Coco. Il blockbuster targato Disney Pixar
Ve lo abbiamo raccontato in anteprima e ora ci torniamo visto il prevedibile successo riscosso nella sale cinematografiche. Stiamo parlando di “Coco”, il nuovo film di animazione Della Disney Pixar.
Raggiunti gli schermi sul finire del 2017, Coco – 19esimo titolo a marchio Pixar Animation Studios – pare destinato a prolungare il suo successo ben oltre il periodo delle festività, conquistando quasi con certezza un posto di diritto nella corsa all’Oscar nella categoria Animazione, dopo essersi già portato a casa un Golden Globe l’8 gennaio.
La favolosa storia co-diretta da Lee Unkrich (Toy Story 3 – La grande Fuga, Alla ricerca di Nemo, Monsters & Co., Toy Story 2 – Woody e Buzz alla riscossa) e Adrian Molina (storyboard artist di Toy Story 3 e Monsters University) ha per protagonista Miguel Rivera, un ragazzino di dodici anni con la musica nel sangue. Il suo sogno è di diventare come il suo idolo, Ernesto de la Cruz, il musicista più famoso di tutto il Messico. Le sue aspirazioni, però, sono ostacolate dalla famiglia, contraria a qualsiasi forma di contatto con il mondo della musica, bandita da generazioni. Da quando, molti anni prima, la sua trisavola fu abbandonata dal marito chitarrista, lasciata sola a crescere la piccola Coco, adesso anziana bisnonna di Miguel. E l’unica che sembra comprendere quella passione coltivata in segreto, di nascosto da tutti.
TRA VITA E MORTE
Durante le celebrazioni del día de muertos, Miguel decide di ribellarsi e, rubata una chitarra dalla tomba di de la Cruz, finisce per passare magicamente nel regno dei defunti, dove avrà inizio un’incredibile avventura. Affatto tetra, in verità, perché l’aldilà concepito in casa Pixar non è un luogo lugubre, per quanto popolato da fantasmi che ricordano e probabilmente omaggiano gli scheletri ballerini di The Skeleton Dance (la prima delle Silly Symphonies realizzate dalla Disney a partire dal 1929). Al contrario, come accadeva ne La sposa cadavere di Tim Burton, in cui il divario tra vita e morte era ancora più accentuato, il regno delle anime è rappresentato come un infinito di colore in cui è possibile smarrirsi anche solo con lo sguardo. L’immaginario visivo non ha apparentemente confini. Ogni porzione dello schermo è riempito con una tale densità e profondità di campo che sembra di potercisi addirittura tuffare. Colore, musica, tradizione, folklore, leggenda. E continui riferimenti alla cultura messicana: dalla scena artistica di Frida Kahlo all’epoca d’oro del cinema con Dolores del Río, Cantinflas, María Félix e Pedro Infante, cui pare si siano ispirati per creare la figura dello stesso de la Cruz.
L’IMPORTANZA DELLA MEMORIA
Il rispetto dei valori tradizionali è garantito dal marchio Disney, che regala lacrime di commozione, mentre la composizione stratificata è appannaggio della Pixar. Ma un tassello in particolare lega indissolubilmente Coco al passato produttivo di John Lasseter & Co., ed è il tema della memoria. Dalla memoria dipendeva la sopravvivenza di Bing Bong, l’amico immaginario di Riley in Inside Out. E per non dimenticare la moglie Ellie, Carl Fredricksen, anziano protagonista di Up, intraprendeva un viaggio all’altro capo del mondo. Il peggiore incubo di Woody, il cow-boy di Toy Story, e dei suoi amici giocattoli, era quello di finire nel dimenticatoio di uno scaffale. Qui, allo stesso modo, conservare il ricordo o cedere all’oblio è una questione di vita o di morte.
‒ Beatrice Fiorentino
Lee Unkrich & Adrian Molina – Coco
USA, 2017 | 109’
http://disney.it/film/cocoArticolo pubblicato su Artribune Magazine #41
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