Lost In Projection. Welcome to the Rileys
Giornata piovosa? Ecco un film da vedere o rivedere. Firmato da Jake Scott, figlio del celeberrimo Ridley.
Doug e Lois sono sposati da quasi trent’anni, ma quello che è stato un solido e felice matrimonio è andato alla deriva circa quattro anni prima a causa dell’improvvisa morte della figlia 15enne in un incidente d’auto. Da quel giorno Doug si consola ogni giovedì sera tra le braccia di una cameriera, mentre Lois, diventata gravemente agorafobica, si anestetizza prendendo psicofarmaci e rifuggendo ogni contatto con l’esterno. Durante un breve convegno di lavoro a New Orleans, Doug si ferma in uno strip-club e conosce la giovanissima Mallory, una minorenne che lavora come spogliarellista/prostituta. Per lenire il suo dolore e colmare il vuoto lasciato dalla morte della figlia, Doug decide di rimanere a New Orleans per tentare di prendersi cura della ragazza.
L’ANALISI
Secondo lungometraggio di Jake Scott, figlio del noto regista e produttore Ridley Scott, Welcome to the Rileys è un dramma famigliare solido e bilanciato che, con toni malinconici e pacati, affronta temi difficili come il lutto, l’assenza, la solitudine e la perdita di contatto con se stessi.
Jake Scott dimostra di sapersi muovere con abilità lungo la sottile linea di confine che separa i sentimenti esprimibili da quelli che non lo sono perché troppo laceranti e dolorosi per essere tollerati. Complici una sceneggiatura ben dosata e non banale (firmata da Ken Hixon) e le impeccabili performance attoriali dei tre protagonisti (James Gandolfini, Kristen Stewart e Melissa Leo), il film mantiene una forte intensità emotiva per tutta la sua durata, lasciando nello spettatore un senso di profonda amarezza, senza tuttavia privarlo di scene di improvvisa e straordinaria comicità. Con uno stile sobrio e decisamente meno spettacolare del padre, il regista britannico ci mostra i luccichii e lo squallore della New Orleans delle periferie attraverso una fotografia notturna di grande impatto, mentre le lunghe scene d’interno (la borghese casa dei Rileys da un lato e il misero appartamento di Mallory dall’altro) ci fanno crogiolare nell’attesa di un miracolo che fatica ad arrivare. Sono proprio questi interni, con i loro silenziosi “vuoti”, i veri protagonisti del film. Metafore di abissi emotivi ancora più reali, definitivi e incolmabili: l’assenza di qualcosa che non c’è mai stato e la mancanza di qualcosa che se n’è andato per sempre.
“Con uno stile sobrio e decisamente meno spettacolare del padre, il regista britannico ci mostra i luccichii e lo squallore della New Orleans delle periferie.”
La colonna sonora, composta per la maggior parte da brani di Marc Streitenfeld eseguiti con pochi strumenti folk rigorosamente acustici, si snoda con discrezione lungo tutta la narrazione, come un sottotesto necessario all’intima malinconia di questo cupo, delicato e romantico dramma.
– Giulia Pezzoli
USA, 2010
Drammatico
110’
regia: Jake Scott
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #44
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