Tra cinema e videoarte. Parola a Luca Trevisani
Si è conclusa da pochi giorni la rassegna ospite del Teatrino di Palazzo Grassi di Venezia, frutto della rinnovata collaborazione tra la sede lagunare e “Lo Schermo dell’arte Film Festival” fiorentino. Protagonista il delicato legame tra cinema e arte contemporanea, terreno d’indagine di uno degli autori coinvolti, Luca Trevisani, che ci ha regalato tre risposte al fulmicotone.
Dal 2 al 5 marzo scorsi il Teatrino di Palazzo Grassi ha fatto da cornice a una quattro giorni all’insegna dell’immagine in movimento, ospite, per il quarto anno consecutivo, delle pellicole andate in scena durante l’ultima edizione de Lo Schermo dell’arte Film Festival, la kermesse fiorentina diretta da Silvia Lucchesi. Dieci i film d’artista e i documentari selezionati per il pubblico veneziano e numerose le tematiche trattate sullo sfondo della consolidata dialettica fra tendenze creative contemporanee e settima arte. Eva Hesse, figura cardine dell’estetica minimalista, rappresenta il fil rouge del lungometraggio realizzato da Marcie Begleiter, mentre si ispira all’acclamatissimo David Hockney il documentario di Randall Wright. Un altro mostro sacro delle arti visive è il protagonista di Don’t Blink Robert Frank, basato sulla viva voce del fotografo di origini svizzere nel corso di una conversazione con la sua assistente Laura Israel. Tra le pellicole che hanno animato la rassegna hanno trovato posto anche Remainder – il primo lungometraggio di finzione del video artista israeliano Omar Fast –, Where is Rocky II? di Pierre Bismuth, e Sudan, l’opera di Luca Trevisani dedicata all’ultimo esemplare di rinoceronte bianco del Nord Africa. Interessato a una pratica multidisciplinare, Trevisani si è mosso, in questo caso, su un confine oggetto di particolari attenzioni, sfiorando le trame di una questione sempre aperta: il rapporto fra arte contemporanea e linguaggio cinematografico.
A tuo parere esiste, e se sì qual è, una differenza fra cinema e video arte?
Al cinema si mangiano pop corn, con la video arte si beve agli opening. Prima dei film c’è la pubblicità, prima della video arte no.
Come e perché sei approdato all’utilizzo dell’immagine in movimento?
Mi interessano le cose che cambiano, le cose che hanno almeno quattro dimensioni – il tempo. Le immagini in movimento mutano al ritmo di ventiquattro fotogrammi al secondo.
Secondo te, che tipo di valenza ha la video arte nel panorama creativo odierno rispetto agli esordi di questa pratica?
La grotta di Chauvet e i graffiti dell’Addaura sono già cinema, ci trovi già tutto. Il ritmo e il flusso delle cose, il montaggio e il senso della sequenza, la durata e l’intensità, l’inquadratura e il senso della sintesi. Non mi interessano i cambiamenti ma le costanti, l’arte è sempre attuale perché è eterna, non vive di novità ma di bisogni e domande antiche. I veri artisti aiutano il mondo rivelando verità mistiche, con tutti i mezzi che servono.
– Arianna Testino
www.palazzograssi.it
www.schermodellarte.org
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