Derek Cianfrance: l’importanza di scegliere
Passano per le sale italiane due lungometraggi di Derek Cianfrance, promessa (confermata) del cinema indipendente americano: “Blue Valentine” e “Come un tuono”. Temi eterni come la famiglia, la paternità e l’ambizione, reinterpretati con piglio tutto contemporaneo.
Serviva lo sguardo attento della Movies Inspired, piccola casa di distribuzione torinese grazie alla quale siamo riusciti a recuperare uno dei tanti titoli che restano troppo spesso impigliati in quel limbo che sottrae agli spettatori film di grande interesse, incomprensibilmente trascurati. È quindi grazie a loro se Derek Cianfrance, molto più che una promessa sulla scena del cinema indipendente americano, finisce per ben due volte nelle nostre sale nel giro di poche settimane. Uscito il 14 febbraio scorso, infatti, Blue Valentine, già acclamato al Sundance e al Festival di Cannes nella sezione Un Certain Regard del 2010, raggiunge il pubblico italiano con quasi tre anni di ritardo, precedendo solo di un soffio il lancio di Come un tuono (The Place Beyond the Pines). È sempre bene ricordare che non si tratta di un episodio isolato; qualcosa del genere accadde ad esempio un anno e mezzo fa, quando – caso ancor più clamoroso – Shame (2011) di Steve McQueen fu seguito solo dopo qualche mese dal precedente Hunger (2008), come si trattasse di film le cui qualità, e quindi l’opportunità della loro distribuzione, potessero essere messe in qualche modo in discussione.
Nonostante tutto, Cianfrance, classe 1974, autore a tutto tondo con tre lungometraggi all’attivo, sbarca anche nel Belpaese registrando consensi pressoché unanimi. Con due storie differenti, collegate dalla fotografia iperrealista hopperiana, da temi che ritornano (la paternità, la famiglia, l’ambizione) e da un’atmosfera comune che ha il sapore di un romanticismo intriso di malinconia, connotato anche dalla difficoltà di portare avanti solidi legami e dalla consequenzialità degli eventi sulla base dell’inevitabile scia di effetti che ogni nostra azione si porta dietro. Blue Valentine è un viaggio a ritroso nell’unione tra Dean e Cindy, analisi disincantata di un rapporto consolatorio fin dal suo incipit che appare sincero quanto allucinatorio, come un transfert in cui proiettare i rispettivi sogni identificandoli per un attimo, illusorio ed effimero, nel battito di due cuori. Quarant’anni dopo Due per la strada, in cui Stanley Donen obbligava i personaggi interpretati da Audrey Hepburn e Albert Finney a ripercorrere le tappe del loro altalenante matrimonio, anche Cianfrance mescola presente e passato, alla ricerca di risposte che emergono solo agli occhi di chi, come lui, sceglie di starsene in disparte. Di guardare senza giudicare, semplicemente osservando come le migliori intenzioni e la magia di alcuni istanti non possano bastare per reggere il peso di un’intera vita insieme.
Più articolata la struttura di Come un tuono che narra l’epilogo di Luke il bello, stuntman motociclista che scopre di essere diventato padre e decide di volersi assumere le proprie responsabilità di genitore a ogni costo. Sulla sua strada incontrerà Avery Cross, un poliziotto ambizioso con cui intreccerà indissolubilmente la propria sorte. Costruito come un dramma shakespeariano in tre atti che spiazza e travolge, in cui le colpe dei padri ricadono in maniera ineluttabile sul destino dei figli e l’atmosfera tragica incombe sui personaggi, si alternano follie e umane debolezze in un cerchio difficile da spezzare, evocato fin dalle prime inquadrature. All’inizio, un lungo piano sequenza che richiama alla mente il pedinamento di Mickey Rourke in The Wrestler di Darren Aronofsky, anche in questo caso al seguito di un corpo scolpito, dominato da una forza autodistruttiva per espiare chissà quali colpe arcane. E poi il crudele spettacolino cui dobbiamo assistere (ancora una volta costretti nel ruolo di osservatori esterni all’azione) che allude metaforicamente all’intera vicenda del film: una gabbia di ferro circolare, tre motociclette che si rincorrono sfiorandosi a folle velocità in un turbine maledetto e la morte dietro l’angolo. Tre moto come tre filoni narrativi, tre inseguimenti, tre intrecci di vite che dovranno confrontarsi ancora e ancora.
Non c’è scampo per Luke il bello, ennesima superba interpretazione di Ryan Gosling che da tempo non sbaglia un ruolo e che si presta a diventare l’incarnazione del nuovo ribelle senza causa. James Dean della nostra generazione, outsider dal cuore tenero strizzato di volta in volta in giubbotti che diventeranno presto l’icona del nuovo modello di eroe urbano, dolente e irrimediabilmente condannato alla solitudine e al fallimento dei sogni. E non c’è scampo per nessuno. Ad eccezione di colui che è prescelto per invocare la possibilità di un riscatto grazie alle scelte che gli permettono di sottrarsi al destino che sembrava già scritto. Perché alla fine altro non siamo se non ciò che scegliamo di essere. “Il posto oltre i pini”, come recita il titolo originale del film, è il luogo da cui avrà inizio il nuovo viaggio di Jason, figlio di Luke, finalmente libero dal peso del passato, in un finale che si lascia aperto alla speranza.
Beatrice Fiorentino
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