Visages, Villages. Il documentario di Agnès Varda e JR
La celebre regista classe 1928 e il giovane fotografo JR uniscono gli sforzi per realizzare una pellicola ironica e profonda. Un viaggio tra i volti della provincia francese.
Visages, Villages è un documentario su persone che vivono la Francia contemporanea da una postazione di provincia, e che sono poco considerate dalle grandi correnti di informazione. A puntare l’attenzione su questa realtà sono un’anziana cineasta e un giovane artista: Agnès Varda, gloriosa protagonista femminile della Nouvelle Vague, anche se non ama rientrare in questa etichetta, e JR, che usa la fotografia per fare interventi pubblici trasformatori del paesaggio. Chi ha intuito le potenzialità del connubio – meglio non tralasciarlo ‒ è stata Rosalie Varda, figlia della regista e produttrice del film, finanziato da una campagna di crowdfunding.
Due menti e due cuori hanno sviluppato un documentario fuori schema, fatto d’intensità e leggerezza, basato su una serie di incontri. Il senso e il valore dell’incontro caratterizzano il film. Due generazioni si incontrano nella regia e nel viaggio. Più di cinquant’anni separano le età di Agnès e JR, che intraprendono un’esplorazione di luoghi lontani dalle grandi città, dove incontrano persone che assurgono a protagoniste di immagini giganti, vistose, pubbliche.
A fare da catalizzatore per la concezione del film è stata una particolare dotazione di JR, il camion-photo, oggetto di grande ammirazione da parte di Agnès Varda. Si tratta di un furgone che contiene una piccola sala di posa con attrezzatura professionale completa, in modo da offrire un apparato mobile utile ad assicurare tutte le fasi della lavorazione, dallo scatto alla stampa in bianco e nero su grandi formati.
Il viaggio della coppia Varda-JR serve a dare volto e risonanza nei contesti originari al postino, all’agricoltore, al campanaro, all’operaio, a un’anziana ultima a resistere nell’abitare case di minatori. La loro immagine o di elementi prescelti viene ingigantita per essere proposta su facciate di costruzioni inserite nel paesaggio. Si mette così in atto una trasformazione urbana, solitamente di breve durata, ma soprattutto si mette in atto una trasformazione di coscienza. La forma che assumono gli edifici serve a generare forme di consapevolezza nei vari personaggi incontrati, facenti parte di un’umanità fuori dal radar del web, della televisione, dell’interesse dei più.
Il film è un’inchiesta dalle valenze sociologiche importanti. Ma non ha niente delle indagini scientifiche o giornalistiche, caratterizzate da un approccio distaccato, tendente a un’oggettività che si pone come seria. Invece l’approccio di Varda e JR è empatico e rigolo, ma non meno serio, perché non elude le difficoltà e il dramma di tante mutazioni sociali, economiche, tecniche. Con una dose di buonumore si risponde a tante visioni tragiche presenti nell’informazione diffusa, senza scadere in una visione consolatoria, senza arrivare a un’immagine edulcorata di tanti cambiamenti avvenuti e in atto.
COLLAGE E IDENTITÀ
L’aspetto visione è significativo anche per altri versi. Varda e JR fanno i conti entrambi con un’alterazione: lei inevitabilmente con un difetto senile per cui la vista risulta sfocata, lui vede i colori con una dominante data da occhiali scuri che ha scelto di non togliersi mai. Sono condizioni percettive che diventano oggetto di una sana ironia.
Visages, Villages è un collage. Il termine ricorre spesso nelle interviste e nei talk della regista in proposito. È un collage per cui, pur essendo un film rientrante a pieno titolo nel genere documentario, a esso si incollano i caratteri della commedia, del road movie, della poesia delle piccole cose che diventano grandi. È come se ne Nel corso del tempo, altro film di viaggio iniziato come scoperta di realtà decentrate in estinzione, Wenders si mettesse a dare ascolto, risalto e linfa ai personaggi che incontra e non al proprio io e a quello dei compagni di viaggio, non al senso che si trova per sé in una condizione di ricerca. Visages, Villages è tutto proiettato verso l’esterno, verso l’altro da sé. Le identità di Varda e JR, pur significative, sono un mezzo e non un fine. Mediante il viaggio, in Wenders vi è un ritrovare per ritrovarsi, in Varda e JR un ritrovarsi per ritrovare.
‒ Giulio Ciavoliello
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