Breaking Bad
La rubrica “Serial Viewer” guarda ancora oltre oceano. Perché non si può mancare la quinta e ultima serie di “Breaking Bad”, dove un chimico fallito e un alunno sballone…
Mandi a monte le tue ambizioni di carriera nel campo della ricerca per finire a insegnare chimica in un anonimo liceo di Albuquerque. Arrotondi part-time in un autolavaggio: perché non hai l’assicurazione sanitaria (Obama non si è ancora inventato la riforma) ma hai un figlio adolescente disabile e una moglie – casalinga – incinta. Ti becchi il cancro, uno di quelli da cui non si guarisce nemmeno se ci mette mano il Padreterno. Come fai a raggranellare nel minor tempo possibile una cifra sufficiente a garantire la sopravvivenza della tua famiglia, una volta che sarai sotto un metro abbondante di sabbia del Nuovo Messico? Semplice: contatti un ex alunno sballone e metti in piedi il miglior laboratorio per la produzione delle metamfetamine che si sia mai visto nel sud degli Stati Uniti.
È l’assurdo a dominare il plot di Breaking Bad, scheggia impazzita nel mondo delle serie televisive, prodotto che scardina più di un modello narrativo, impone personaggi costruiti con robusta rotondità e macina record su record, spiazzando critica e pubblico. Bocciato da Fox, il serial trova casa all’AMC, che ancora oggi si lecca le dita: arrivano negli anni sedici Emmy Awards, oltre a un botto di altri riconoscimenti più o meno minori; piovono ascolti record, con la quinta – e ultima – stagione lanciata coraggiosamente per il mercato americano a metà luglio, che sfiora alla prima puntata i 3 milioni di spettatori. Un trionfo. Meritato: per una scrittura unica e un intreccio con pochissimi cali di tensione (un po’ giù di tono, forse, solo la terza serie: ma in quella successiva ne capitano di tutti i colori, e le prime puntate della quinta promettono benissimo); e per un cast che, partendo dal protagonista Bryan Cranston, dimostra impressionante duttilità. E pensare che persino lui è una seconda scelta, maturata dopo i rifiuti incassati da Matthew Broderick e John Cusack.
La sostanza, in fondo, può apparire poco originale: nuovo – ennesimo? – lavoro concettuale sulla tensione tra legale e illegale, lecito e illecito; spaesamento e scollamento tra il Sistema e il Paese reale; crisi dei valori ed esaltazione di un antieroe sofocleo, che antepone alla legge dello Stato quella dell’onorabilità e dei sentimenti. La forma, però, è tanto innovativa da tenere incollati sulla poltrona con il bostik. Ormai mitici i flash-forward che sostituiscono i canonici previously on: se le altre serie ricordano in apertura di episodio cosa è accaduto nelle puntate precedenti, Breaking Bad semina indizi che inquietano e ingolosiscono, con visioni e frammenti che sembrano usciti dal senso compositivo per la fotografia di Alejandro Inarritu.
Francesco Sala
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #9
Abbonati ad Artribune Magazine
Acquista la tua inserzione sul prossimo Artribune
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati