Architettura, musica, suono. Reportage da Unsound, il festival di Cracovia nel segno del noise
Performance sonore e installative in luoghi insoliti della città polacca, teatro nei giorni scorsi di uno dei principali festival di musica d’avanguardia e sperimentale europei. A raccontarci Unsound è il suo co-fondatore e direttore artistico Mat Schulz
Il luogo in cui abitiamo prende forma in relazione ai movimenti che compiamo. Turismo, diaspore, esili, internet, pubblicità. Ne consegue un imponente processo di trasformazione dei sistemi urbani e delle soggettività, che si strutturano a partire dall’interconnessione tra iniziative locali e globali. Viaggiamo connettendo punti, in relazione agli interessi e ai bisogni che motivano il nostro movimento. Cracovia si colloca perfettamente entro questo scenario.
A Cracovia c’è il festival di musica sperimentale Unsound
A pochi chilometri da Auschwitz, dove il turismo è memoria di uno dei passaggi più funesti della modernità. E a una manciata di ore di auto dalla foresta di Białowieża, dove la recinzione al confine con la Bielorussia è una trappola mortale per i migranti. È una città inaspettata, dove forte è il legame tra cultura e dimensione politica. Non a caso, è teatro di uno dei principali festival di musica d’avanguardia e sperimentale europei: l’Unsound, che dal 2003 si è avvicendato in una grande varietà di location, diventando il punto di riferimento per la ricerca sonora e audiovisiva internazionali. Durante la sonic walk di pre-apertura in cui ci ha accompagnato il co-fondatore e direttore artistico Mat Schulz, siamo andati alla ricerca dei “fantasmi del passato nel rumore del presente”.
Unsound festival di Cracovia: la storia
Ripercorrendo tutte le venue storiche del festival, abbiamo provato a immaginare il suo futuro e quello della città. “Quando abbiamo fondato Unsound”, ricorda Schulz, “c’erano pochissimi eventi di questo tipo in Europa e certamente non in Polonia. Non volevamo realizzare una grande manifestazione, bensì un festival locale di musica sperimentale, che trovò i suoi spazi in piccole cantine medievali nel centro storico. Cracovia stessa era diversa, più cruda, perché stava attraversando il periodo di transizione, dovuto alla fine del Comunismo. Il festival e la città sono cresciuti insieme. Man mano che diventava più grande abbiamo dovuto cercare altri tipi di location. È così che ci siamo trovati di fronte alla sfida di esplorare il rapporto tra architettura, musica dal vivo e suono, che è divenuto parte integrante dell’identità di Unsound”.
Unsound 2024: le sedi del festival
Il turismo, lo sviluppo e l’inflazione hanno contribuito a cambiare ulteriormente il volto della città, oggi cantiere in fieri, tanto da rendere più difficile – sempre secondo le parole di Schulz – trovare e utilizzare spazi urbani per iniziative culturali. Un punto di vista inedito perché, nella settimana dal 29 settembre al 6 ottobre 2024, in cui abbiamo familiarizzato col territorio, siamo anche stati protagonisti di innumerevoli spostamenti in luoghi sorprendenti. Dall’aula di medicina del XIX secolo, dove hanno avuto luogo alcuni live del nuovo format mattutino Morning Glory; al Manggha – Museo dell’arte e della tecnologia giapponese; al cinema Kijów; al nuovo teatro drammatico Łaźnia Nowa; all’imponente spazio post-industriale Kamienna 12; all’hotel PURO Kazimierz; fino all’ICE, centro congressi e struttura multifunzionale, firmata da Arata Isozaki & Associates, tra le più premiate d’Europa.
Il tema di Unsound 2024: il noise
Difficile rendere omaggio a un altrettanto ricco e variegato programma, che dalla tarda mattinata fino a notte inoltrata, ci ha fatto riflettere e intrattenuto con talk, concerti, set e progetti commissionati di livello artistico altissimo. Tra questi ricordiamo le performance di Chris Watson & Izabela Dłużyk’s, Białowieża, e di Saint Abdullah, Eomac & Rebecca Salvadori’s, A Forbidden Distance, commissionate da Unsound, Berlin Atonal, Semibreve e Sónar, che avevamo precedentemente apprezzato ad OPENLESS. Tema e filo conduttore dell’edizione di quest’anno è stato il noise, il “suono indesiderato”, quello che mette alla prova la nostra percezione uditiva, ma in cui siamo immersi quotidianamente. Dalle città alle guerre, dalla tecnologia alle proteste, il rumore ci frustra e ci accompagna diventando talvolta musica. Oppure è la stessa musica noise a raccogliere l’eredità di questo suono ruvido, capovolgendone significato ed estetica.
Unsound 2024. Il programma
“Il rumore e il concetto di protesta si intrecciano in molti modi”, riprende Schulz, sottolineando il valore politico di questa scelta tematica e l’approccio dell’intero festival. “Con questo tema abbiamo voluto suggerire al nostro pubblico un ascolto diverso, che gli consentisse di cogliere sonorità impreviste. O di approfondire le innumerevoli prospettive correlate al rumore durante i talk diurni. Abbiamo però evitato di includere nel programma troppi spettacoli rumorosi. Dal punto di vista curatoriale è stato più interessante portare artisti noise in luoghi inattesi”. È stato il caso della leggenda del noise elettronico giapponese Keiji Haino nella sala 1 del Kamienna 12, dove siamo rimasti a bocca aperta di fronte al suo inconsueto modo di suonare la chitarra, e per via di una teatralizzazione sciamanica.
Unsound 2024: le performance
Uno spettacolo audiovisivo di grande impatto è stato quello della compositrice d’avanguardia americana Ash Fure che, con Animal, ci ha riportato all’origine oggettuale del suono, ibridando il linguaggio dell’installazione con quello della performance. Estremo il live di The Body e della sperimentalista Dis Fig, che hanno corroso il confine tra metal ed elettronica. Il musicista e artista contemporaneo australiano Marco Fusinato, invece, ha portato una replica del progetto in corso DESASTRES, già presentato alla 59. Biennale di Venezia, suonando per tre ore e mezza. Ultima da citare tra i tanti, la collaborazione tra la compositrice e autrice di colonne sonore Mica Levi e Sinfonietta Cracovia, uno degli ensemble più noti in Polonia, anche per il dialogo continuativo con musicisti di area sperimentale.
Unsound festival di Cracovia: un format esportabile in tutto il mondo
In più di vent’anni di attività, Unsound non ha avuto come teatro solo Cracovia. Ricorda Mat Schulz: “mi è sempre piaciuta l’idea che fosse una realtà amorfa, sia in termini geografici sia musicali. Si è svolto in trenta città in tutto il mondo, da Minsk, Almaty, Tbilisi e Vladivostok, a Londra, Toronto, New York e Adelaide. Non è però un franchising. Spesso sviluppiamo a Cracovia progetti che portiamo altrove, portiamo qui artisti che hanno fatto la loro apparizione in altre città, oppure costruiamo collaborazioni transfrontaliere”.
Carlotta Petracci
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