A New York è tempo di performance
In corso fino a oggi, 24 novembre, l’ottava edizione di Performa a New York, tra progetti commissionati e lavori già esistenti. Ecco il racconto di due performance.
Incontriamo Duke Riley a Soho House, New York, per approfondire le dinamiche del progetto a Red Hook Labs. L’opera è stata presentata da Non-Essential Consultants, Inc., una società cui Riley ha concesso in licenza il suo nome.
Lo sguardo di Mr. Riley è sfuggente, ma comunica più di quanto gli è possibile dire; insistiamo partendo proprio dal titolo del progetto: In the Darkest Hour I Am By Your Side. Si allude alle cimici da letto, ectoparassiti ematofagi. Le cimici si diffondono senza riguardo per la classe o lo stato sociale e la loro presenza è aumentata esponenzialmente dal 2016 in diverse città americane. Mr Riley ha lavorato spesso con la fauna urbana, come nell’ultimo progetto Fly by Night del 2016, dove ha coreografato il movimento di oltre 2000 piccioni che “dipingevano”, tramite dei led colorati attaccati alle loro zampette, il cielo di Brooklyn.
L’installazione a Red Hook consiste in una scultura vivente, un video a tre canali e una performance in cui l’artista vende proprietà parziale di Non-Essential Consultants. Questa sessione di offerta pubblica è condotta in maniera tradizionale, simulando il caos del mercato prima dell’avvento del digitale. La premessa del video, ma in fondo anche del nostro incontro, è sostanzialmente questa: “Su consiglio legale, tutti gli eventi rappresentati sono una drammatizzazione speculativa e non rappresentano eventi reali”.
Ecco cosa succede: nel primo canale del video un Mr. X entra in un hangar abbandonato dove prende una valigetta che contiene un sofisticatissimo diorama di una stanza di lusso di un hotel, in realtà un habitat in miniatura: le cimici da letto si muovono festose in piccoli canali trasparenti, zoom inquietanti consentono di vedere questo pullulare di vita. L’uomo estrae con un ago il suo sangue per alimentare le creature. Chiude la valigetta e se ne va.
L’uomo entra poi in una stanza di un hotel, che casualmente assomiglia al Trump Hotel a Washington – le immagini che si possono trovare su Internet sono piuttosto convincenti. Assembla un carrello utilizzato per riordinare le stanze e “sembra” inserirvi le cimici portate tramite la valigetta. Una donna delle pulizie entra, prende il carrello: nel terzo canale si vedono in maniera frammentata diversi momenti della diffusione delle cimici nelle stanze dell’hotel. Quando chiediamo: “Sei tu nel video Duke?”, Duke Riley risponde: “Non posso essere certo dei diversi approcci utilizzati dalla casa cinematografica. Con la tecnologia di oggi, con CGI e deepfakes, tutto è possibile. Non ho molta familiarità con tutto ciò che è accaduto”.
Il carrello usato nelle scene e la valigetta con le cimici sono presenti in mostra. Un sottilissimo vetro divide il pubblico da queste piccole apocalissi. Sottile tanto quanto il confine tra realtà e finzione.
ENTRE DEUX ACTES (MÉNAGE À QUATRE)
Ambientata in una casa del primo Novecento sulla Quinta Avenue, la performance si snoda a partire da un lavoro del 1947 della designer pionieristica modernista Janette Laverrière del 1947 intitolato Entre deux act — Loge de comédienne. Nairy Baghramian propone Entre deux actes II (Loge des comédiennes) nel 2009, un’installazione che riprendeva l’arredamento pensato dalla designer. Nel tempo la presenza femminile nel lavoro si aggiunge tramite l’inserimento della collezione personale di Polaroid erotiche di Carlo Mollino. Esposte in cornici progettate da Barghramian, le fotografie mostrano donne sensuali in un mondo fantastico: ecco che Entre deux actes II (Loge des comédiennes) diventa un “ménage à trois“. Per Performa 19 Maria Hassabi si unisce al trio attraverso le opere FIGURES, 2019 e TOGETHER, 2019 per dare vita a Entre Deux Actes (Ménage à Quatre).
Il freddo pungente accompagna i movimenti lenti di alcuni performer (FIGURES, 2019), sotto una luce anch’essa coreografata, che funziona a intermittenza. I performer accompagnano i visitatori nell’edificio svelando via via le opere di design funzionale di Baghramian – ideali copri passanti, le cornici per Mollino o vere e proprie installazioni come il boudoir – uno spogliatoio femminile.
Hassabi racconta: “Non volevo danzare attorno alle sculture di un artista visivo. La mia danza è scultura”. L’ultimo passaggio avviene in una sala da ballo, dove Hassabi e un giovane Botticelli di una grazia imbarazzante creano una coreografia estremamente voluttuosa e molle: si allontanano, addossano, sognano, cercano, respirano, conciliano, avvicinano, sfiorano, carezzano, proteggono, corteggiano, commuovono, specchiano, depongono, adagiano, si amano. Lo spazio domestico della casa si fa ancora più intimo sul riquadro ove i due accarezzano le più segrete fantasie davanti a spettatori immobili e immobilizzati.
‒ Chiara Ianeselli
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