La performance art affonda le sue radici (anche) nel Futurismo. Ecco perché
A ottant’anni dalla morte di Filippo Tommaso Marinetti, analizziamo in che modo le serate futuriste hanno posto le basi per lo sviluppo delle altre avanguardie artistiche del Novecento. In particolar modo quelle più performative
“Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie d’ogni specie…”. Queste parole provocatorie, tratte dal Manifesto del Futurismo, le lancia Filippo Tommaso Marinetti (Alessandria d’Egitto, 1876 – Bellagio, 1944) su Le Figaronel 1909. Obiettivo? Liberare l’arte italiana (e non solo) dalle catene della tradizione e delle istituzioni che soffocano creatività e innovazione. Simboli di un passato morto e decadente, secondo Marinetti, impediscono il progresso e la rinascita culturale. Nato come movimento letterario, il futurismo abbraccia presto numerosi generi e media artistici: arti visive, design, poesia, teatro, musica, ma anche moda, trucco e cucina. Centrale nella sua visione è un’arte dinamica, in continua evoluzione, con la velocità di un bolide e la dirompente energia della vita moderna. I futuristi vogliono abolire la nostalgia, il romanticismo e l’ossessione per l’antico; enfatizzano la tecnologia, il caos, le grandi città, esaltano l’aggressività e l’interventismo. Questo pensiero radicale trova eco nella propaganda bellica che porta alla prima guerra mondiale e in seguito, all’adesione al fascismo. Il legame con l’ideologia fascista e la glorificazione della guerra suscitano divergenze e polemiche tra storici e critici d’arte.
Il Futurismo aveva legami con il Fascismo?
Durante un recente dibattito in occasione della mostra Il tempo del futurismo (rimandata da ottobre a dicembre a causa di una serie di pasticci organizzativi), Guglielmo Gigliotti sottolinea che, sebbene alcuni futuristi abbiano sostenuto il regime fascista, il Futurismo come movimento artistico e culturale, mantiene una certa autonomia ideologica. Mentre Claudia Salaris, che in un suo libro definisce Il futurismo “l’avanguardia delle avanguardie”, invita a studiare il movimento per il suo contributo all’arte e alla cultura, piuttosto che focalizzarsi sulle sue connessioni politiche passate o sulle controversie contemporanee.
Analizzando le idee innovative di Marinetti, Roselee Goldberg osserva che non sono esenti da delicate implicazioni etiche. L’autrice di Performance Art from Futurism to the Present evidenzia la necessità di contestualizzare storicamente e criticamente le relative questioni problematiche.
Il Futurismo come “avanguardia delle avanguardie”
In ogni caso, bisogna riconoscere come molte delle attuali pratiche performative, inclusi video e new media, trovino le loro radici poetiche e concettuali nelle sperimentazioni dell’avanguardia storica guidata dallo scrittore. Riprendendo elementi dal Varietà, Marinetti crea il teatro sintetico, simultaneo, dinamico, sinottico e rumorista. Questa interdisciplinarità fornisce modelli operativi per gli artisti di ricerca del Novecento, da Robert Rauschenberg a Laurie Anderson, da Claes Oldenburg a Meredith Monk, ma anche Jan Fabre, Matthew Barney e Stelarc. Autori moderni e postmoderni impiegano tematiche e tecniche futuriste, adattandole ai contesti culturali e tecnologici odierni. Vediamo come queste innovazioni futuriste, soprattutto nel teatro, si possano applicare alla performance art influenzando le pratiche artistiche contemporanee.
Gli epigoni performativi del Futurismo
Il Futurismo introduce le “parole in libertà”, frantumando i legami sintattici tradizionali e creando un flusso di immagini e suoni che rispecchiano la velocità della vita moderna. Su questa onda prendono vita le pionieristiche performance di Valentine de Saint-Point, Giannina Censi e Benedetta Cappa, moglie di Marinetti, che con lui firma il Manifesto del Tattilismo. L’onomatopea nel linguaggio futurista, alla maniera di Zang Tumb Tumb, imita i suoni delle macchine e della guerra, aprendo la strada a forme espressive più libere. Le Neoavanguardie, in un diverso contesto politico e sociale, reinterpretano queste innovazioni in netta opposizione alle ideologie di destra. Penso alla poesia sonora dei Dadaisti, di Giovanni Fontana e alla poesia visiva di Ketty La Rocca, Tomaso Binga e Silvia Stucky. Con radici nelle avanguardie del primo Novecento, la performance art fiorisce negli Anni Sessanta grazie a pionieri come Allan Kaprow, che introduce il concetto di “happening”. Il Black Mountain College negli USA diventa un crogiolo di innovazione, con artisti visionari come John Cage e Merce Cunningham. Il teatro sintetico futurista, che condensa idee ed emozioni in brevi atti eliminando il superfluo e concentrandosi sull’essenziale, lascia un segno profondo e durevole sulla cultura contemporanea. Questo si riflette nella pubblicità con i suoi slogan brevi e incisivi, nei meme dei social, nelle serie TV capaci di trasmettere emozioni e idee in modo diretto e intenso, nel cinema, nella letteratura e nella poesia. La performance art di autori come Robert Wilson, Heiner Goebbels, Vanessa Beecroft, Valie Export, Chiara Fumaitrasmette messaggi potenti attraverso gesti e azioni concisi, spesso provocatori.
