Venezia 76: Francesco Simeti e Joe Odagiri alla nona giornata al Lido
Tutto uguale e tutto diverso, Francesco Simeti e Joe Odagiri nella nona giornata tra Venezia e il Lido.
Una delle cose più poetiche e più stancanti della Mostra Internazionale del Cinema è avere alloggio a Venezia e non al Lido. Un pellegrinaggio laico al tempio del Cinema, infatti i chilometri percorsi, circa dieci al giorno tra andata e ritorno, moltiplicati per dieci giorni, corrispondono più o meno all’ultimo tratto del Cammino di Santiago. Però non c’è cosa più bella di attraversare le calle, i campi, i ponti, scoprendo ogni volta una strada nuova, e arrivare all’imbarcadero come fosse una caccia al tesoro. In una di queste passeggiate, più o meno all’altezza di Campo S. Giovanni e Paolo -che per inciso è l’ospedale più bello del mondo- mi capita di incontrare su un ponticello l’artista Francesco Simeti. Francesco vive a New York, ci sentiamo ogni tanto per lavoro via mail o skype, e nonostante le comuni origini siciliane, in questi anni non c’è mai stato modo di vedersi di persona.
L’OPENING A NOMAD VENICE
Così ci salutiamo, lui mi racconta che è in città per lavoro, la sua gallerista gentilmente ci scatta una foto e mi invita al vernissage, a cui mi reco l’indomani. Nomad Venice è un progetto che stabilisce un dialogo tra arte, architettura e design. In questa edizione le gallerie che vi aderiscono possono contare sulla incredibile location di Palazzo Soranzo Van Axel, una architettura gotica del 1473 situata nel Sestriere di Cannaregio e da poco riaperta al pubblico. Prima di raggiungere il Lido passo così a trovare Francesco e la sua opera. Si tratta di una lampada/scultura, collage materico fatto di foglie di felce in metallo, con lo stesso portamento della vera pianta, che proietta un’ombra/disegno a parete; frutti in vetro color arancio che fanno squillare la luce che li attraversa; un drappo in tessuto serigrafato con foglie e animali. Le opere di Francesco stupiscono sempre pur restando fedeli a una idea e un rigore che le percorre e rende riconoscibili. Giusto il tempo di un giro tra gli spazi assolati del palazzo ed è tempo di prendere il vaporetto 20 diretto al Lido.
IL FILM DI JOE ODAGIRI
In Sala Perla, per le Giornate degli Autori, è previsto Aru Sendo No Hanaschi (They say Nothing Stay the Same) di Joe Odagiri. Protagonista è un barcaiolo che porta da una sponda all’altra del fiume gli abitanti del villaggio a valle per raggiungere quello e monte. La barca è l’unico collegamento tra le due rive, e il breve viaggio di pochi minuti permette al barcaiolo di conoscere i suoi passeggeri e al regista di raccontare tante micro storie.
Le giornate e il film scorrono in apparenza sempre uguali, ma in piena filosofia zen, basta fare attenzione per cogliere le differenze, cambia il colore del cielo, cambia il paesaggio, cambiano gli uomini e le loro esigenze: la costruzione di un ponte priverà del suo lavoro l’anziano uomo. La metafora della barca permette a Odagiri di descrivere il passaggio da un modello di società basato su condivisione, incontri e tempi dilatati, a uno teso a individualismo, solitudine e fretta. Il ritorno a Venezia, dopo l’ultima proiezione, prevede come sempre una lunga passeggiata da S. Marco a Cannaregio. Non è mai la stessa, e di notte, quando tutti i locali turistici e i negozi sono chiusi, Venezia esce dal tempo e tra le calle strette si sentono i passi di Corto Maltese. Anche oggi Sirat Al Bunduqiyyah, la Favola di Venezia, si è compiuta.
–Mariagrazia Pontorno
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