Peter Greenaway al Biografilm festival di Bologna: il cinema deve raccontare il presente
Peter Greenaway, maestro dell’immagine, riceve il Celebration of Lives al Biografilm di Bologna. E racconta la sua idea di cinema: meno testi, più immagini e un racconto articolato del presente.
Una vita, quella di Peter Greenaway (Newport, 1942), che va sicuramente celebrata. Al Biografilm festival di Bologna il regista, che ha cominciato la sua carriera come pittore, è stato omaggiato nel corso della manifestazione bolognese con il Celebration of Lives (una sorta di premio alla carriera, già assegnato in passato a Marina Abramovic, Judith Malina, Charlie Kaufman, Clint Eastwood, Ed Lachman, tra gli altri). E ha raccontato la propria idea di cinema che privilegia le immagini ai testi. Si vede bene dal suo ultimo film, datato 2015 e intitolato Eisenstein in Messico, che offre un ritratto stupefacente e inedito del grande maestro russo. Eisenstein è, per Greenaway, l’eroe cinematografico per antonomasia. Il regista gallese si è infatti cibato di tutti i suoi film, di tutti i suoi libri e manuali. “Sono pochissimi i registi che possono essere definiti tali. La cosa non mi sorprende”, ha spiegato Greenaway. “Il cinema è stato inventato nel 1895. Sono 120 anni che esiste: è quindi ancora in fase embrionale, qualcosa che sta nel ventre materno. Ogni film però parte da un testo; possiamo dire dunque di avere alle spalle 120 anni di letteratura, non di cinema. Gli sceneggiatori dovrebbero essere fucilati perché non abbiamo bisogno di libri, ma di film, di storie di vita”.
I PROGETTI FUTURI DI GREENAWAY
Non sono mancate le anticipazioni sui progetti futuri: “Sono tre le sfide che mi riguardano per il futuro: voglio fare dei film multischermo ambientati nel presente, assolutamente figurativi e non narrativi”, ha spiegato il regista, protagonista di diversi interventi di videoarte che hanno rivisitato anche la storia dell’arte italiana. L’ultimo lo abbiamo visto tra le opere del Padiglione Italia alla Biennale di Venezia curato da Vincenzo Trione nel 2015: un grande affresco proiettato che raccontava l’Italia e le sue bellezze e contraddizioni. “Il cinema ci ha abituato a un fotogramma, a una immagine alla volta; in realtà ci basta poco per capire come il mondo sia a 360 gradi. Il presente è importante, non capisco perché il cinema debba essere sempre narrato al passato. Il passato è noioso. Bisogna avere storie per immagini che siano sempre valide. Bisogna tornare al principio. L’origine di tutto sta nell’immagine”. Peter Greenaway si è, inoltre, lamentato della scelta del Biografilm di aver proiettato solo alcuni dei suoi film e non i più recenti. Forse avrebbe preferito condividere con gli accreditati storie come quella di Hendrick Goltzius, uno dei primi incisori di stampe erotiche del tardo Cinquecento, alla ricerca di un finanziatore per riuscire a finalizzare il suo progetto (in Goltzius and The Pelican Company, 2012). Un film che mostra la The Pelican Company e la messa in scena dal vivo di episodi biblici legati ai vizi capitali. Racconti legati ai tabù dell’incesto, dell’adulterio, della pedofilia, della prostituzione e necrofilia, innescando dinamiche inattese nella corte alsaziana e all’interno della stessa compagnia.
IL CINEMA FRAMMENTATO NON È INTERESSANTE
Nel momento storico in cui siamo, il cinema vive una profonda crisi di sala cinematografica e gli schermi mutano. “La mia generazione, quella di mio padre, quella di mio nonno fruivano il cinema in maniera collettiva”, afferma Greenaway. “Andavamo in sala e ci trovavamo di fronte a qualcosa più grande di noi, un grande schermo. E oggi? Guardiamo i film su un televisore, su un computer, su uno smartphone, in camera da letto o in bagno, in ufficio, in compagnia o da soli. E soprattutto non in maniera continuativa, bensì frammentata. Chi è che ha voglia di un cinema frammentato tornando a casa? È per questo che è diventato poco interessante”.
-Margherita Bordino
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