Mark Lewis e il racconto di un istante da costruire
Lo scorso 17 maggio presso il Centro Le Bal di Parigi si è conclusa la più ampia retrospettiva sul videomaker canadese classe 1958. Tra i sette film proposti spicca “Above and Below”, ultimo lavoro di Mark Lewis. Che instaura un rapporto diretto tra immagini e spettatore.
IL FILM COME COLLAGE DI ISTANTI
Nella poetica di Mark Lewis (Hamilton, Ontario, 1958), videomaker canadese, ciò che connette fotografia e cinema, o per meglio dire immagine fissa a immagine in movimento, è l’istante, il singolo momento.
Nelle sue narrazioni visive, principalmente concentrate sulla descrizione di un luogo o di una persona, la macchina da presa si sposta lentamente, quando non è fissa a inquadrare il soggetto, quasi a formare un collage di fotogrammi singoli, di istanti catturati una sola volta e in maniera unica. Così facendo la nozione di tempo e spazio si distrugge, si perde a favore di una descrizione che vive sull’attenzione e sul controllo di un determinato punto.
L’AUTOSTRADA COME UN DESERTO
L’esemplificazione più diretta di questa teoria artistica è l’ultimo lavoro di Lewis, Above and Below (2014), in cui il regista inquadra dall’alto l’autostrada Minhocão, una lingua d’asfalto e cemento che attraversa San Paolo del Brasile per 3,5 km. Costruita nel 1970, per lungo tempo è stata considerata un emblema della modernità, ma successivamente l’invasione dello spazio urbano, l’inquinamento e l’intensità del traffico l’hanno trasformata in un opera urbana decadente. La domenica l’autostrada è chiusa al traffico così da permettere a pedoni e biciclette di solcarla per tutta la sua lunghezza.
Il videomaker canadese decide, così, di inquadrarla proprio in una domenica in un lento piano sequenza che la descrive in tutta la sua lunghezza. Osservando come l’uomo si appropri di una sua creatura, da lui stesso costruita anche se svilita del suo senso primordiale (offrire un servizio) a vantaggio di un’alienazione imperante, data dall’enorme traffico, si crea un senso di attesa, quasi di speranza narrativa. In realtà per tutta la durata del film non accade nulla, se non l’osservazione.
BANDO ALLA NARRAZIONE
A Lewis non interessa la narrazione, la descrizione. Il videomaker vuole che lo spettatore carpisca il singolo momento, l’istante dato dalla visione successiva di singoli fotogrammi di una narrazione muta e senza scopo, se non quello di prendere coscienza di quanto proposto. La macchina da presa si sposta, infatti, alla stessa velocità dell’occhio umano, così da creare una perfetta simbiosi con chi guarda. Il punto privilegiato dall’alto, inoltre, conferisce una visione più globale della zona dell’autostrada, rispetto alla macchina ad altezza d’uomo, e anche un senso di potere e controllo.
Lo stato di osservazione diretta e disciplinata da parte dello spettatore è finalizzato alla presentazione del problema alla base della ricerca visiva di Lewis. In Above and Below il regista canadese mostra ciò che potenzialmente la vita poteva essere, lo spazio naturale che poteva prendersi, ma che concretamente non è suo. L’uomo su quell’autostrada è in prestito e paradossalmente camminandoci sancisce il fallimento della struttura che così è destinata a distruggersi.
LA VITA IN POTENZA
Lewis, dunque, descrive la vita come qualcosa che poteva essere, ma che realmente non è, quindi potenziale. Ciò avviene conferendo alle immagini una loro fisicità, rivestendole di una percezione sensoriale quasi umana in modo tale da passare il compito di costruire il significato e il relativo valore in chi osserva.
Il confine tra cinema e fotografia, quindi, svanisce in quanto ciò che emerge non è la costruzione dell’immagine, dell’istante, ma il suo valore. C’è, quindi, da fidarsi delle immagini? Queste hanno ancora il compito di mostrare, ma è l’uomo che deve conferire loro il significato in un continuo processo di acquisizione di saperi sulla sua vita e sul suo posto nel mondo.
Davide Parpinel
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