di Ibrahim Mahama, che è andato in una mostra a Napoli curata da Marco Scotini.
Una cosa che le piace del sistema dell’arte e una che vorrebbe funzionasse meglio?
Mi piace conoscere le persone e scoprire sempre artisti e opere nuove. Vorrei ci fosse maggiore collaborazione tra pubblico e privato e più fondi per la cultura.
Come immagina il futuro della sua collezione?
Un work in progress che racconti il nostro mondo.
Cristina Masturzo
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