Cinema & teatro: cosa accadrà nei prossimi 10 anni. Soluzioni per il futuro
L’ibridazione di contenuti, stili e modalità di fruizione è probabilmente la strada più coerente per riconquistare l’interesse delle persone che frequentano sempre meno cinema e teatri. Uno sforzo d’immaginazione guardando al futuro del settore
Siamo soliti pensare dureranno per sempre. E probabilmente sarà così. Ciò che non è affatto detto, però, è che resteranno come sono oggi. È anzi molto probabile che il cinema e il teatro, nei prossimi dieci anni, saranno oggetto di tentativi di evoluzione, innovazione, che riguarderanno tanto la forma quanto le tecnologie, tanto i contenuti quanto le modalità di fruizione.
A parte qualche velleità dal vago retrogusto fantascientifico, a oggi non è dato sapere come si evolveranno questi settori, ma in un periodo di così grandi mutamenti immaginare che lo spettacolo rimanga del tutto impermeabile a ciò che sta accadendo e che con ogni probabilità accadrà nel corso dei prossimi due lustri è una visione alquanto irrealistica e pessimista.
“Il genere umano avrà sempre bisogno di storie. E avrà sempre bisogno di emozioni”.
Cinema e teatro. Lo stato dell’arte
Un tempo espressione e rappresentazione massima delle vicende umane, il teatro vive, ormai da anni, un periodo di lentissimo declino. Sale sempre più frequentemente vuote, abbonati all’odore di naftalina, cartelloni che cercano di strizzare l’occhio alla contemporaneità ma che non hanno il coraggio di abbandonare i vecchi e nuovi classici, e la quasi completamente assente funzione di incontro sociale, di identificazione culturale e territoriale.
Meraviglia della tecnologia e tra le forme espressive più potenti di tutto il XX secolo, compagna immancabile di serate tra amici e di primi baci, la sala cinematografica è oggi sempre meno attrattiva (pur rilevando il dato in controtendenza dell’estate italiana) e sempre meno vissuta, se non in casi di costume. Frequentemente espulsa dal centro città, la sala cinematografica ha trovato momentaneo territorio fertile nelle periferie e all’interno dei centri commerciali, grazie alla formula del multisala che permette a famiglie di poter scegliere il film del weekend tra una passeggiata da Zara e un’incursione da GameStop.
Ma non è ancora il canto del cigno. Il genere umano avrà sempre bisogno di storie. E avrà sempre bisogno di emozioni.
Oggi si cercano le storie nelle serie tv, e le rappresentazioni dell’umana natura nell’apparente naturalezza dei contenuti social. Al cinema si va per Barbie, o per altri grandi successi che bisogna assolutamente vedere. Al teatro ci si andrà quando saremo più grandi.
Non per tutti è così, chiaro. Ma le cifre e le sale evidenziano che, nei fatti, questi potenti strumenti dell’espressione umana attualmente non vivono il periodo di loro massimo splendore.
A chi si rivolgono cinema e teatro
Può darsi si tratti di un declino passeggero, uno di quei naturali cali della domanda che si osservano per qualsiasi tipologia di prodotto. Può darsi.
Così come può darsi che tale momento di calo possa essere, e forse questa è una possibilità un po’ meno nostalgica e più coerente con la realtà, un tendenziale allontanamento di queste tipologie di spettacolo dal proprio “mass-market” di riferimento.
Stando ai dati ANICA, nel 2007, in Italia, il cinema in sala aveva registrato un totale di circa 620 milioni di euro. In 15 anni, e quindi nel 2022, gli incassi registrati sono stati poco più 306 milioni. Il che significa che in 15 anni il mercato si è più che dimezzato.
Il teatro resta un consumo tendenzialmente per pochi: nel 2022 ha assistito a uno spettacolo teatrale poco più di una persona su 10. Un po’ poco per poter garantire che l’ultimo spettacolo visto rientri tra le conversazioni al bar davanti a un caffè.
Nel 2033, forse, avremo già assistito a incursioni di intelligenza artificiale e di realtà virtuale in questo ambito, ma per quanto possano essere delle novità poderose, difficilmente saranno state in grado di invertire la tendenza. Probabilmente, tali tecnologie potranno essere più efficaci nel teatro che nel cinema. Ma staremo a vedere.
