Il successo del ROBOT Festival Bologna 2023. Tra musica elettronica, performance e visual
La quattordicesima edizione da poco conclusa a Bologna, conferma il ROBOT uno dei festival di musica elettronica internazionali più importanti in Italia. Tra spazi post-industriali, teatri, palazzi, oratori e centri sociali
Tra il 12 e il 14 ottobre del 2023 non si è svolto solo un festival, ma tre giorni di pura ritualità improduttiva. Una moltitudine che contava più di 7300 persone dall’Italia e dall’Europa si è riversata, danzando, negli spazi che hanno ospitato questa edizione del festival: DumBO, TPO, Palazzo Re Enzo, Teatro San Leonardo e Oratorio San Filippo Neri. Il programma del ROBOT, con la direzione artistica di Marco Ligurgo, ha viaggiato lungo una linea di ricerca che ha saputo intrecciare alcune delle proposte più interessanti del panorama nazionale e internazionale, tra novità e nomi storici. Un programma ricco di sfumature e dalle molteplici intersezioni tra suono, performance e visualità.
Cinque sedi del Festival con diverse esibizioni in simultanea
L’evento si è sviluppato in più luoghi con diverse esibizioni in simultanea, ragion per cui – non avendo il dono dell’ubiquità – si doveva scegliere quali esperienze vivere e in quali perdersi. Più che uno schema selettivo, però, abbiamo deciso di lasciarci trasportare dal flusso sonoro, dunque qui opteremo per una breve navigazione psico-sonografica degli artisti che abbiamo incontrato e ci hanno colpito (la lista completa invece la trovate qui). Jeff Mills: una leggenda della techno che per diverse ore ha zittito ogni forma di bradicinesia creando un miracolo di tec(h)nomagia, investendo il pubblico in un tarantismo post-tecnologico e lenitivo. Amnesia Scanner: duo finlandese che ha dato in pasto il suo trip al DumBO, con le sue sonorità decostruite, come provenienti da un inconscio tecnologico manifesto all’orecchio; il tutto ibridato a un videoscape cangiante, acido e stroboscopico. Corin: la dj, producer e performer australiana dalle sonorità IDM, EBM e trance, ha debuttato con il suo progetto Lux Aeterna, portando un live audio-video in cui è riuscita a trasformare la sala in uno spazio cosmico e post-umano.
Il live difficile di Vipra Sativa e la performance audiovisiva di Settima Estinzione
Alieno e virulento l’artista romano di fama internazionale Vipra Sativa, con un live difficile da incastonare: siamo su una giostra di luci e suoni, temporizzata da parole e colpi la cui ripetizione metodica sembra concettuale; la vista, il tempo, l’ascolto e i movimenti meccanici dell’artista sembrano scandire un ciclo vitale che lotta tra il ritmo cronobiologico e quello della tecnologia e del capitalismo. Presenturo è forse questo limbo in cui siamo rimasti incastrati e al tempo stesso sospesi durante la sua performance. Ipnotici e trascendentali invece i Settima Estinzione, corposo collettivo che ha messo in scena una performance audiovisiva tra elettronica, folk, post-rock, jazz e altre sonorità. Una vera e propria opera che narra della nostra evoluzione, della crisi ambientale e della possibile estinzione: quello che scaturisce è però una catastrofe lenta e dolce, come se i Settima Estinzione rivelassero una speranza nascosta, a patto però di agire al più presto. Nel finale, la temporalità s’inverte e inizia a correre. I suoni si fanno più forti, in video appare un’ellisse verticale che s’irradia verso un centro che è un buco nero, forse la nostra autodistruttiva cecità etica. A questa cecità forse irrisolvibile, nel frattempo, troviamo i nostri dispositivi di salvezza personali, in questo caso in quella che Enrico Petrilli – firmando il manifesto del ROBOT 14 – ha definito come dissidanza: we dance together, we become other.
Christian Nirvana Damato
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati