American Animals, quattro universitari e il furto rocambolesco di un libro di grande valore
La storia vera di quattro giovani perbene che perdono la retta via per sentirsi differenti, per cercare merito dove non esiste. Un film eccellente che unisce la verità alla finzione in un perfetto ibrido di narrazione che restituisce una giusta dimensione umana al “sogno americano”
Una rapina che resterà nella storia. American Animals, in anteprima nazionale alla passata Festa del Cinema e ancor prima al Sundance Film Festival, arriva in Italia con Teodora. Un film che unisce al genere documentario la finzione, affidando alla storia “reale” una nota di inconsapevolezza giovanile. American Animals è una storia vera, il racconto di una bravata avvenuta con precisione nel 2003. Spencer è uno studente d’arte poco ispirato dalla sua vita e da qualsiasi tipo di evento lo coinvolga o lo trascini. Il suo miglior amico d’infanzia si chiama Warren, giocatore di calcio anche lui insoddisfatto sia del college in cui vive con borsa di studio sia della sua condizione sociale mediocre. Quando Spencer scopre che nella biblioteca della Transylvania University di Lexington in Kentucky sono custoditi testi di grande valore, i due amici organizzano una rapina e coinvolgono anche altri due ragazzi, Erik e Chas. Non solo architettano il furto ma anche il modo in cui sbarazzarsi della refurtiva, inserendosi quindi all’interno di un sistema altolocato e forse anche troppo spesso “illecito”, quello dei mercati d’arte europei. Una vicenda reale e un film rocambolesco in cui l’arte si inserisce come elemento ghiotto e di scambio peccaminoso.
AMERICAN ANIMALS E LA PRETESA DI MERITARE DI PIÙ
American Animals ha alla regia Bart Layton, che nel 2012 ha entusiasmato tutta la critica con il documentario L’impostore. Qui firma la sua prima opera di finzione, anche se contaminata dal reale in modo evidente viste le testimonianze dei veri “ladri”. Un ibrido azzardato e originale quello che il regista propone sul grande schermo: voci e fisicità dei veri protagonisti e attori che interpretano gli stessi. È difficile collocare questo film americano tra il panorama hollywoodiano e quello indipendente. Anche in questo senso è da considerarsi un perfetto ibrido, perfettamente riuscito. Si evince una storia dolorosa, tormentata, di chi ha voglia di avere sempre di più e cade nella trappola della scorciatoia. Una storia anche divertente che, per dirla secondo i “nostri tempi”, ha tutte le carte in regola per offrire una scrittura alla La casa di carta, con la differenza che qui il colpo va male. Bart Layton mostra un lato oscuro del sogno americano e lo rende ancora più affascinante: quattro universitari uniti per rubare un libro perché mossi da insoddisfazione, dalla pretesa di meritare di più e in modo facile, per semplice noia e ingenuità. Un errore infantile, e anche imbecille, che comprometterà la loro vita per sempre.
NIENTE HAPPY ENDING IN AMERICAN ANIMALS
Ragazzi bianchi e privilegiati sono i “colpevoli” di questa storia. Di una storia che sarebbe passata inosservata, fatta eccezione per i grandi appassionati di cronaca americana, se il regista Bart Layton non avesse deciso di indagare a fondo sulla “marachella” di questi studenti e di farne un film. “Più la leggevo più mi rendevo conto che la loro è la storia di quattro ragazzi in cerca di un’identità, in conflitto con la loro mascolinità e con un disperato bisogno di sentirsi speciali”, ha dichiarato Layton in una intervista. All’inizio di American Animals appare una scritta molto chiara, “This is not based on a true story. This is a true story”, quasi una “dedica” a tutti quei giovani, e non solo, che potrebbero commettere un gesto analogo senza pensare alle conseguenze di tale inutile bravata ingiustificata. Una rapina o un’azione sbagliata non serve infatti per distinguersi e fare la differenza. American Animals si serve della realtà, ma usa la finzione per ricostruire una storia, una vicenda che mostra come il popolo americano sempre osannato e visto troppo spesso al cinema o nelle serie tv come baluardo di ricchezza, altro non è che una nube di fumo in cui esseri umani sbagliano, commettono errori e non sempre hanno un allettante happy ending.
– Margherita Bordino
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati