Perturbante, chiaroscurale e astratto: il Macbeth di Jacopo Gassmann a Bologna
Il più giovane dei figli di Vittorio Gassman, oramai affermato regista nel teatro di prosa, con una predilezione per la drammaturgia britannica, debutta nella lirica, dirigendo con mano salda un convincente Macbeth al Teatro Comunale di Bologna
La Fondazione Teatro Comunale di Bologna propone, nei suoi più recenti spazi del Comunale Nouveau, il Macbeth di Giuseppe Verdi, andato in scena fino al 18 aprile 2024. Un titolo senz’altro presente nel panorama lirico attuale, con alcuni ruoli considerati particolarmente complicati sia da un punto di vista vocale che attoriale anche dai grandissimi del nostro tempo (uno su tutti, quello della Lady). Sul podio c’è il Maestro Daniel Oren che non può non essere citato se non per la grande passione che traspare nella sua direzione: chiara, precisa, emotivamente coinvolta e coinvolgente. Gli risponde l’attenta orchestra del Comunale e una compagine di cantanti che propone uno spettacolo sottile ed evocativo, dove i brutali omicidi vengono commessi al di fuori del palcoscenico e la narrazione fa perno sulla tensione interpersonale e intergruppale, in linea con il desiderio del regista Jacopo Gassmann: “La violenza celata è quella più dura, e l’opera vuole dare un segno allusivo ad immagini che lo spettatore deve poi concludere dentro di sé”.
Com’è lo spettacolo “Macbeth” di Verdi/Gassman
Alla sua prima esperienza da regista d’opera, Gassmann offre allo spettatore l’opportunità di riflettere sull’evoluzione psicologica dei personaggi di Macbeth e di Lady Macbeth in un gioco di presenza scenica che bilancia vicendevolmente l’insicurezza dei coniugi in linea con le richieste musicali dello spartito. Ekaterina Semenchuk presenta la protagonista femminile in tutta la sua brama arrogante con movenze fluide e decise sulle scene minimal di Gregorio Zurla, oltre che con una voce che è sempre chiaramente distinguibile nella sua duttilità quando è in scena, come a voler sottolineare il suo ruolo nel compiersi della sanguinosa profezia. Il compagno Macbeth (interpretato dal baritono Roman Burdenko) dispiega la voce al maturare del suo personaggio nel corso dell’opera e bene incarna la fragilità del personaggio, per esempio con dei pianissimi molto toccanti che lo connettono alla platea. Riccardo Fassi fa bene ma forse manca un po’ di energia col suo Banco, così come Antonio Poli (Macduff) nel registro centrale, nonostante i buoni acuti. Completano il gruppo di solisti Anna Cimmarrusti (Dama), Marco Miglietta (Malcolm), Kwangsik Park (Medico), Gabriele Ribis (Domestico/Sicario/Araldo). Il coro è molto compatto in scena e tendenzialmente uniforme nei costumi di Gianluca Sbicca; rispetta lo spartito sotto la direzione di Gea Garatti Ansini ma non colpisce con Patria oppressa, per la quale gli applausi si fanno attendere per diversi secondi.
La regia di Jacopo Gassman
Lo spettacolo riceve il favore del pubblico in sala e corona il sogno di Jacopo Gassmann di cimentarsi con la regia d’opera. Dopo anni nella prosa, Gassmann porta al Comunale Nouveau le sue linee e i suoi spazi, ma anche la sua passione per la sperimentazione e la contaminazione artistica. Evocativi sono infatti i suoi riferimenti ad Abramović, Pistoletto e Caravaggio, tra gli altri, in un prodotto teatrale che riporta forme spaziali contemporanee e pulite, oltre che rimandi alla sensibilità odierna. Il focus è posto chiaramente sui processi mentali dei due protagonisti e sulla condizione di debolezza umana rispetto alla tentazione, alla brama e all’interazione sociale. L’esperienza di Marco Grassivaro ai video, di Gianni Staropoli alle luci e di Marco Angelilli ai movimenti aiuta a evocare i processi interiori dei personaggi e a stimolare il pensiero di chi osserva, dando l’occasione di attualizzare quest’opera e di trovare dei punti in comune con scenari a cui lo spettatore è esposto quotidianamente.
Gassmann, quindi, vince la scommessa con la lirica e guarda ora ad altro Verdi, a Wagner e confessa il sogno di dirigere Moses und Aron di Schönberg, oltre alla volontà di prendere le redini di un teatro stabile come direttore artistico, dove il suo primo pensiero sarebbero i giovani. “I ragazzi hanno voglia di andare a teatro per sentire qualcosa che li riguarda, testi che raccontano il sentimento del nostro tempo” dice, e si sofferma sul desiderio di supportare lo sviluppo dei giovani talenti del teatro nel segno della creazione di opportunità e della sperimentazione. La stessa sperimentazione che vediamo in questo Macbeth, i cui artisti speriamo di accogliere ancora presto a Bologna, magari accompagnati dal suono più morbido dello storico Teatro Comunale.
Andrea Stegani
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati