A Napoli scoperto un affresco nascosto dietro un muro dell’Archivio di Stato
È parte di una cappella affrescata del ‘400 emersa durante i lavori di restauro nella sede dell'Archivio di Stato nel complesso benedettino dei Santi Severino e Sossio. Un edificio che continua a restituire sorprese
Il convento annesso alla chiesa dei Santi Severino e Sossio, oggi sede dell’Archivio di Stato di Napoli, rappresenta il cuore del complesso monastico benedettino tra i più grandi della città. È qui, nell’area di collegamento tra i due edifici, che è stata appena scoperta una piccola cappella completamente affrescata. Rimasta nascosta per secoli dietro un muro, è riemersa grazie ai recenti lavori di ristrutturazione, previsti nell’ambito del Grande Progetto Centro storico di Napoli – Valorizzazione dei siti Unesco.
La scoperta di un affresco di fine ‘400, inizio ‘500
Si tratta di un affresco di fine ‘400 o inizio ‘500, con una Deposizione in mezzo e due santi vescovi ai lati. “Al centro di questa gemma artistica si trova un affresco raffigurante il Cristo morto tra le braccia di Maria, ai lati, i santi benedettini Severino e Sossio, con pastorale e mitria, a testimonianza della ricchezza dell’iconografia religiosa che essa contiene”, spiega Candida Carrino, dal 2019 direttrice dell’Archivio di Stato che raccoglie documenti storici di tutti i tipi, dai regesti medioevali agli archivi notarili, giudiziari e commerciali. Un patrimonio immenso, collocato nell’ex monastero benedettino iniziato a edificare sin dal IX secolo e intitolato ai Santi Severino e Sossio, in una fuga di chiostri maestosi e di sale affrescate su ben 24mila metri quadrati.
Il restauro dell’Archivio di Stato nel grande progetto Unesco
Il centro storico di Napoli è iscritto nella lista del patrimonio mondiale Unesco dal 1995. Da anni è inserito in un piano di finanziamenti europei per la sua rigenerazione, con all’attivo 27 interventi di restauro. Uno di questi coinvolge proprio il complesso monumentale benedettino dei SS. Severino e Sossio, sede dell’Archivio di Stato di Napoli, che continua a svelare aspetti finora sconosciuti della storia del monumento. Dopo la scoperta degli affreschi di Belisario Corenzio sulle pareti della sala del Capitolo, ora è infatti il turno di questo vano, a probabile destinazione votiva. “È una scoperta straordinaria nell’ambito di questo restauro del Grande Progetto Unesco sostenuto dal Comune”, dichiara il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi. “Una scoperta che ci mostra uno spaccato della Napoli aragonese ed è anche una nuova gemma per i tanti turisti che frequentano la nostra città”.
La cappella votiva affrescata nascosta dietro un muro a Napoli
Il piccolo ambiente, nella zona adiacente al chiostro del Platano, risale agli interventi quattrocenteschi prima delle modifiche attuate nel secolo successivo per la realizzazione di una scala di collegamento, anch’essa rimessa in luce con i lavori Unesco, attraversata dai monaci per raggiungere la chiesa. E proprio l’idea progettuale elaborata dalla Soprintendenza Archeologia belle arti e paesaggio per il comune di Napoli di ripristinare questo collegamento, ostruito nel 1835 in occasione del trasferimento dell’Archivio negli spazi del convento, ha consentito di evidenziare sulla parete laterale della scala le tracce di un muro che rivelavano la presenza di una nicchia: un luogo di raccoglimento, interno alla vita dei monaci, murato in occasione della realizzazione della scala. L’ipotesi è che possa aver contenuto i resti mortali dei due santi ai quali la chiesa è intitolata.
Lo studio dell’affresco chiarirà molti punti oscuri del complesso
La scoperta è preziosa perché darà la possibilità di studiare approfonditamente l’affresco, i riferimenti iconografici, i simboli, permettendo di chiarire aspetti logistici del monastero, ma anche di allargare la conoscenza sugli orientamenti della cultura figurativa a Napoli tra la fine del Quattrocento e gli inizi del Cinquecento, con una testimonianza inedita e preservata dal muro che l’aveva negata. “Ora andrà affrontata l’appassionante fase della datazione e dell’individuazione dell’autore”, conclude Carrino. “Questa scoperta ci ricorda ancora una volta che il lavoro meticoloso e la perseveranza premiano sempre. E che il nostro Archivio, scrigno di splendide vestigia documentali e di opere d’arte, rappresenta un unicum per un pubblico sempre più ampio, anche sotto il profilo museale”.
Claudia Giraud
www.archiviodistatonapoli.it/
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati