Cinema. Backcountry e la lotta tra uomo e animale
Il lungometraggio d’esordio di Adam MacDonald affronta un argomento complesso e delicato. Usando le tinte e i contorni del survival drama.
Per trascorrere un weekend speciale in compagnia della sua fidanzata Jenn, Alex organizza qualche giorno in campeggio tra le foreste dell’Ontario, nella zona del famoso Blackfoot Trail. Pensando di conoscere ormai bene il territorio dove ha già campeggiato, Alex decide di non prendere la mappa del parco provinciale e di uscire dai sentieri stabiliti per condurre Jenn sulle rive di un suggestivo specchio d’acqua – di cui il ragazzo si ricorda – e chiederla in sposa.
Ispirato a fatti realmente accaduti nel 2005 nel parco provinciale di Missinaibi Lake, Backcountry è il primo lungometraggio del canadese Adam MacDonald, già attore televisivo (è stato Josh nella serie Being Erika) e regista di alcuni cortometraggi.
Backcountry è un survival drama dai tratti horror che gioca abilmente con soggettive e fuori fuoco, conferendo alle immagini un senso di suspense palpabile e brutale realismo. Sin dal primo minuto sappiamo che qualcosa di inquietante sta per accadere, ma gli indizi che MacDonald fornisce ci portano a pensare che, anche in questo contesto selvaggiamente naturale, sia sempre e comunque l’uomo l’animale più pericoloso per l’uomo stesso. Non sarà così per i due protagonisti, una bella e giovane coppia di innamorati che, pur commettendo una serie di errori inqualificabili (come in ogni horror che si rispetti) sin dalla loro prima notte di campeggio, verranno scelti e pedinati da un predatore imponente e affamato: un orso bruno.
UNA LOTTA PER LA SOPRAVVIVENZA
Alex e Jenn (rispettivamente ben interpretati da Missy Peregrym e Jeff Roop) si troveranno quindi a dover fronteggiare un pericolo mortale, mettendo in campo ogni risorsa fisica e mentale a loro disposizione, mostrando l’uno all’altra debolezze e insicurezze e attingendo a risorse insospettabili pur di sopravvivere.
Quello che più colpisce di Backcountry è il realismo feroce ed essenziale di alcune immagini. MacDonald sceglie infatti di girare con animali veri, con orsi bruni in particolare, per ottenere sulla pellicola il massimo grado di realtà raggiungibile e per far vivere allo spettatore un’esperienza tangibile di lotta tra uomo e animale. Potenti, bellissimi e orribili allo stesso tempo, i graduali e discreti avvicinamenti del plantigrado alle sue “prede”, fino ad arrivare al primo sconvolgente attacco da cui nessuno, nemmeno lo spettatore, riuscirà a uscire veramente illeso.
‒ Giulia Pezzoli
Canada, 2014 | horror/avventura | 92’ | regia: Adam MacDonald
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #37
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