Negli Stati Uniti bandiscono le Drag Queen. Tradendo la propria cultura
Sono decenni che l'Occidente si intrattiene (e cresce) con il travestitismo, la contestazione di genere e la confutazione del binarismo. Ma adesso la demagogia della politica repubblicana chiede un capro espiatorio
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Sono più di trenta, dall’inizio di quest’anno, le proposte di legge depositate in tutti gli Stati Uniti per bandire gli show delle Drag Queen, spesso nemmeno citate e nascoste sotto la dicitura di “spettacoli di cabaret per adulti”. La presunta motivazione degli esponenti del Partito Repubblicano scaturirebbe dal voler protegger i bambini da un modello di vita “non consono” ai valori americani. Stando al Grand Old Party, la sfida alle norme di genere convenzionali che da decenni nutre la cultura americana e le permette di mettersi in discussione uscendo da canoni soffocanti e mediocri sarebbe infatti deviata e “pruriginosa”, e per questo assimilata a cinema porno e strip club. Peccato che l’unico modello che le Drag Queen contestino sia quello veteropatriarcale delle nette divisioni dei ruoli e delle manifestazioni di genere, la negazione all’universo del maschile di tutte le emozioni che non siano la rabbia (meglio se armata) e quella, molto semplicemente, della noia. Insomma, esercitano la libertà di espressione.
L’ARTE COME INEVITABILMENTE QUEER
L’idea di una manifestazione di espressione artistica che non tocchi e non “irriti” il concetto attuale di genere è ridicola, oltre che inutile. L’arte, nel contestare le convenzioni, non può che essere queer. Alcuni direbbero che è il suo compito. Censurando così violentemente questa parte di libertà d’espressione, gli Stati Uniti finirebbero per cancellare le tracce della stessa cultura che ci permette di contestarla, ritrovandosi a troncare i legami delle basi dell’esperienza umana e creando pupazzi banali post-coloniali a cui vendere esperienze stereotipate. Alterando la stessa cultura, fin dai casi più ovvi come Victor/Victoria, il Rocky Horror Picture Show, Priscilla, Tootsie o anche solo Mrs. Doubtfire, si finirebbe per eliminare una parte considerevole di cinema, americano per giunta, fino a smantellare produzioni popolarissime del piccolo schermo come Rupaul’s Drag Race o Pose. E guardando a tutte le arti non sono forse dei Drag Show quelli al centro delle opere dell’apprezzato pittore inglese Leonard Rosoman? E i protagonisti di Come vi piace o La dodicesima notte di Shakespeare non sono forse travestiti, condizione che crea una fertile ambiguità su cui poggia l’intera trama delle opere. O ancora in Italia non sono forse poetici e necessari i corpi non conformi ritratti da Lisetta Carmi, o è meno ficcante la performance di Drusilla Foer a Sanremo 2022 quando scopriamo che questo non è il suo nome di battesimo? Viene da chiedersi se non siano forse gli occhi di chi guarda questi corpi quelli “pruriginosi”, occhi che cercano un capro espiatorio in assenza di idee e di prospettive proprio mentre il loro leader (qui sì, bambini, chiudete gli occhi) è a processo per molestie sessuali.
Giulia Giaume
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