Possibile anche un tentativo da parte dei social network, con una funzione di live-reaction cui dedicare uno schermo separato (sia nel caso del cinema che nel caso del teatro), per trasformare quindi ogni spettacolo in un evento che oggi potremmo definire instagrammabile, ma che nel 2033 verrà etichettato in altro modo.
Attraverso la grande diffusione delle tecnologie broadcast, saranno probabili anche accordi mediante i quali le persone potranno pagare un biglietto per vedere i film in programmazione, ma dal proprio televisore.
“L’assenza di tentativi di superamento delle attuali condizioni non porterà il cinema o il teatro nelle vite delle persone”
Il cinema e il teatro del futuro
La strada degli incentivi al consumo, nel 2033, sarà completamente eliminata, o del tutto modificata: incentivare le persone con un prezzo basso per vedere un film non in linea con le proprie aspettative avrà un effetto del tutto nullo in termini di incentivo ai consumi. Sul lato tariffario potrebbe essere invece utile la creazione di abbonamenti cinematografici cumulativi – con la possibilità di poter vedere tali contenuti anche sui propri device, sulla scorta di quanto è stato previsto per Netflix – in parte partecipati da fondi pubblici, ricavati dal gettito del Tax-Credit.
Più probabile ancora l’applicazione della logica omnichannel, e l’integrazione del consumo cinematografico o teatrale con altri servizi. La creazione di serate a tema, ad esempio, realizzate con il coinvolgimento di ristoratori, bar, locali notturni, in grado di trasformare una serata in una serata evento, anche sulla base delle caratteristiche del film o dello spettacolo promosso. Ancor più del cinema, il teatro potrebbe essere il centro di ibridazioni stilistiche e contenutistiche, con la programmazione di talk sullo stile Ted-x, o con momenti di confronto tra pubblica amministrazione e cittadinanza. Luoghi in cui ospitare “letture ad alta voce”, o “lezioni universitarie”.
Non è da escludere che una leva potrebbe essere rappresentata da “serie-teatrali”, o da “reality ospitati nel teatro”. Così come non sono da escludere interventi di tipo più tecnologico, come l’utilizzo degli ologrammi per proiettare, in tempo reale, il medesimo spettacolo in più sale e contemporaneamente. Una tecnologia di questo tipo, unita anche a degli investimenti in termini di impianti audio, permetterebbe di ospitare concerti di artisti in città distanti da quelle previste dal tour programmato. Già in uso, i teatri potranno poi ospitare trasmissioni televisive, o video-podcast.
I tradizionalisti potrebbero continuare a frequentare sale che propongono esperienze meno meticce: coloro che vanno al cinema tutte le settimane, è probabile che non apprezzino la “serata a tema”, ma che vogliano soltanto vedere un bel film. Coloro che vanno a teatro con regolarità si annoierebbero forse a uno spettacolo di ologrammi.
Uno sforzo di immaginazione necessario
Immaginare le traiettorie dei prossimi dieci anni per questi due settori è uno sforzo d’immaginazione, più che una valutazione tecnica. Uno sforzo di immaginazione però necessario, perché la valutazione tecnica racconta un dato inequivocabile: si va meno a cinema e a teatro di quanto si facesse in passato.
L’ibridazione di contenuti, stili e modalità di fruizione è probabilmente la strada più coerente per riconquistare l’interesse di persone che ad oggi, non sono interessate a queste forme di spettacolo. Ciò che manca, in questo momento, è uno sforzo volto a identificare queste linee di ibridazione: si pensa a fare film, perché economicamente e finanziariamente oggi è sicuramente conveniente; si pensa a creare spettacoli, cercando di assecondare un pubblico attuale molto volatile, piuttosto che preparare il pubblico di domani, o prepararsi al pubblico di domani.
È possibile che nessuna di queste previsioni si verifichi. Così come è possibile si tratti di servizi destinati a fallire. Sicuramente, però, l’assenza di tentativi di superamento delle attuali condizioni non porterà il cinema o il teatro nelle vite delle persone.
Stefano Monti
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