Bianco e nero
Ha avuto successo partendo in sordina e, presentandosi nelle sale senza pretese commerciali, ha attirato tantissimo pubblico, grazie soprattutto al passaparola. È quel “Quasi amici” che rischiava di scadere facilmente nella sequela di stereotipi. E invece…
Senza dubbio il titolo è intrigante ed evocativo, ancor più nella versione originale Intouchables, ‘Intoccabili’. Chi non ha mai avuto un “quasi amico”, con tutte le molteplici sfaccettature che questi due termini accostati possono significare?
In questo caso il sesso non c’entra, ed è un gran bene. Il film, a scapito del ‘quasi’, racconta infatti la storia vera, pura, di un’amicizia. Tratto da una storia reale, i quasi amici sono Philippe (François Cluzet) e Driss (Omar Sy). L’uno, aristocratico vedovo e tetraplegico, paralizzato dal collo in giù, vive in una torre d’avorio, con una figlia nel pieno dell’adolescenza che reagisce alla difficile situazione facendo la dura, una servitù pedante e accondiscendente e amori epistolari. Dal momento che non può nemmeno scrivere, detta le sue lettere intrise di algido romanticismo alla bella segretaria Magalie (Audrey Fleurot. Se vi domandate dove l’avete già vista, la risposta è Midnight in Paris).
Una vita agiata ma tremendamente noiosa, quella di Philippe, bloccata piuttosto che dall’handicap fisico dalla rigidità delle persone che gli stanno intorno, irrimediabilmente sollecite e compassionevoli.
Driss invece è uno sbandato. Viene da una grande famiglia di immigrati e ciò che desidera non è altro che il sussidio di disoccupazione. Succede a un certo punto che viene mandato a fare un colloquio proprio a casa di Philippe, per la posizione di aiutante personale che dovrà spostarlo, lavarlo, vestirlo, fargli riabilitazione. Nero, forte, aitante: Driss risulta da subito complementare a Philippe. È come un’affinità elettiva, uno scegliersi a prima vista. Philippe lo vuole, vede in lui tutto quello che cerca perché non ha in sé. Si intestardisce, nonostante tutti gli diano contro, compreso lo stesso Driss , che non vuole saperne di dover fare da infermiere a questo paraplegico. Ma Philippe ha fatto la sua scelta, ha visto in Driss quello che nessun altro può dargli: la totale assenza di pietà.
Per tutta la sua servitù lui è un (ricco) handicappato da assistere e trattare con i guanti bianchi. Driss invece si sporca le mani, si sporca di vita e contagia inevitabilmente Philippe. Non c’è alcun pietismo in Driss, ma nel suo essere spietatamente naïf c’è intelligenza emotiva, spontaneità e una vitalità travolgente, che fanno tornare a sentire Philippe un uomo, non più un malato. I due si coinvolgono reciprocamente in un’avventura che li unisce per la vita, facendo scoprire e superare a entrambi i propri limiti, sfidando le proprie diversità. Sarà il tetraplegico che porterà l’amico a lanciarsi col parapendio: Driss non vuol saperne, ma poi finirà per trovarsi a volare, bellissima immagine simbolica.
La coppia registica Olivier Nakache ed Eric Toledano ha dato prova di infinita eleganza nella rappresentazione di una realtà semplice eppure straordinaria, molto più sorprendente di qualsiasi storia d’amore o d’azione. Non c’è un vero e proprio plot narrativo, la pellicola va avanti mostrando, raccontando per immagini e per situazioni questa storia umanamente eccezionale. Il rischio dello stereotipo è dietro l’angolo: l’uomo nero, la bestia che diventa buona con l’handicappato, ma il film non fa alcuno scivolone, non ha sbavature. È impeccabile e divertente, anche grazie alla perfetta alchimia interpretativa fra i due protagonisti. Si ride guardando Quasi amici, di un’ironia intelligente e irriverente, mai sguaiata, che non ha paura di mettere il dito nelle piaghe più dolorose, trasformandole in qualcosa di lieve. Con grande poesia e capacità di emozionare.
Silvia Novelli
Olivier Nakache & Eric Toledano – Quasi amici
Francia / 2011 / 112’
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