Federico Tiezzi. Un regista-artista fra teatro e arti visive
Da una Fedra carismatica e irrazionale, a un evento espositivo che ripropone le Vite di Vasari sotto forma di videoarte. Sono due delle “ultime fatiche” di questo uomo visionario
Poche settimane fa il debutto della sua nuova regia, Fedra di Racine, mentre a Pistoia è allestita la sua mostra Revox e a Firenze sta per essere inaugurato il suo nuovo progetto di videoarte, La Belva nella jungla. Si parla di Federico Tiezzi: noto ai più come raffinato e nondimeno visionario uomo di teatro, protagonista dell’avanguardia italiana degli Anni ’70 con la sua “storica” compagnia Magazzini Criminali e, da sempre, curioso esploratore delle possibili strade espressive del medium scenico.
Un regista sospeso fra autori contemporanei e classici, questi ultimi letti in chiave tanto rigorosa quanto originale, come testimonia il suo ultimo spettacolo, Fedra, prodotto da ERT e andato in scena lo scorso aprile a Cesena e a Modena (in tournée la prossima stagione in giro per l’Italia).
Un metteur en scéne che concepisce il palcoscenico quale tavolozza tridimensionale, guidato da una vocazione pittorico-visiva che, non a caso, si realizza anche fuori dal teatro, come testimoniano le sue due mostre citate: Revox, al Museo del Novecento e del Contemporaneo di Pistoia e La belva nella giungla, da poco inaugurata a Firenze. Entrambe le esposizioni mostrano i frutti dell’inedito lavoro compiuto da Tiezzi combinando tecnologia, corpo attoriale, fotografia, luce, immagine cinetica e parola recitata, creando qualcosa che, come spiega lo stesso autore, “non è teatro, non è cinema, non è pittura: siamo nel luogo geometrico dell’incontro tra questi tre linguaggi”.
“Fedra” di Racine con la regia di Federico Tiezzi
Uno spettacolo tanto formalmente preciso ed elegante quanto passionalmente viscerale: una sintesi dalla parvenza ossimorica ma, in realtà, una definizione che compendia la concezione dell’arte teatrale di Federico Tiezzi che, qui, sceglie la versione senza dubbio più ardua del mito di Fedra – quella di Racine, i cui versi, tanto intensi e agili nell’originale, rischiano la retorica pomposità in traduzione italiana. Su un palcoscenico contraddistinto dall’oscurità, compaiono antiche erme, sontuosi lampadari di cristallo, una tela barocca, barre luminose, accanto a essenziali arredi neri – la scenografia è dello stesso Tiezzi con Franco Raggi e Gregorio Zurla. Un paesaggio scenico buio e simbolico, la cui raffinata formalità è, solo in apparenza paradossalmente, correlativo oggettivo delle esiziali passioni che agitano i personaggi, in primo luogo la protagonista. Il desiderio incestuoso, l’amore irrazionale che tormenta Fedra – interpretata dall’elegantissima e carismatica Elena Ghiaurov – incapricciata del figliastro Ippolito, è sintomo di un limite – psicologico prima ancora che morale – oltrepassato; è macchia che oscura la ragione. La regia, nondimeno, aggira il potenziale didascalismo insito nella tragedia raciniana, concentrandosi, invece, nel ritratto, tanto rigoroso quanto empatico, di anime incapaci di fronteggiare il proprio lato oscuro ma, anzi, voluttuosamente e consapevolmente vinti da esso.
La mostra “Revox” a Pistoia
Nel corso dei creativamente irresistibili Anni ’70 Federico Tiezzi collaborò con artisti quali Alighiero Boetti, Mario Schifano e Giulio Paolini, ai quali dedicò nel 1986 una serie di video-ritratti, presentati per la prima e unica volta nell’estate di quello stesso anno nei giardini di Villa Medici a Roma. Erano i Ritratti di fine millennio. Mosaici elettronici byzantiny della pittura, ora di nuovo esposti nell’ambito di Revox di Federico Tiezzi. Dai Ritratti di fine millennio (1986) a Vasari. Le Vite (2021-2023), una mostra curata da Giovanni Agosti, promossa e realizzata dal Comune di Pistoia, Musei Civici, Museo del Novecento e del Contemporaneo di Palazzo Fabroni, in collaborazione con la Compagnia Lombardi-Tiezzi; un progetto che è stato vincitore del PAC2021 – Piano per l’Arte Contemporanea, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura. L’allestimento espositivo comprende due suite di opere del regista-artista che testimoniano il percorso creativo da lui compiuto in quasi trent’anni nel terreno della videoarte, benché la passione per l’immagine video-cinematografica lo accompagni da sempre… Se la prima suite è dedicata ad artisti contemporanei, la seconda è una personalissima rivisitazione delle celebri Vite del Vasari: video-ritratti di pittori quali Pontormo, il Sodoma, Paolo Uccello, Buffalmacco e lo stesso Vasari, incarnati da attori-collaboratori di Tiezzi quali Sandro Lombardi e Massimo Verdastro, e accompagnati dalla riscrittura del testo rinascimentale realizzata dal drammaturgo Fabrizio Sinisi. Una immaginifica mistura di video, arte, drammaturgia che, a ben vedere, non è che il frutto di una diversa e inedita combinazione dei quei medesimi ingredienti che compongono le messinscene teatrali di Tiezzi: visioni, oggetti pregnanti, parole e corpi.
La mostra “La belva nella giungla” a Firenze di Federico Tiezzi
Il primo piano del Museo Novecento di Firenze ospita la nuova opera video di Federico Tiezzi, La belva nella jungla, ispirata all’omonimo racconto di Henry James – tradotto e drammatizzato da Sandro Lombardi – e primo capitolo del progetto The pale blue dot, il cui titolo corrisponde al nome di una celebre fotografia scattata nel 1990 dalla sonda Voyager 1, a sei miliardi di chilometri di distanza, oltre l’orbita di Nettuno. E, d’altronde, rivela Tiezzi: “Ho immaginato di narrare il racconto di Henry James come una delle ‘tante storie umane’ che si svolgono dentro quel pallido punto blu perso nello spazio: il bagliore di una struttura umana che prima s’intercetta e poi si polverizza, come un segnale che s’aggancia e si perde nello spazio”. I protagonisti del racconto, John e May, sono incarnati da Graziano Piazza e Anna Della Rosa, attori filmati da Tiezzi nello stesso momento, così da poter “registrare la contemporaneità delle reazioni reciproche e trattare i volti degli attori come fossero un paesaggio, lo spazio imprevedibile e selvaggio di un altare dei morti, di un rito…”. Il risultato è un’opera di videoarte di singolare ed evocativa suggestione.
Laura Bevione
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