Joe Wright presenta a Venezia “M. Il figlio del secolo”, la serie che racconta Mussolini
La serie, tratta dall’omonimo capolavoro, Premio Strega nel 2019, di Antonio Scurati, con protagonista Luca Marinelli, è diretta dal regista Joe Wright e arriverà su Sky ad inizio 2025
M. Il figlio del secolo sta alla serialità come Il Padrino sta al cinema, mitizzando il male lo decostruisce, rendendolo biecamente umano, orrendamente reale, irrimediabilmente attraente. Forse per questo una parte di pubblico inorridirà nel vedere la genesi del mito di Mussolini (“La democrazia è bellissima, dà un sacco di libertà… anche di distruggerla”), ma un’altra parte ne sarà affascinata (“Seguitemi! Anche voi mi amerete, anche voi diventerete fascisti“).
E se con Il Padrino, erano i mafiosi a compiacersi, con M. saranno i redivivi fascisti estremisti e populisti, asserviti ai “poteri forti”, a bearsi della magnificenza della serie, compiendo un colossale cherry picking nella parabola di Mussolini: “Quelli come me non li capite. Ci vedete come pagliacci, bugiardi, buffoni, scandalosi. Può darsi, ma è irrilevante. Noi siamo il nuovo. Ogni epoca ne ha uno. Uno che da solo pensa che i suoi sogni possano realizzarsi”.
La serie “M. Il figlio del secolo” di Joe Wright a Venezia
La serie, tratta dall’omonimo capolavoro, Premio Strega nel 2019, di Antonio Scurati, è diretta da Joe Wright (già famoso per i film Espiazione e Orgoglio e Pregiudizio), scritta da Stefano Bises (Gomorra – La Serie) e Davide Serino (Esterno Notte), e accompagnato dalle musiche di Tom Rowlands dei Chemical Brothers. Ed è proprio dalle musiche che il linguaggio della serie inizia a inerpicarsi su note pericolose ed imprevedibili, tra classicità e dirompenza contemporanea. Estreme sono infatti le scelte della colonna sonora, che ricordano l’energia di Peaky Blinders, a cui M. si avvicina anche per stile narrativo, ricco di azioni terrificanti, ma anche di dialoghi intensi.
Ma non basta, la serie rompe persino la quarta parete con Mussolini che si rivolge direttamente al pubblico, parlandoci come parlava alle masse. Vi si aggiungano poi complessità visive in stile Istituto Luce che, intrecciando realtà e finzione, ci gettano in un trip allucinogeno con un montaggio da videoclip futurista e una fotografia che taglia i volti, rende tangibili le azioni e veri i luoghi. Le scenografie, spesso opprimenti grazie a inquadrature distorte e a particolari angolazioni, rimandano all’Orson Welles di Quarto Potere o alla perdizione de Il Portiere di Notte di Liliana Cavani. Insomma, non era certo facile trasporre un romanzo, già di per sé un capolavoro di scrittura, ricerca storica e narrazione, ma il regista c’è riuscito, dando vita a quello spazio vuoto tra le righe, a quell’immaginario che si appella agli istinti primordiali, la cui unica morale è quella del pensiero unico, dell’ideologia arcaica che gratifica l’istinto e l’egoismo, che è tutto e niente, proprio come “Il fascismo è tutto e il contrario di tutto”.
“M. Il figlio del secolo”: una serie in costume ma contemporanea
La serie racconta, senza sconti e senza apologia, l’ego narcisista di un movimento e di uomo malvagio, per l’appunto contraddittorio e visionario, sottolineandone però, per onestà storica, la perversa sensualità e la minuscola grandezza, in grado di eccitare le masse con la forza dei manganelli, della voce alta, dai discorsi-slogan, del ricatto all’olio di ricino, della maldicenza: “La penna ferisce più del bastone. Fa altrettanto male, discredita, delegittima, ma scandalizza meno e nessuno rompe i coglioni. I fascisti oggi scrivono”. Perché nella serie, il passato si intreccia costantemente con il presente (“Make Italy Great Again”) per raccontare l’ascesa di Mussolini che, da giornalista socialista dell’Avanti, fonda i Fasci di Combattimento, “si unisce” a Gabriele D’Annunzio a Fiume, si scontra con Don Luigi Sturzo, “si allea” con il Vaticano, marcia su Roma (tematica approfondita nell’omonimo documentario di Mark Cousins), fa uccidere Matteotti e si tramuta nel Duce.
“M. Il figlio del secolo”: gli attori e i personaggi
“Abbiamo preso il Parlamento con quattro gatti. Siamo dei fenomeni”, commenterà Cesare Rossi, interpretato da un eccelso Francesco Russo (già noto per Call My Agent- Italia). Ma ad essere eccelsi sono tutti gli attori, tra cui spicca Luca Marinelli (protagonista del film Le otto montagne), che sembra nato con l’unico scopo di interpretare Mussolini.
Insieme a lui, straordinarie le interpretazioni delle attrici, perché si sa, le donne, in questa storia, svaniscono. Invece qui riappaiono, certo sono spesso vittime, abusate e asservite come Donna Rachele, interpretata da Benedetta Cimatti, o ribelli compiacenti come la figlia Edda. Altresì educatrici che vestono di seta e cultura il futuro Duce, come Margherita Sarfatti, che si cela dietro il volto di Barbara Chichiarelli o, infine, diventano visione e coscienza come Titta Matteotti, interpretata da Elena Lietti. Ma, tutte, rappresentano il femminile schiacciato da un’epoca e da un movimento che è appunto e al maschile “figlio del secolo”.
Barbara Frigerio
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