L’ultima frontiera di Final Fantasy si ispira al Trono di Spade
Tra risposte e omissioni, il producer giapponese Naoki Yoshida ci racconta in questa intervista come uno dei videogiochi più popolari di sempre ha abbracciato l’high fantasy ed è stato ispirato dal Trono di Spade
Con Final Fantasy XVI di Square Enix torna, e torna al fantasy, la serie più popolare in Occidente tra quelle del genere detto JRPG, Japanese Role-Playing Games, cioè “(video) giochi di ruolo in stile giapponese”. Una tradizione che in realtà non è chiaramente distinta da quella dei videogiochi di ruolo occidentali, e che come questa proviene dal gioco di ruolo cartaceo, quei giochi da tavolo nati con Dungeons & Dragons, e dall’idea di rendere giocabile un romanzo (o un film o una serie TV) di ambientazione fantastica.
Le apocalissi di Final Fantasy
Gli episodi di Final Fantasy si sviluppano a volte in vere e proprie sottoserie (come quella nata a partire da Final Fantasy VII) ma sono anche totalmente indipendenti. Ciascun gioco ha i suoi personaggi, la sua ambientazione, il suo modo di essere giocato. Ogni Final Fantasy condivide con gli altri, però, un certo tono tipico della serie e alcuni rimandi: elementi che sembrano far parte di una qualche mitologia comune. Questi videogiochi raccontano di giovani uomini (più raramente di giovani donne) che combattono contro apocalissi insieme umane e soprannaturali, metafisiche. Prescelti che devono affrontare eventi che spesso sono contemporaneamente guerre mondiali e minacce di annichilimento dello spazio-tempo.
A partire almeno da Final Fantasy VI (1994) le “evocazioni” connettono queste due dimensioni: alcuni personaggi di Final Fantasy sono capaci di chiamare in aiuto creature soprannaturali, sempre più rilevanti anche a livello narrativo. Entità primordiali, dall’aspetto a volte bestiale, solitamente enormi, connesse agli elementi primi della magia (fuoco, ghiaccio, fulmine…). In Final Fantasy XVI il potere di queste creature, chiamate Eikon, può essere ereditato e sfruttato solo da alcune persone, i Dominanti, rispettati e temuti dalla popolazione dei vari regni di Valisthea, il mondo medievaleggiante in cui il gioco si svolge e che è minacciato e consumato da una misteriosa piaga che, almeno inizialmente, pare un’allegoria fantasy del cambiamento climatico. Era da Final Fantasy XII (2006) che la serie non tornava a un’ambientazione fantasy e medievale: a partire dal settimo episodio, del 1997, Final Fantasy ha spesso preferito mondi fantascientifici, o dove comunque la magia (sempre presente) incontra tecnologie avanzatissime.
Intervista a Naoki Yoshida su Final Fantasy XVI
Invece, in Final Fantasy XVI è esplicito un certo richiamo alle ambientazioni de Il Trono di Spade, la serie televisiva tratta da Le cronache del ghiaccio e del fuoco di George R. R. Martin. Il protagonista, Clive, è una specie di Jon Snow, pure accompagnato da un lupo. “In una fase molto iniziale dello sviluppo, quando la squadra era composta da non più di circa 30 persone, ho detto a tutti di guardare il cofanetto Blu-ray de Il Trono di Spade. All’epoca c’erano solo le prime quattro stagioni,“ ci racconta via email il producer del videogioco, Naoki Yoshida. “Volevo che Final Fantasy XVI avesse quel tono”. C’è, certo, l’influenza delle ormai classiche storie fantasy e fantastiche, di Tolkien e dei cicli arturiani, come quella del cinema e delle serie anche animate con mostri e robot giganti. Yoshida cita “Kamen Rider, Ultraman, Evangelion, Attack on Titan, Gundam, Godzilla.” Ma il producer ci spiega che hanno guardato soprattutto quale fosse il fantasy popolare oggi, quale appunto Il Trono di Spade, “una serie apprezzata da un pubblico globale non necessariamente appassionato di fantasy, caratterizzata da un linguaggio moderno e dal realismo di ambientazione e personaggi. Tutto quello che noi volevamo fare con Final Fantasy XVI: rendere l’high fantasy (il fantasy epico ambientato in mondi diversi dal nostro, ndR) accessibile al pubblico mainstream, presentando il fantasy nel modo più realistico possibile.”
Anche se la serie di Final Fantasy è nata con combattimenti a turni (derivanti appunto dalla tradizione di Dungeons & Dragons), negli anni si è avvicinata sempre di più al videogioco d’azione, “in tempo reale.” Final Fantasy XVI è un ulteriore passo in questa direzione, e infatti dietro al suo sistema di combattimento c’è Ryota Suzuki, che ha lavorato agli scontri forsennati di Devil May Cry 5 di Capcom. “Volevamo creare un videogioco più incentrato sull’azione e con una storia più matura”, ha scritto Yoshida. Secondo il producer, per avere “momenti di luce e speranza” era necessario creare contrasto con momenti più bui. “Il gioco è ambientato in un’epoca di guerra. Non volevamo nascondere la brutalità del conflitto, ma raccontare cosa battaglie e guerre volessero dire per chi le combatte o per chi ne resta travolto.”
Le incongruenze di Final Fantasy XVI
Questa direzione ci ha ricordato anche l’opera di Yasumi Matsuno, sviluppatore che ha collaborato a tanti videogiochi fantasy politici e maturi di Square Enix: Ogre Battle: The March of the Black Queen (1993), Tactics Ogre: Let Us Cling Together (1995), la sottoserie Final Fantasy Tactics (iniziata nel 1997). Proprio Tactics Ogre è stato citato da Yoshida, in un’intervista pubblicata su Variety, tra i suoi videogiochi preferiti, e il producer di Final Fantasy XVI ha collaborato con Matsuno per alcune espansioni del videogioco online Final Fantasy XIV. Insomma, il tono di Final Fantasy XVI ci pare in qualche modo pienamente coerente con un certo filone della serie e di Square Enix. “Molti membri della squadra hanno lavorato con Matsuno su diversi giochi, quindi abbiamo questa connessione e rispettiamo il suo lavoro” spiega Yoshida. Differenziazione del cast e attenzione ai personaggi femminili sono invece elementi che Final Fantasy XVI non ha ripreso dal fantasy più recente. Il ciclo di Earthsea di Ursula K. Le Guin inizia alla fine degli Anni ‘60, e il cast interamente bianco e prevalentemente maschile di Final Fantasy XVI sembra uscire quindi da romanzi di più di 50 anni fa. In un’intervista rilasciata alla testata specializzata IGN, Yoshida ha spiegato che l’omogeneità etnica del videogioco deriverebbe da quella che ci si aspetterebbe nell’Europa medievale. Eppure Final Fantasy XVI non è davvero ambientato nell’Europa medievale: ha aree chiaramente ispirate al Medio Oriente e all’architettura araba; oggi, inoltre, abbiamo una visione decisamente più complessa della composizione etnica del Medioevo. Forse è invece utile ricordare che alcuni sviluppatori chiave di Square Enix e di Final Fantasy, tra cui l’illustratore Yoshitaka Amano, sono vicini ai partiti conservatori e ai movimenti nazionalisti giapponesi. E l’uniformità etnica del Medioevo (non solo europeo) è negli ultimi anni tornata a essere un ingrediente fondamentale nella costruzione dell’identità (etno)nazionale da parte delle estreme destre di tutto il mondo.
Matteo Lupetti
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati