Il Festival di arti performative in Brianza che si nutre di paesaggio. Intervista a Michele Losi
Teatro, musica, danza, poesia nei borghi e sui sentieri del Monte di Brianza. Da poco conclusa la XIX edizione del Giardino delle Esperidi, ne parliamo con il suo direttore artistico
Spettacoli site-specific, opere di performing art immerse nel paesaggio, eventi itineranti, concerti accessibili. Sono gli accadimenti che alimentano il Giardino delle Esperidi, Festival che da anni unisce alcuni Comuni dell’Alta Brianza attivandoli come un dispositivo al servizio della creazione contemporanea. Ne abbiamo parlato con il direttore artistico Michele Losi.
Intervista a Michele Losi sul Festival delle Esperidi
Come nasce questo festival, quale il suo concept?
Esperidi nasce dopo l’esperienza di Campsirago Teatro, come festival di teatro in spazi non teatrali, all’aperto, d’estate, in natura. Nasce come festival popolare e di ricerca, per poi nel tempo prendere maggiore consapevolezza delle proprie peculiarità, attraversando una fase fortemente multidisciplinare prima, per poi approdare alla sua attuale dimensione performativa e legata al teatro in natura in particolare. Il concept originale voleva riconnettere, attraverso un ritmo lento del cammino e la scoperta di luoghi poco contaminati e in via di spopolamento, il pubblico di cittadini alla propria terra, attraverso il medium dello spettacolo dal vivo. Questo concetto di rigenerazione a base culturale nei 18 anni di esperienza si è evoluto anche a partire da una presenza e relazione costante con i luoghi e le persone, grazie alla presenza continuativa di artisti nazionali e internazionali.
Quali sono le esperienze culturali del team dei curatori?
Il nucleo fondante viene dal corso biennale di formazione organizzato dal CSRT di Pontedera nel biennio 96/97, dal cinema di Tonino de Bernardi e Garrel, da studi storico filosofici presso l’università di Bologna e Torino, da studi musicali presso il conservatorio Giuseppe Verdi di Milano, dall’incontro con maestri come Sista Bramini, Santagata e dal continuo scambio con la generazione di coetanei dell’ambito del teatro di ricerca e sperimentazione italiano ed europeo. Centrale la realizzazione di produzioni internazionali, nella relazione con altre realtà teatrali europee e la continua contaminazione e apertura a linguaggi e artisti terzi.
Oltre 350 artisti hanno partecipato a Meeting the Odyssey, il progetto che ha visto circa 39mila spettatori in 25 località in tutta Europa. L’equipaggio internazionale, composto dal personale di navigazione e dal personale artistico, cambia ogni anno sia per facilitare gli scambi culturali che per consentire a tutte le nazionalità coinvolte nel progetto di prenderne parte. RADIUS è invece un’azione performativa tra arte, scienza e comunità che collega 14 partner in 11 Paesi europei, che sviluppano una metodologia per creare trasformazioni a livello locale, impiegando un principio di ricerca-azione partecipativa e una varietà di forme espressive: teatro, danza, musica, arti visive e mediali.
Il Festival, il paesaggio e il territorio
Peculiarità del contesto in cui agite: la Brianza, Lecco, il lago, i boschi, il parco naturale. Questo territorio contribuisce al formato particolare del Festival?
Il territorio ha modellato profondamente l’esperienza del festival, della residenza e del centro di produzione. Ha ispirato la poetica degli artisti che lavorano in residenza, nella relazione costante con il contemporaneo e con la sperimentazione. Ha permesso di formare un’identità peculiare e forte, oltre a una competenza specifica nella relazione tra attore/performer, pubblico e paesaggio. Diciamo che è diventato parte fondante della competenza specifica che ora ci contraddistingue.
Campsirago, sede di Esperidi, è una residenza: quali le attività che svolge durante l’anno, le relazioni con le istituzioni regionali e nazionali?
Campsirago Residenza è aperta tutto l’anno, come sede di festival, stagioni, formazioni, produzioni e ospitalità di artisti in residenza. È un soggetto finanziato dal MIC come compagnia di produzione nell’ambito della ricerca e della sperimentazione, è un teatro riconosciuto da Regione Lombardia, ha una convenzione in forma di PSPP (Partenariato Speciale Pubblico Privato) con il Comune di Colle Brianza, per una durata complessiva di 25 + 25 anni; è soggetto finanziato dall’unione europea nell’ambito del PNRR e di Creative Europe; è soggetto finanziato da Fondazione Cariplo.
Nel 2023 quali sono stati i criteri di progettazione del Festival?
Il centro sono i luoghi, la ricerca e la sperimentazione nel paesaggio (dalle cene comunitarie ai lavori più classici di teatro nel paesaggio, per arrivare alla danza urbana e alle performance di pura sperimentazione site-specific). Abbiamo dato in ogni caso spazio alla drammaturgia contemporanea (Timpano, Cenci, Dammacco, Ciaravino) e al teatro di ricerca rivolto all’infanzia (in particolare nell’opera di Fascendini).
Si sono formati in questi anni degli spettatori nei luoghi in cui il Festival interviene?
Assolutamente sì. Il pubblico è almeno per la metà iperlocale, e quindi legato ai paesi e ai territori su cui il festival insiste. Sicuramente poi esiste un pubblico affezionato cittadino, che viene prevalentemente dalle aree di Milano, Bergamo e Monza, nonché un pubblico nazionale di artisti e addetti ai lavori, che frequenta il festival per il suo taglio caratteristico e per le opere e le situazione che può trovare.
Valentina Valentini
www.ilgiardinodelleesperidifestival.it/
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