La terza stagione di True Detective: torna l’antologia noir
È sbarcato su Sky Atlantic, in contemporanea con gli USA, il terzo capitolo di True Detective.
Dopo la prima stagione, lodata da spettatori e critici, e la seconda, meno entusiasmante, il crime drama antologico di Nic Pizzolatto, ritrova lo smalto di un tempo. Nel cast del nuovo ciclo di episodi Stephen Dorff, Carmen Ejogo e il premio Oscar Mahershala Ali. Se Rust Cohle (Matthew McConaughey) e i suoi famosi discorsi ci avevano letteralmente stregato, Ray Velcoro (Colin Farrell) non aveva di certo confermato le aspettative. Ebbene, la terza stagione di True Detective torna alle origini e ci porta, attraverso sbalzi temporali e molteplici paradossi, nei pressi dell’altopiano dell’Ozark ad indagare su un nuovo efferato omicidio. La serie è ideata da Nic Pizzolatto, costituita, come nei precedenti capitoli, da 8 episodi, ognuno della durata di circa un’ora. La trama si svolge sugli scenari rurali della provincia americana e si alterna nei rispettivi periodi: gli anni ’80, gli anni ’90 e l’attualità. True Detective 3 è un crime show autentico: ha una potenza narrativa e una profondità psicologica che non può certo lasciare indifferente lo spettatore. Da un lato si fronteggiano l’incomprensibilità e il mistero del delitto e, dall’altro, la torbida razionalità di un detective tormentato dal passato.
TRUE DETECTIVE: COS’ È SUCCESSO AI FRATELLI PURCELL?
Il personaggio centrale è il detective Wayne Hays, interpretato da Mahershala Ali. Ossessionato dal caso, ovvero la sparizione di due bambini, Julie Purcell e suo fratello Will, fin dalla prima puntata lo vediamo impegnato a mettere insieme tutti i tasselli del puzzle. Oltre al protagonista, troviamo Roland West (Stephen Dorff), un altro investigatore, e Amelia Reardon (Carmen Ejogo), una scrittrice e maestra elementare, nonché moglie di Hays. Il susseguirsi degli eventi è lento, ma non per questo noioso; ogni scena costituisce un’occasione per conoscere più a fondo le nefandezze del genere umano. Quando scopre il corpo senza vita del piccolo Will, il detective Hays sembra più vicino alla verità, ma ciò che inizialmente poteva sembrare chiaro, inizia man mano a ingarbugliarsi. In alcuni episodi, non mancano temi di attualità, come il razzismo e gli abusi di potere da parte delle forze di polizia. Persino la religiosità bigotta, elemento già approfondito nella prima stagione della serie, si ripresenta sotto un’altra veste, adeguata a una vicenda dai tratti fortemente arcaici e surreali. L’arretratezza che caratterizza questa parte d’America, condizionerà il ritmo della storia e l’evoluzione delle vite dei protagonisti, e renderà passato, presente e futuro un triangolo involontario difficile da sciogliere.
TRUE DETECTIVE: PERDERE SÉ STESSI PER RINASCERE
I personaggi di True Detective 3 hanno un unico obiettivo: perdere sé stessi. È proprio la ricerca interiore che li spinge ad agire contrariamente agli istinti naturali. La misteriosa sparizione dei fratelli Purcell, punto di origine della storia, il più delle volte passa persino in secondo piano. Ognuno è concentrato su sé stesso, è affascinato dalla possibilità di capire, ma soprattutto di capirsi. I fatti raccontati non hanno solo il compito di mostrarci la verità, ma anche quello di smascherare tutte le nostre debolezze, le paure, le false convinzioni. Il paragone con la pietra miliare del 2014 è scorretto, per certi versi superficiale. True Detective 3 viaggio su un altro binario: completamente ignaro di ciò che la realtà è capace di compiere. E forse, è proprio l’ultimo episodio ad evidenziare questo senso di incompiutezza e di disordine, nonostante qualche piccola forzatura dal punto di vista narrativo. Anche il nostro sguardo conclusivo, che darà il verdetto definitivo, non riuscirà a districarsi in quell’intrigo di contraddizioni e a rimbombare nel nudo silenzio sarà solo un interrogativo: “E se la fine non fosse davvero la fine?”
–Luigi Affabile
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