È morto Steve Paxton, maestro della danza contemporanea
Creatore della Contact Improvisation, il danzatore e coreografo statunitense è stato uno dei protagonisti della post-moderne dance, capace di trasformare in arte anche movimenti e oggetti della quotidianità
Si è spento nella notte fra il 20 e il 21 febbraio, a 85 anni compiuti da un mese, Steve Paxton, figura imprescindibile della storia della danza della seconda metà del secolo scorso, come ben sintetizzava la motivazione che, nel 2014, giustificò l’assegnazione al coreografo e danzatore statunitense del Leone d’oro alla Biennale Danza di Venezia: “Col suo procedere ha aperto ‘silenziosamente’ strade innovative a una ricerca che è sconfinata in tutte le arti. Il continuo reimparare e frequentare la semplicità del gesto, mai quotidiano ma comune, ci ha mostrato come l’uomo possa ampliare la sua percezione sul mondo”.
Chi era Steve Paxton
Nato a Phoenix, Arizona, nel 1939, si forma seguendo, al Connecticut College, le lezioni di José Limón e Merce Cunningham. A vent’anni si trasferisce a New York, dove inizia la propria carriera di danzatore professionista prima nella José Limón Dance Company e, successivamente, nella compagine di Cunningham. Negli stessi anni frequenta il corso di composizione di Robert Dunn ed è fra i fondatori del Judson Dance Theater, mitico collettivo considerato culla della post-modern dance. Paxton dà, così, avvio a un originale percorso di ricerca mirato a ripensare convenzioni ed estetica della danza del tempo ricorrendo alle modalità compositive dell’improvvisazione e della causalità. Influenzato anche dalla pratica di artisti visivi come Robert Morris e Robert Rauschenberg e convinto delle potenzialità artistiche ed estetiche anche di semplici azioni quotidiane, Paxton introduce nelle proprie performance gesti apparentemente poco significativi e ordinari. Esempi sono mangiare una pera e bere un bicchiere d’acqua in Proxy (1961) o sorridere per cinque minuti in Smiling (1969). Non solo azioni quotidiane però, il coreografo-danzatore introduce nei propri lavori anche oggetti comuni ovvero stravaganti – come una poltrona ricoperta di glassa gialla – e persino animali. Il particolare clima politico-sociale della fine degli anni Sessanta spinge, poi, Saxton a realizzare performance apertamente schierate contro l’intervento in Vietnam e volte a denunciare l’atrocità della guerra. Sempre nel 1969 arriva in Italia presso la galleria L’Attico di Roma e grazie a Fabio Sargentini, tra i protagonisti del mitologico Festival Danza Volo Dinamite!
Gli anni ‘70 di Paxton
Nel 1970, insieme ad alcuni coreografi-danzatori del Judson Dance Theater – quale Yvonne Rainer – e a danzatori della Merce Cunningham Dance Company, fonda un nuovo collettivo, altrettanto “mitico”, la Grand Union. In quel decennio Paxton elabora il sistema di movimento cui deve molta della sua celebrità, ovvero la Contact Improvisation, basata sulla comunicazione attraverso il contatto fisico e in sintonia con le leggi fisiche che regolano la gravità e l’inerzia. Un sistema fondato anche sulla fiducia reciproca fra danzatori e che è ben esemplificato da spettacoli quali You Come, We’ll Show You What We Do (1975) e Free Lance Dance (1978). Negli ultimi due decenni del Novecento, Paxton si dedica anche all’insegnamento e prosegue l’attività di coreografo realizzando lavori entrati nella storia recente della danza, quali le Goldberg Variations (1986-1991) e Temporary I, II, III (1982), creato con Simone Forti. Nel nuovo millennio Paxton continua la propria ricerca artistica e coltiva la propria vocazione di formatore, viaggiando in tutti continenti e ricevendo numerosi riconoscimenti.
Il lascito di Steve Paxton
Yvonne Rainer, collega e amica di una vita, sostiene – scherzando ma non troppo – che lei ha inventato la corsa e Paxton la camminata, poiché molti dei primi lavori del coreografo statunitense – il succitato Proxy, ma anche Transit del 1962, English del 1963 a Satisfyin’ Lover del 1967 – resero fondamentale l’atto di camminare. Azioni e oggetti quotidiani, ma anche denuncia sociale e attivo coinvolgimento del pubblico: Paxton è stato un instancabile sperimentatore, autore di lavori che hanno aperto nuove strade nel vasto territorio della danza contemporanea, diventando imprescindibili per chiunque voglia dedicarsi a quest’arte, raffinata eppure umanissima.
Laura Bevione
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