Venezia.76 The Painted Bird e The New Pope. E spunta forse un possibile Leone d’Oro?

Buio e luce, bene e male, bruti e Santi, a Venezia.76 The Painted Bird e The New Pope. Nella sesta giornata c’è un candidato al Leone d’Oro.

L’edizione di Venezia.76 è quella che in assoluto ha registrato più presenze tra pubblico e accreditati. Al lido questi numeri si vedono e soprattutto si vivono: per comprare un tramezzino a Lion (lo storico bar accanto il Palazzo del Cinema) la fila inizia dal red carpet; le corse dei vaporetti si sono moltiplicate; il viale principale è gremito più di un suq, ma soprattutto l’accesso alle proiezioni in sala diventa più difficile persino nelle proiezioni riservate alla stampa. La presenza di divi e film di Hollywood, cioè  l’apertura all’America, tanto criticata quanto acclamata, ha reso la Mostra del Cinema più glamour e mainstream, con tutti i vantaggi e i disagi del caso. A riportarla nei suoi ranghi di ricerca e promozione della cinematografia dell’altrove ci pensa The Painted Bird, diretto da Václav Marhoul e tratto dall’omonimo romanzo di Jerzy Kosinski: 169 minuti, pellicola, bianco e nero, in russo, tedesco, esperanto interslavo  (proposto dal linguista Jan van Steenbergen).

UN PAPABILE LEONE D’ORO?

Il film, candidato nella selezione ufficiale, si candida di diritto al Leone d’Oro, nella piena tradizione di Venezia, abituata a insignire di questo premio opere piuttosto  che prodotti o operazioni commerciali, seppure ben confezionati. È difficile scriverne, perché The Painted Bird  è un film che fa male, pieno di dolore, morte distruzione, malvagità, ferocia, cattiveria, un distillato di odio e brutalità universale. È la storia di un bambino ebreo abbandonato e senza nome che attraversa i paesi Slavi durante la seconda guerra mondiale, a cavallo tra esercito tedesco e russo. Il piccolo protagonista è testimone e vittima di una serie di violenze sempre più insopportabili ed estreme, scandite dai vari episodi del film: suicidi, peste, abuso di donne e minori, carneficine, sesso tra donne e animali, pedofilia, occhi cavati via col cucchiaio, persone mangiate vive dai topi, bastonate, teste fracassate dai corvi in picchiata, capre sgozzate, e altre intollerabili situazioni che solo il pensier rinova la paura.

UN FILM SPAVENTOSO

Ciò che più atterrisce in questo granitico affresco di pura umanità allo stato brado è la assoluta verità che sottende la storia. Usciti dalla sala ci accorgiamo di aver assistito all’horror più spaventoso della nostra vita, ma la cosa peggiore è che lo ritroviamo pure  fuori dal cinema, sfogliando i libri di storia, perché è l’horror dell’umanità. Ogni fotogramma della pellicola di Marhoul è intriso di sangue, buio, paura. La seppure splendida fotografia è funzionale al raggelo dello sguardo, e i primissimi piani su volti antichi, deformati da lavoro e fatica; su corpi piegati e sporchi, assimilabili a bestie da soma, sono un monito ai racconti edulcorati della civiltà contadina e dei bei tempi andati. Viva i libri, il pensiero e l’acqua corrente. L’uomo può impugnare le armi ma anche girare un film, in questa versatilità risiede il senso stesso del suo stare al mondo.

THE NEW POPE

Di nuovo la lotta tra il bene e il male, ma stavolta ambientata in un futuro prossimo e in ambienti puliti, raffinati, illuminati da Luca Bigazzi, direttore della fotografia di Paolo Sorrentino e vincitore del premio Campari Passion di questa edizione. Occasione per presentare la seconda e la settima puntata di The New Pope. Un trionfo di bellezza, palazzi, giardini, abiti, gesti e movenze in pieno stile Sorrentino. Nella seconda stagione della fotunata serie prodotta da Sky, Freemantle e HBO entra in scena un secondo Papa interpretato da John Malkovich. Per evitare di fare spoiler, cosa tollerata per i film ma assolutamente fuori legge per le serie, non si dirà nulla della trama. Anche perché, di fatto, questa serie è più una riflessione sulla religione, sul senso della vita, un’opera filosofica che una storia, più vicina ai libri di teologia che a Mad Man o The Crown. Nella scrittura delle puntate gli sceneggiatori si avvalgono di vaticanisti e teologi, e addirittura in The New Pope si fa esplicito riferimento John Henry Newman, alla cui figura il nuovo Papa Giovanni Paolo III alias Sir John Brannox alias John Malkovich, ispirerà il suo pontificato, con tanto di statua in bronzo a fare da faro. La seconda stagione non tradisce le aspettative, visto che tale è il livello di questa produzione che non si saprebbe cosa altro immaginare per aumentare ulteriormente la resa visiva, la qualità della sceneggiatura o il prestigio del cast. La perfezione rientra già nel progetto, e in questo senso The New Pope è superumano. A Venezia.76 vanno in scena bruti e Santi, abissi e vette di irrazionalità, il buio e la luce, il massimo della bestialità e della raffinatezza. “Trattare questi temi è una sfida per ogni artista”, dice  Václav Marhoul, “quasi una questione di vita o di morte.

Mariagrazia Pontorno

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