Steirischer Herbst: il festival di arte, musica e teatro-danza in Austria. Il report
Nato nel 1968 nella regione austriaca della Stiria, è uno dei più longevi festival europei di arti visive e performative. Nuovo mandato di altri 5 anni per la direttrice russa Ekaterina Degot per il format narrativo
L’autunno stiriano si è ufficialmente aperto lo scorso fine settimana in un clima schizofrenico, fatto di squarci improvvisi di sole e di altrettanto repentine piogge: quattro giorni di esibizioni, performance, talk d’artista e mostre hanno segnato l’opening della cinquantaseiesima edizione dello Steirischer Herbst, il festival internazionale di arte contemporanea che, dal 1968, si svolge ogni anno nei mesi di settembre e ottobre nella regione della Stiria a Graz, la seconda città più popolosa dell’Austria dopo Vienna, per presentare produzioni originali di arte, musica e teatro-danza. Fino al 15 ottobre la cittadina austriaca è disseminata di opere ed esibizioni, soprattutto di artisti dell’area dell’Europa orientale, con un unico italiano, Giacomo Veronesi, da tempo in Estonia come insegnante all’Accademia di Musica e Teatro Tallinn.
Steirischer Herbst. Il secondo mandato da direttrice di Ekaterina Degot
“Ci sono molte contraddizioni e molte storie in questo festival dal format narrativo”, ha dichiarato in apertura la sua direttrice Ekaterina Degot, che ha dato nuova voce e nuovo significato a uno dei più longevi festival europei dedicati alle arti visive e performative: la curatrice e giornalista originaria di Mosca – la prima direttrice, nella storia del festival, non di lingua tedesca – è quest’anno all’inizio del suo secondo mandato di ulteriori cinque anni, dopo i primi cinque dedicati a creare un programma centrale distribuito in più sedi in misura molto maggiore rispetto al suo predecessore, Veronica Kaup-Hasler, che aveva lasciato il segno nel festival durante i suoi dodici anni come direttrice artistica. E così succede anche in questa edizione, dal titolo Humans and Demons, “un po’ polemico e al tempo stesso ironico perché parla di identità e delle sue zone grigie”, che Graz diventi un palcoscenico diffuso per tutta la città, a raccontarne la storia e il passato di terra molto amata dai nazisti austriaci per la piacevolezza della regione, con i suoi vini, dolci artigianali e altre prelibatezze.
Steirischer Herbst. Le performance delle giornate inaugurali
Un festival concepito come un forum per l’arte pubblica, con aspirazioni attiviste e sociopolitiche, ben sintetizzate dallo speech di inaugurazione della stessa direttrice, in cui si è interrogata sul ruolo dell’arte attuale sulle alture di Graz, dove si trova la Torre dell’Orologio dello Schlossberg, dalle antiche origini belliche e luogo simbolo di questa cittadina, dal 1999 patrimonio Unesco, in cui spuntano architetture contemporanee di vetro e plexiglass come la Kunsthaus Graz. “La cultura contemporanea del “mondo libero” a volte proclama blandi cliché progressisti, seguendo la via ‘angelica’”, ha detto Degot. “L’arte nelle dittature, come nella Russia contemporanea, spesso si limita a godersi il pragmatico e il depoliticizzato – secondo Kundera e Eagleton, il “demoniaco”. In entrambi i casi, la cultura è un adattarsi, un sostenere, un passare dalla parte di chi crea le regole”. Al discorso è seguita la performance Agoraphobia dell’artista di Monaco Lulu Obermayer prodotta in collaborazione con l’Opera di Graz, che ha lavorato per la prima volta con cantanti maschi davanti a una scultura demoniaca del passato, in un mix di lirica e punk.
I concerti e le quattro mostre del festival Steirischer Herbst
L’altra performance significativa di questo weekend inaugurale è stata quella dell’artista slovena Mateja Bučar che ha fatto una riflessione sul passato nazista di Graz: il suo intervento coreografico sulla via più commerciale della città, fermando temporaneamente il traffico con una linea di corpi umani, è stato un modo per collegare gli ingressi di tutti gli edifici da cui, durante la Seconda Guerra Mondiale, erano stati rimossi i negozi ebrei. E poi, l’ultima performance dell’unico artista italiano presente al festival, Giacomo Veronesi, conclusasi in una Border EUphoria dalle sonorità techno: la consegna all’ingresso di un passaporto alieno invitava il pubblico a entrare in contatto con gli stati indefiniti della cittadinanza e a conoscere le dinamiche di alcune residenti a Narva, al confine tra Estonia e Russia: alcune di loro avevano sperimentato la zona grigia dei diritti dopo la fine dell’Unione Sovietica. Tra i concerti, molto evocativo quello dell’artista e musicista ucraino Anton Kats che con il suo basso elettrico ha trasformato i ritmi del funky, solitamente gioiosi, in un set di suoni malinconici nel progetto ILYICH. Forse a presagire la fine imminente della location, un ex call center di una compagnia telefonica in una zona residenziale, universitaria e verde della città, destinata alla demolizione. Questo luogo abbandonato sulle colline era anche la sede di una delle quattro mostre diffuse a Graz: trasformato in una fantomatica Demon Radio, ospitava la ricostruzione dello studio radiofonico del Dr. Jazz, prototipo della figura ambivalente del potere: un nazista appassionato di jazz, musica nera che il partito osteggiava. Anche le altre mostre collettive (Villa Perpetuum Mobile in un’istituzione culturale, Church of Ruined Modernity in un monastero barocco vicino al fiume e Submarine Frieda in un ex supermercato in periferia) avevano sede in luoghi per certi versi insoliti e ruotavano attorno a protagonisti semi-immaginari legati alla storia di Graz, dove gli artisti riflettevano sulle questioni sollevate da queste figure e dalle loro storie: per affrontare non solo il passato di Graz, ma anche il suo presente in chiave ironica e dissacratoria.
Claudia Giraud
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