Tornano i Medici in tv. L’intervista a Giuseppe Gallo
In queste settimane su Rai1 c’è la seconda stagione della serie I Medici. Una produzione del tutto nuova per la nostra televisione. Un progetto che punta a portare in prima serata un primato italiano, quello culturale e artistico di quell’epoca
La prima stagione de “I Medici” – coproduzione internazionale di Lux Vide in collaborazione con Rai Fiction, Altice Group e la Big Light Productions di Frank Spotnitz – è terminata con la rivelazione che la giovane Lucrezia De’ Medici e il marito, Piero De’ Medici, aspettano il loro primogenito, un bambino che Lucrezia intende chiamare Lorenzo come il suo amato zio assassinato. L’omicidio del fondatore della banca, Giovanni De’ Medici, non è mai stato risolto. Non è un segreto, tuttavia, che ci fossero i Pazzi dietro l’assassinio del loro amato Lorenzo, e l’inimicizia tra le due famiglie si è rafforzata nel corso di decenni di guerra non dichiarata. “I Medici. Lorenzo il Magnifico” comincia vent’anni dopo, nel 1469 e ci porta nel cuore del Rinascimento attraverso una delle figure storiche più importanti di tutti i tempi, Lorenzo Il Magnifico. Il nonno di Lorenzo, Cosimo, è ormai morto, la nonna Contessina si è ritirata a vita privata e sono Piero e Lucrezia a guidare la famiglia, mentre il figlio illegittimo di Cosimo, Carlo, è un monsignore che vive a Roma. Il giovane Lorenzo è costretto a prendere le redini della banca, dopo un attentato alla vita di Piero. Scopre, così, che il padre ha gestito male gli affari della banca, mandandola quasi in rovina. Per la seconda stagione de “I Medici” è stato chiamato l’artista Giuseppe Gallo a ripensare al Giglio fiorentino, simbolo che tutti conosciamo. Qui ciò che ci ha raccontato.
Come nasce la collaborazione per la serie I Medici?
Io e Luca Bernabei ci conosciamo da anni e qualche tempo fa mi ha detto che stava lavorando alla serie I Medici e che voleva coinvolgere un artista italiano per rifare alcune cose. Così nasce la nostra collaborazione riguardante il Giglio fiorentino e speriamo che questo porti a una strategia artistica più continuativa. Mi piacerebbe che questa idea di Luca possa essere accentuata per creare una vera collaborazione tra artisti e cinema.
È stata una scelta precisa quella di ripensare il Giglio fiorentino e non lo stemma della famiglia Medici? Mi racconti come ha lavorato a questa rielaborazione…
La cosa più complicata era lavorare proprio sul Giglio in quanto ne sono stati fatti a migliaia. Anche come immagine penso che il Giglio sia visivamente più noto e riconoscibile. Ha una forza visiva maggiore rispetto allo stemma della famiglia Medici. All’inizio avevo fatto una cosa più sofisticata sullo stemma però il cinema ha bisogno di immagini veloci. Io ho lavorato a mano, senza uso del computer. A dare grande ispirazione è stata la giornata passata alla Fonderia Artistica di Pietro Caporella, guardando lui che lavorava il bronzo. È nata l’idea del fuoco nel colore.
Quali sono quindi le differenze tra il Giglio fiorentino e, ormai, il Giglio di Giuseppe Gallo?
Ho cercato di semplificarlo nella sua forma, è stata una cosa abbastanza complicata e non so se ci sono ben riuscito. Ho cercato di rendere il Giglio meno floreale e più stilizzato. La mia non è un’impronta personale, non ho un tratto definito come alcuni artisti. Io mi lascio muovere dal momento e dal lavoro che sto facendo. Cerco un’impronta più concettuale che nella forma.
Cinema e arte, cosa ne pensa della collaborazione tra queste due arti?
Mi piace il cinema. Mi piacerebbe che Roma tornasse a essere artisticamente più promiscua, che gli artisti tutti tornassero a frequentarsi. I periodi più brillanti delle varie arti erano quelli in cui c’era una grande coesione, certo ci sono stati degli isolati leggendari… ma erano relativi a quello che succedeva intorno e quindi alla grande forza che si faceva gli uni agli altri. Nel DNA italiano c’è l’idea dell’artista a tutto tondo!
Del periodo storico-artistico che vediamo in tv in queste settimane con I Medici, cosa la affascina in particolare?
In quel periodo l’arte era vista come un’arma di potenza, potere e grande impatto. Era una vera religione. C’era l’idea di avere e di dare. C’era anche una grande difesa della cultura che poi ha dato i propri frutti. L’arte e la Chiesa erano centrali: l’arte era indispensabile, non potevano farne a meno perché in un certo senso li rappresentava. Noi contemporanei abbiamo perso quel senso dell’arte. Finalmente con questa serie arriva in tv un racconto differente da quelli a cui ci hanno abituato negli ultimi anni: non si parla di mafia ma si mostra un primato italiano e culturale.
Cosa le piacerebbe vedere, e per cui collaborare, in televisione che riguarda la nostra arte?
Sarebbe molto divertente proporre sullo schermo, anche al cinema, un racconto dei futuristi. Sarebbe un modo per mostrare l’Italia in un periodo più recente e forse l’ultimo veramente attivo dal punto di vista artistico. C’era quella voglia particolare… Sarebbe un bel confronto con la velocità attuale e potrebbe spingerci a cercare e trovare una contemporanea idea e forma di arte più definita.
– Margherita Bordino
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