Le Serate Futuriste: un’esperienza multisensoriale e interattiva
Le serate futuriste, organizzate per la prima volta al Teatro Chiarella di Torino, sono eventi sovversivi e sfrontati che combinano declamazioni di poesie, letture di manifesti, con esposizioni di pitture, esecuzioni di musica sperimentale, che può variare da suoni elettronici a composizioni orchestrali dissonanti. Durante una serata, il pubblico viene accolto in un’atmosfera vibrante e dinamica. Le luci si accendono e si spengono in modo imprevedibile, creando eccitazione e sorpresa. Gli artisti si esibiscono in performance che rompono gli schemi: Giacomo Balla utilizza proiezioni luminose e giochi di ombre per dare vita alle sue opere pittoriche, mentre Umberto Boccioni presenta sculture dinamiche che sembrano muoversi nello spazio. Le scenografie di Fortunato Depero, caratterizzate da forme geometriche e colori vivaci, secondo la Goldberg sono anch’esse basilari: non solo arricchiscono le rappresentazioni teatrali, ma contribuiscono a definire l’estetica della performance art moderna.
Sperimentazioni visive e sensoriali, immersioni artistiche totali che riverberano l’energia vivida e la dinamica delle serate futuriste, sono alla base dei lavori di artisti moderni: Yoko Ono e Nam June Paik, ma anche Marina Abramović che con The Life presenta la prima mostra di arte performativa in mixed reality. Pensiamo anche alle azioni di performer emergenti come Francesca Arri che indaga su memoria, spazio e identità, attraverso mixed media e videoarte. Oppure: Ginevra Napoleoni con Massimiliano Siccardi e Mona Lisa Tina come Francesca Fini, che mette in scena Meccanimus, un dialogo tra anima e macchina che fonde elementi visivi e narrativi creando un’opera che riflette la complessità della vita moderna.
La performance e la centralità dell’artista
Mentre i confini dell’opera d’arte si fanno sempre più sfumati, la figura dell’artista si rafforza. Egli diventa sia soggetto che opera, e la sua azione catalizza le energie creative del pubblico. Questa centralità, che prende avvio tra il dannunzianesimo e il futurismo, fa dell’artista e del suo coinvolgimento con il pubblico un elemento chiave; si consolida nella seconda metà del secolo con la performance art, la body art e le esibizioni sciamaniche di artisti come Joseph Beuys. Negli anni del secondo dopoguerra anche l’attenzione dei mass media e della società si concentra sempre più sul corpo indagato dagli artisti in dimensione performativa. se in Francia, Yves Klein crea le sue Anthropométries, in Italia, Piero Manzoni realizza la Scultura vivente. Intanto, il gruppo giapponese Gutai, gli Azionisti viennesi, i cultori dell’Happening e il movimento Fluxus tracciano nuovi orizzonti espressivi. In risposta ai cambiamenti sociali e culturali degli eventi del ’68, emergono i movimenti femministi che lottano per i diritti delle donne e la parità di genere. La performance italiana si trasforma in arte del comportamento, tra gli esponenti Grazia Varisco, Franco Vaccari, Luca Patella.
Futurismo, performance e interazione con il pubblico
Il Futurismo sovverte il teatro e l’arte in generale, introducendo l’interazione attiva con il pubblico. Questo approccio, che non si vedeva dai tempi dei Greci o nei rituali religiosi, elimina il limite tra spettatori e artisti, ponendo le fondamenta per la performance art contemporanea. Coinvolgere l’audience crea un legame emotivo più forte, rendendo l’esperienza artistica intima e personale. Gli spettatori diventano parte integrante dell’opera. Come scrive Nicolas Bourriaud in Estetica Relazionale: “L’arte contemporanea si concentra sulla creazione di spazi di interazione sociale, dove il pubblico non è più un osservatore passivo ma un co-creatore dell’opera”. L’interazione e la partecipazione consentono inoltre di esplorare temi sociali e culturali in modo diretto e immediato, stimolando la riflessione e il dibattito. La modalità partecipativa ereditata dal Futurismo, grazie alla tecnologia continuerà a evolversi. Anche senza un corpo fisico, utilizzando avatar, realtà virtuale, IA, installazioni interattive e telepresenza. Questa fusione tra reale e virtuale solleva interrogativi sul futuro dell’arte e della società intera. Un mosaico di mitologemi tra speranze e disillusioni, dove ogni frammento racconta una storia, e ogni storia prova a lasciare il suo segno.
Lori Adragna
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