Cinema. Il Principe di Ostia Bronx e la bellezza del fallimento
Il film di Raffaele Passerini che invita a non vergognarsi dei fallimenti e a riflettere sul malessere sociale e sulla lotta contemporanea per la sopravvivenza. Accettando anche chi vive sentimenti puri, autentici, ma liberi da regole.
“Quando vivi nel mondo tuo, un po’ il sistema lo batti”, dice con uno sguardo umile e libero Dario, protagonista del film Il Principe di Ostia Bronx diretto da Raffaele Passerini e prodotto da Kiné che, dopo essere stato presentato in anteprima mondiale al Biografilm Festival 2017 di Bologna e aver vinto diversi premi, viene ora proiettato in giro per l’Italia. Il film-documentario parla di artisti rifiutati – Dario, il Principe e Maury, la Contessa ‒ che hanno fatto della spiaggia gay nudista di Capocotta, Ostia, il loro palcoscenico. È un film che tutti coloro che vivono nel mondo dell’arte dovrebbero vedere, perché nobilita il fallimento, parlando della bellezza quotidiana del fare arte, anche quando essa non viene riconosciuta come tale. Dario e Maury, rifiutati da accademie, teatri e cinema, sono belli come e più di attori “veri”, cioè riconosciuti dal sistema; parlano con un linguaggio ricco, citando testi e autori e dimostrando una conoscenza profonda del teatro e una cultura che nel mondo dell’arte mainstream non tutti hanno; vivono in una casa tenuta come un gioiello, ma che sembra un’installazione della Biennale di Venezia, dove gli oggetti che si accumulano con un ordine maniacale ed estetico celebrano il dominio della Pop Art nel contemporaneo. Siamo al limite dell’accumulo del rifiuto, dell’arte espansa sino a negare se stessa, ma non lo oltrepassiamo, perché dietro a ogni gesto, a ogni parola, a ogni oggetto c’è una storia e c’è cultura.
“Li vidi per la prima volta nel 2001, quando i miei amici romani mi fecero scoprire la meravigliosa spiaggia naturista di Capocotta. Poi sono partito per gli Stati Uniti. Al mio ritorno, quindici anni dopo, li rivedo, nello stesso posto, davanti a un bel tramonto estivo. Questa volta, li sbircio però intenti a entrare nei loro personaggi, facendo una serie di esercizi attoriali che avevo imparato negli Stati Uniti”, racconta il regista Raffaele Passerini. “Il Principe segna per me un punto di arrivo come artista e di rinascita come regista. Di arrivo, perché ha posto una pacificante fine all’insensata rincorsa a un successo abbagliante e fuori portata. Di rinascita, perché mi ha costretto all’umile ammissione del mio indiscutibile fallimento artistico, mio e, azzarderei, di molti della mia generazione”.
IL PRINCIPE E LA CONTESSA
La dignità e l’orgoglio, nel Principe e nella Contessa, sostituiscono la loro esclusione dalla società; il loro affezionato pubblico sulla spiaggia di Ostia è fatto di persone semplici come loro, ma che sanno cogliere la serietà dell’arte al di sotto dell’ironia. Viene ripagato con l’onestà di artisti naive per la loro ingenuità, ma professionisti consumati nel metodo (bellissima la cura per i costumi, il trucco) che da oltre dieci anni recitano un repertorio di improvvisazioni e atti teatrali, spesso dal tono di politica culturale impegnata, documentati da un hard disk pieno di loro video amatoriali che vengono sapientemente integrati nelle scene del film.
Una storia del nostro presente, che s’inizia a guardare con il pregiudizio dell’emarginazione, ma in cui ci si ritrova a pensare, come al termine della Coscienza di Zeno di Italo Svevo, a un rovesciamento tra sano e malato, in cui la presupposta salute della società normale fa percepire come insani due piccoli supereroi della sopravvivenza alla quotidianità, non accorgendosi della propria stessa malattia.
Come per l’omosessualità così per l’essere artisti, infatti Dario e Maury si accettano nella normalità quotidiana del loro amore, indicando a noi arroganti comuni mortali la strada per l’accettazione di noi stessi.
‒ Annalisa Filonzi
Raffaele Passerini ‒ Il Principe di Ostia Bronx
Documentario, Italia 2017
75’, Kiné
http://doc.kine.it/wp/il-principe-di-ostia-bronx/
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