La speranza al Toronto Film Festival
A Toronto è la volta di Terra della Speranza, il nuovo film di Sono Sion sull’era post-tsunami. Tema importante, tanto che il Padiglione del Giappone alla Biennale di Architettura di Venezia si è aggiudicato il Leone. Ma in Canada qualcuno si fa una pennichella.
Il prolifico Sion Sono presenta al Tiff un intrigante spin off del precedente meraviglioso e poetico Himizu. Con cui purtroppo ha ben poco a che vedere. Ispirato a una storia vera, The Land of Hope è il racconto dello strazio di una famiglia di Fukushima sopravvissuta allo tsunami.
Nell’immaginaria prefettura di Nagashima, Yoichi Ono vive una pacifica esistenza nella piccola fattoria di famiglia insieme alla moglie Izumi e ai suoi genitori Yasuhiko e Chieko. Un giorno un terremoto interrompe la serena routine facendo esplodere un reattore di un vicino impianto nucleare. La piccola comunità di Nagashima è all’interno dell’area contaminata dalle radiazioni.
Come nel recente disastro nucleare di Fukushima in cui sono stati forzosamente evacuati i cittadini di alcune zone contaminate, gli Ono devono affrontare una terribile decisione: rimanere e rischiare l’avvelenamento radioattivo oppure lasciare la casa dove la propria famiglia vive da generazioni. Preoccupati per il bambino che sta per venire al mondo, i due giovani coniugi lasciano la campagna, mentre i genitori restano. Yoichi e Izumi provano a dare nuovo corso alle loro vite. Ma la futura mamma soffre di paranoia per la paura che il nascituro possa venire contaminato e vuole andare più lontano possibile dal luogo dell’incidente. Nel frattempo le autorità locali invitano i genitori di Yoichi a lasciare la loro abitazione. Ma la vecchia donna soffre di una malattia degenerativa e il marito non vuole ulteriormente destabilizzare le sue già fragili condizioni. I due si danno fuoco tra i fiori variopinti, sotto l’albero di famiglia.
La scelta di Sion di usare alcuni appunti documentari regalano alla pellicola una veridicità che tinge il film di dramma. Purtroppo il rischio di pesantezza non si evita ed è facile cadere in una lauta pennichella, al termine della quale non si perde comunque il filo logico.
Federica Polidoro
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